Sabato XVII settimana del Tempo Ordinario Anno A

Sabato della XVII settimana del Tempo Ordinario Anno A
Dal Vangelo secondo Matteo. (Mt 14,1-12)
Al tetrarca Erode giunse notizia della fama di Gesù.

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Matteo. (Mt 14,1-12)

In quel tempo al tetrarca Erode giunse notizia della fama di Gesù. Egli disse ai suoi cortigiani: «Costui è Giovanni il Battista. È risorto dai morti e per questo ha il potere di fare prodigi!».
Erode infatti aveva arrestato Giovanni e lo aveva fatto incatenare e gettare in prigione a causa di Erodìade, moglie di suo fratello Filippo. Giovanni infatti gli diceva: «Non ti è lecito tenerla con te!». Erode, benché volesse farlo morire, ebbe paura della folla perché lo considerava un profeta.
Quando fu il compleanno di Erode, la figlia di Erodìade danzò in pubblico e piacque tanto a Erode che egli le promise con giuramento di darle quello che avesse chiesto. Ella, istigata da sua madre, disse: «Dammi qui, su un vassoio, la testa di Giovanni il Battista».
Il re si rattristò, ma a motivo del giuramento e dei commensali ordinò che le venisse data e mandò a decapitare Giovanni nella prigione. La sua testa venne portata su un vassoio, fu data alla fanciulla e lei la portò a sua madre.
I suoi discepoli si presentarono a prendere il cadavere, lo seppellirono e andarono a informare Gesù. Parola del Signore.

RIFLESSIONI

Notiamo un contrasto tra il brano del Vangelo di Matteo e la lettura del libro del Levìtico.

Matteo ci narra infatti come Erode fa arrestare Giovanni, lo fa incatenare, gettare in prigione e alla fine uccidere; il Levìtico invece mette in risalto l’intenzione di Dio, un’intenzione di liberazione e di remissione, sottolineata dall’istituzione del giubileo, mediante il quale Dio mette un limite alla schiavitù, un limite all’espropriazione, un limite anche ai gravosi lavori dei campi. “Dichiarerete santo il cinquantesimo anno e proclamerete la liberazione nel paese per tutti i suoi abitanti”.
Gesù, predicando a Nazaret nella sinagoga, leggerà proprio il passo di Isaia dove si annunzia e si proclama un anno di remissione, un anno di giubileo (cfr. Lc 4, 16.19>. Dio non vuole arrestare, non vuole incatenare, non vuol gettare in carcere; Dio vuole la liberazione:
“Lo Spirito del Signore… mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi, e predicare un anno di grazia del Signore” (Is 61,1). Dio vuole la remissione: la remissione dei debiti, la remissione anche dei peccati.
Il peccato sembra un atto di liberazione dalla legge di Dio, in realtà getta nella più dura schiavitù. Gesù lo ha detto chiaramente: “Chiunque commette il peccato, è schiavo del peccato” e commette peccati sempre più gravi. Erode incominciò col fare arrestare Giovanni e finì col farlo uccidere, perché era schiavo del giuramento fatto davanti a tutti, era soprattutto schiavo del suo peccato.
Dio ci vuole liberare! Pensiamo con gioia a questa verità: Dio vuol sollevare dall’oppressione ogni cosa; infatti anche la terra, secondo la legge del giubileo, deve avere il suo riposo.
La Chiesa, quando ha istituito il giubileo, si è ispirata a questa legge contenuta nel Levitico. L’anno giubilare è infatti un anno di remissione, un anno di grazia in cui la Chiesa ci offre la possibilità di ottenere la remissione della pena meritata con il peccato; ci propone un contatto più facile con il Signore; invita tutti ad avvicinarsi a lui con la certezza di essere liberati e di ricevere nuovo coraggio per compiere sempre meglio tutto il bene a cui si è chiamati.
Rìngraziamo Dio di questi doni e cerchiamo di vivere pienamente in questo orizzonte di remissione, di liberazione e di amore e di aiutare anche gli altri, per quanto ci è possibile, a vivere così.

Venerdì XVII settimana del Tempo Ordinario Anno A

Venerdì della XVII settimana del Tempo Ordinario Anno A
Dal Vangelo secondo Matteo. (Mt 13,54-58)
Un profeta è disprezzato nella sua patria e in casa sua.

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Matteo. (Mt 13,54-58)

In quel tempo Gesù, venuto nella sua patria, insegnava nella loro sinagoga e la gente rimaneva stupita e diceva: «Da dove gli vengono questa sapienza e i prodigi? Non è costui il figlio del falegname? E sua madre, non si chiama Maria? E i suoi fratelli, Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda? E le sue sorelle, non stanno tutte da noi? Da dove gli vengono allora tutte queste cose?». Ed era per loro motivo di scandalo.
Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria e in casa sua». E lì, a causa della loro incredulità, non fece molti prodigi. Parola del Signore.

RIFLESSIONI

Giovanni (Lione, Francia, 1786 – Ars 4 agosto 1859), «curato» di Ars per un quarantennio, attirò moltitudini di persone di ogni estrazione sociale con le sue catechesi e con il ministero della riconciliazione. Uomo di austera penitenza, unì alla profonda vita interiore, incentrata nell’Eucaristia, un generoso impulso caritativo. E’ modello della cura d’anime nella dimensione parrocchiale attraverso l’esempio della sua bontà e carità anche se lui fu sempre tormentato dal pensiero di non essere degno del suo compito. Trascorreva le giornate dedicandosi a celebrare la Messa e a confessare, senza risparmiarsi. Morì nel 1859.
Papa Pio XI lo proclamerà santo nel 1925. Verrà indicato patrono del clero parrocchiale.

Giovedì XVII settimana del Tempo Ordinario Anno A

Giovedì della XVII settimana del Tempo Ordinario Anno A
Dal Vangelo secondo Matteo. (Mt 13,47-53)
Il regno dei cieli è simile a una rete gettata nel mare.

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TESTO:-
Dal Vangelo secondo Matteo. (Mt 13,47-53)

In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: «Ancora, il regno dei cieli è simile a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. Quando è piena, i pescatori la tirano a riva, si mettono a sedere, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi. Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti.
Avete compreso tutte queste cose?». Gli risposero: «Sì». Ed egli disse loro: «Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche».
Terminate queste parabole, Gesù partì di là. Parola del Signore.

RIFLESSIONI

E’ di grandissima consolazione sapere che Dio ha una dimora in mezzo al suo popolo e che la sua presenza la riempie. C’è una presenza di Dio generale, in tutte le cose, ma c’è anche una presenza personale, che permette il dialogo con lui; e Dio con il suo popolo ha voluto essere presente così. La dimora è luogo di incontro e di sicurezza, anticipazione e preludio di un’altra tenda, quella del Verbo di Dio.
Vera dimora di Dio è infatti Cristo. Lo fu la Vergine Maria nell’incarnazione, quando la nube dello Spirito la copri e la riempì la gloria del Signore; ora è Gesù la vera dimora, in cui rimanere. Nei discorsi d’addio del Vangelo di Giovanni ritorna questa parola come consolazione, invito, promessa: “Verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui” (14,23); “Rimanete in me e io in voi” (15,4) e ancora: “Rimanete nel mio amore” (15, 9).
È questa l’attesa, il desiderio profondo di noi che lo amiamo: rimanere in lui ed essere sua dimora, in una intimità misteriosa ma realissima con lui, con il Padre e lo Spirito. E una realtà che si attua soprattutto nell’Eucaristia, nella comunione, in cui Cristo viene in noi con la sua presenza fisica e ci unisce, in lui, al Padre e allo Spirito Santo.

Mercoledì XVII settimana del Tempo Ordinario Anno A

Mercoledì della XVII settimana del Tempo Ordinario Anno A
Dal Vangelo secondo Matteo. (Mt 13,44-46)
Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto.

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Matteo. (Mt 13,44-46)

In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: «Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo.
Il regno dei cieli è simile anche a un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra». Parola del Signore.

RIFLESSIONI

“Quando Mosè scese dal monte Sinai, non sapeva che la pelle del suo viso era diventata raggiante perché aveva conversato con il Signore”. 
Questo particolare mi fa pensare che anche oggi, tra di noi, esistono persone che hanno il viso raggiante, persone di tutti i ceti e di tutte le età il cui volto irraggia proprio la luce del Signore. Senza che loro lo sappiano, sono, con la loro sola presenza, testimoni di Dio.
È il cuore che rende raggiante il viso. E veramente un fenomeno spirituale: il cuore unito ai Signore provoca una manifestazione di gioia tranquilla, un dinamismo di amore che trasforma la persona, rendendola strumento della luce divina.
San Paolo nella seconda lettera ai Corinzi confronta lo splendore effimero del volto di Mosè con “la sovraeminente gloria della nuova alleanza” e afferma: “Noi riflettiamo come in uno specchio la gloria del Signore e veniamo trasformati, di gloria in gloria, nella medesima immagine”. L’Apostolo scrive in un momento di grande sofferenza e preoccupazione, proprio a causa della Chiesa di Corinto, ma la sua gioia spirituale va al di là di ogni sofferenza e il suo è un grido di esultanza: “Noi riflettiamo come in uno specchio la gloria del Signore!”.
Il vangelo sottolinea il motivo di questa gioia che trasfigura la persona: è aver trovato un tesoro per il quale sembra poco aver lasciato tutto: “Il regno dei cieli è simile ad un tesoro nascosto… un uomo lo trova.. va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi…”. Il distacco, la libertà da valori caduchi acuisce la gioia. Se siamo attaccati alle cose non possiamo essere raggianti; se siamo liberi di fronte ad esse siamo pieni di gioia per noi e per chi ci avvicina.

Martedì XVII settimana del Tempo

Martedì della XVII settimana del Tempo Ordinario Anno A
Sant’Alfonso Maria de’ Liguori
Dal Vangelo secondo Matteo. (Mt 13,36-43)
Il campo è il mondo e il seme buono sono i figli del Regno.

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Matteo. (Mt 13,36-43)

In quel tempo, Gesù congedò la folla ed entrò in casa; i suoi discepoli gli si avvicinarono per dirgli: «Spiegaci la parabola della zizzania nel campo».
Ed egli rispose: «Colui che semina il buon seme è il Figlio dell’uomo. Il campo è il mondo e il seme buono sono i figli del Regno. La zizzania sono i figli del Maligno e il nemico che l’ha seminata è il diavolo. La mietitura è la fine del mondo e i mietitori sono gli angeli. Come dunque si raccoglie la zizzania e la si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo. Il Figlio dell’uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti quelli che commettono iniquità e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi, ascolti!». Parola del Signore.

RIFLESSIONI

Alfonso (Napoli 1696 – Nocera de’ Pagani, Salerno, 1 agosto 1787), già avvocato del foro di Napoli, lasciò la toga per la vita ecclesiastica. Vescovo di Sant’Agata dei Goti (1762-1775) e fondatore dei Redentoristi (1732), attese con grande zelo alle missioni al popolo, si dedicò ai poveri e ai malati, fu maestro di scienze morali, che ispirò a criteri di prudenza pastorale, fondata sulla sincera ricerca oggettiva della verità, ma anche sensibile ai bisogni e alle situazioni delle coscienze. Compose scritti ascetici di vasta risonanza. Apostolo del culto all’Eucaristia e alla Vergine, guidò i fedeli alla meditazione dei novissimi, alla preghiera e alla vita sacramentale.
L’intento era quello di imitare Cristo, cominciando dai Redentoristi da lui fandati, i quali andavano via via operando per la redenzione di tante anime con missioni, esercizi spirituali e varie forme di apostolato straordinario.

Lunedì XVII settimana del Tempo Ordinario Anno A

Lunedì della XVII settimana del Tempo Ordinario Anno A
Sant’Ignazio di Loyola
Dal Vangelo secondo Matteo. (Mt 13,31-35)
Il regno dei cieli è simile a un granello di senape.

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Matteo. (Mt 13,31-35)

In quel tempo, Gesù espose alla folla un’altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un granello di senape, che un uomo prese e seminò nel suo campo. Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande delle altre piante dell’orto e diventa un albero, tanto che gli uccelli del cielo vengono a fare il nido fra i suoi rami».
Disse loro un’altra parabola: «Il regno dei cieli è simile al lievito, che una donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata».
Tutte queste cose Gesù disse alle folle con parabole e non parlava ad esse se non con parabole, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta:
«Aprirò la mia bocca con parabole,
proclamerò cose nascoste fin dalla fondazione del mondo». Parola del Signore.

RIFLESSIONI

La personalità di sant’Ignazio è molto ricca e complessa e io non ho la pretesa di presentarla. Voglio soltanto considerarne due aspetti: la grazia che egli aveva di trovare Dio in tutto e la ricerca perseverante della volontà di Dio, nella luce di Cristo.
Ignazio ha avuto la grazia di vedere Dio in tutto; di contemplarlo nella creazione, nella storia, di trovarlo non soltanto nelle cerimonie religiose ma nelle azioni di ogni giorno e in ogni circostanza: dicono che egli si commuoveva fino alle lacrime davanti a un fiorellino, perché in esso vedeva la bellezza di Dio. E incoraggiava i suoi compagni a vedere in tutto la gloria di Dio, a trovare Dio in tutto, ad amare Dio in tutto. Trovare Dio in tutto è un segreto molto importante per la vita spirituale. Dio non è un essere solitario, che se ne sta in cielo: è un Dio presente in tutto, e non solo presente, ma che agisce in tutto, e sempre con il suo amore.
La ricerca di Dio per sant’Ignazio era una realtà e non un sogno indistinto, non lo cercava con l’immaginazione e la sensibilità; voleva realmente trovarlo e per questo ricercava in tutto la volontà di Dio. Era un uomo riflessivo, che studiava, esaminava e cercava con pazienza la soluzione più giusta.
Ignazio confidava di poter trovare la volontà di Dio mediante la preghiera, nelle consolazioni e nelle desolazioni dello spirito. Quando si trattava di cose importanti egli rifletteva per settimane intere, pregava, offriva la Messa, per trovare quello che Dio voleva. Così la ricerca di Dio era molto concreta, e altrettanto concreto il suo vivere con Dio.
Egli ebbe un desiderio ardente di conoscere Cristo intimamente, di amarlo, di servirlo per sempre con tutto se stesso. E ricevette la risposta del Padre a La Storta, in una visione che lo colmò di gioia: “Io voglio che tu mi serva”. Servire il Padre e il Figlio, il Padre per mezzo del Figlio fu la felicità di sant’Ignazio, in un amore totale: trovare Dio e trovarlo nell’essere compagno di Cristo.

XVII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO A

XVII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO A
Dal Vangelo secondo Matteo. (Mt 13,44-52)
Il regno dei cieli è simile a una rete gettata nel mare,
che raccoglie ogni genere di pesci.

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Matteo. (Mt 13,44-52)

In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: «Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo.
Il regno dei cieli è simile anche a un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra.
Ancora, il regno dei cieli è simile a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. Quando è piena, i pescatori la tirano a riva, si mettono a sedere, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi. Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti.
Avete compreso tutte queste cose?». Gli risposero: «Sì». Ed egli disse loro: «Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche». Parola del Signore.

Forma breve:

Dal Vangelo secondo Matteo. (Mt 13,44-46)
In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: «Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo.
Il regno dei cieli è simile anche a un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra». Parola del Signore.

RIFLESSIONI

San Tommaso d’Aquino, il grande teologo del Medioevo, utilizza un’immagine:
noi uomini siamo come una freccia già in piena corsa. Un altro ha preso la mira e ha tirato. Non spetta più a noi cercare un obiettivo: è già stabilito. E dove va questa freccia di cui il Creatore ha stabilito l’obiettivo? Ecco la risposta: la freccia corre verso il bene, e dunque verso la felicità. Dio, e la felicità di essere presso di lui, corrispondono alla più profonda aspirazione dell’uomo. Qui non vi è nulla di imposto, nessun compito da fare come penso, nessun passaggio a gincana, non dobbiamo stringere i denti. Come il ruscello scorre naturalmente verso il mare, così l’uomo è in cammino verso Dio. Questo insegnamento sugli uomini si trova nella parabola di Gesù che ci presenta il Vangelo. È riassunto in sette righe di una semplicità geniale. Il Regno dei cieli è proprio ciò che si cerca nel profondo del cuore. È come un tesoro di cui si scopre l’esistenza. È come una perla, la perla delle perle che il mercante ha cercato per tutta la sua vita. Se il mercante raggiunge il suo obiettivo, non è grazie alla sua tenacia, ma perché ciò gli è concesso in dono. Tuttavia il regno dei cieli non ci è tirato in testa. Bisogna impegnarsi personalmente, essere pronti anche a sacrificare tutto. Ma non per una cosa estranea. È ciò che abbiamo di più personale, e al tempo stesso un dono. E bisogna saper cogliere questo dono; bisogna essere pronti. Quando si raggiunge l’obiettivo, non bisogna crollare come dopo un eccesso di sforzo, ma esultare di indescrivibile gioia.
Il segreto del cristianesimo può essere espresso in un’immagine di sette righe. Ce ne vogliono un po’ di più ai predicatori! Quanto a ciascuno di noi, ci vuole tutta una vita per capirlo.

Sabato XVI settimana del Tempo Ordinario Anno A

Sabato della XVI settimana del Tempo Ordinario Anno A
Santa Marta
Dal Vangelo secondo Giovanni. (Gv 11,19-27)
Io sono la risurrezione e la vita.

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Giovanni. (Gv 11,19-27)

In quel tempo, molti Giudei erano venuti da Marta e Maria a consolarle per il fratello. Marta dunque, come udì che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa.
Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà».
Gesù le disse: «Tuo fratello risorgerà». Gli rispose Marta: «So che risorgerà nella risurrezione dell’ultimo giorno».
Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?». Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo». Parola del Signore.

Oppure Luca: Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose:

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 10,38-42)
In quel tempo, mentre erano in cammino, Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò.
Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. Marta invece era distolta per i molti servizi.
Allora si fece avanti e disse: «Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta». Parola del Signore

RIFLESSIONI

Marta, sorella di Maria, corse incontro a Gesù quando venne per risuscitare il fratello Lazzaro e professò la sua fede nel Cristo Signore: «Io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio che deve venire nel mondo» (Gv 11, 27). Accolse con premura nella sua casa di Betania il divino Maestro, che la esortò a unire al servizio di ospitalità l’ascolto della sua parola (Lc 10, 38-42; Gv 12, 1).
Commenta Sant’Agostino: “Marta, tu non hai scelto il male; Maria ha però scelto meglio di te”. Ciononostante Maria, considerata il modello evangelico delle anime contemplative già da S. Basilio e S. Gregorio Magno, non sembra che figuri nel calendario liturgico: la santità di questa dolce figura di donna è fuori discussione, poiché le è stata confermata dalle stesse parole di Cristo; ma è Marta soltanto, e non Maria né Lazzaro, a comparire nel calendario universale, quasi a ripagarla delle sollecite attenzioni verso la persona del Salvatore e per proporla alle donne cristiane come modello di operosità.

Venerdì XVI settimana del Tempo Ordinario Anno A

Venerdì della XVI settimana del Tempo Ordinario Anno A
Dal Vangelo secondo Matteo. (Mt 13,18-23)
Quello seminato sul terreno buono
è colui che ascolta la Parola e la comprende.

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Matteo. (Mt 13,18-23)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Voi dunque ascoltate la parabola del seminatore. Ogni volta che uno ascolta la parola del Regno e non la comprende, viene il Maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada. Quello che è stato seminato sul terreno sassoso è colui che ascolta la Parola e l’accoglie subito con gioia, ma non ha in sé radici ed è incostante, sicché, appena giunge una tribolazione o una persecuzione a causa della Parola, egli subito viene meno. Quello seminato tra i rovi è colui che ascolta la Parola, ma la preoccupazione del mondo e la seduzione della ricchezza soffocano la Parola ed essa non dà frutto. Quello seminato sul terreno buono è colui che ascolta la Parola e la comprende; questi dà frutto e produce il cento, il sessanta, il trenta per uno». Parola del Signore.

RIFLESSIONI

Mercoledì abbiamo letto la parabola del seminatore, oggi ascoltiamo la sua spiegazione, data da Gesù stesso. E un testo conosciutissimo e i testi conosciutissimi possono generare una sensazione di fastidio, ma è una tentazione contro la parola di Dio e dobbiamo stare attenti a non caderci. C’è un modo di considerare la parola di Dio come oggetto della nostra curiosità invece che come essa è, parola di vita. E un seme, ha detto Gesù. E c’è il rischio di fare come un naturalista che prende in mano un seme, lo osserva, lo seziona, lo esamina al microscopio e, soddisfatta la sua curiosità di studioso, lo butta via. il seme e così la parola di Dio non è fatto per questo, ma per suscitare la vita.
Questa parabola è sempre utile per chiunque, perché il nostro atteggiamento verso la parola di Dio facilmente tende a svicolare davanti alle sue esigenze e così a non accogliere le grazie che in essa Dio ci comunica. Molti la studiano, ma senza comprenderla come parola di vita, che può salvare la nostra vita.
Dice Gesù che c’è “1’uomo che ascolta la parola e subito l’accoglie con gioia, ma non ha radice in sé ed è incostante”. E qui troviamo un altro motivo che rende molto utile riflettere ripetutamente su questa parabola. Noi cerchiamo la gioia della parola, ed è cosa ottima, ma sovente tutto sembra finire li, perché non abbiamo costanza. Bisogna cercare la vita che è nella parola, con uno sforzo penoso, duro, perché essa possa mettere radici nella terra sassosa del nostro cuore, radici profonde, che resistano a tutte le stagioni.
Nella preghiera bisogna essere perseveranti nella parola di Dio, superando la stanchezza, lo scoraggiamento, per trovarvi la sorgente profonda; allora soltanto darà frutti in noi e non sarà solo motivo di una gioia superficiale.
Accogliere la parola di Dio è vivere uniti a lui, è prendere sul serio la vita, offrendo con semplicità la nostra vita perché sia feconda per tutto il mondo.

Giovedì XVI settimana del Tempo Ordinario Anno A

Giovedì della XVI settimana del Tempo Ordinario Anno A
Dal Vangelo secondo Matteo. (Mt 13,10-17)
A voi è dato conoscere i misteri del regno dei cieli.

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Matteo. (Mt 13,10-17) 

In quel tempo, i discepoli si avvicinarono a Gesù e gli dissero: «Perché a loro parli con parabole?».
Egli rispose loro: «Perché a voi è dato conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato. Infatti a colui che ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a colui che non ha, sarà tolto anche quello che ha. Per questo a loro parlo con parabole: perché guardando non vedono, udendo non ascoltano e non comprendono.
Così si compie per loro la profezia di Isaìa che dice:
“Udrete, sì, ma non comprenderete,
guarderete, sì, ma non vedrete.
Perché il cuore di questo popolo è diventato insensibile,
sono diventati duri di orecchi
e hanno chiuso gli occhi,
perché non vedano con gli occhi,
non ascoltino con gli orecchi
e non comprendano con il cuore
e non si convertano e io li guarisca!”.
Beati invece i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché ascoltano. In verità io vi dico: molti profeti e molti giusti hanno desiderato vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono!». Parola del Signore.

RIFLESSIONI

“Dio, che aveva già parlato nei tempi antichi molte volte e in diversi modi ai padri,… ultimamente ha parlato a noi per mezzo del Figlio”. Sul Sinai parla attraverso lo sconvolgimento della natura: “Ci furono tuoni, lampi, una nube densa sul monte e un suono fortissimo di tromba… il monte Sinai era tutto tremante… il suono della tromba diventava sempre più intenso: Mosè parlava e Dio gli rispondeva con voce di tuono”. Nel Vangelo invece Gesù parla con semplicità, in modo umano, a volte esplicitamente, a volte con parabole, secondo le categorie dei suoi ascoltatori.
In qualunque forma la voce di Dio si faccia udire, è fondamentale essere attenti, con cuore docile. Gesù esprime chiaramente la condanna per chi si chiude alla sua parola: “A loro non è dato conoscere i misteri del regno dei cieli”, perché “il loro cuore si è indurito, son diventati duri d’orecchi e hanno chiuso gli occhi, per non vedere e non sentire”. E tanto facile essere duri d’orecchio verso il Signore, quando altre voci ci lusingano e altri rumori ci piacciono di più. E non ci accorgiamo che sono proprio solo “rumori”, aria in movimento, senza contenuto.
Chiediamogli la grazia di saper sempre udire e seguire la sua voce, per avere la beatitudine che egli ha promesso: “Beati i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché sentono! In verità vi dico: molti profeti e giusti hanno desiderato ascoltare quello che voi ascoltate”.
Non capiremo mai abbastanza quanto sia grande il dono che Dio ci ha fatto con la sua parola scritta e con la sua parola vivente, Gesù, verbo del Padre.