LE NOZZE DI CANA

II DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

17 gennaio 2016  ANNO C

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Giovanni 2,1-11

Tre giorni dopo, ci fu uno sposalizio a Cana di Galilea e c’era la Madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. Nel frattempo, venuto a mancare il vino, la Madre di Gesù gli disse: «Non hanno più vino». E Gesù rispose: «Che ho da fare con Te, o Donna? Non è ancora giunta la mia ora». La Madre dice ai servi: «Fate quello che vi dirà». Vi erano là sei giare di pietra per la purificazione dei Giudei, contenenti ciascuna due o tre barili. E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le giare»; e le riempirono fino all’orlo. Disse loro di nuovo: «Ora attingete e portatene al maestro di tavola». Ed essi gliene portarono. E come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, il maestro di tavola, che non sapeva di dove venisse (ma lo sapevano i servi che avevano attinto l’acqua), chiamò lo sposo e gli disse: «Tutti servono da principio il vino buono e, quando sono un po’ brilli, quello meno buono; tu invece hai conservato fino ad ora il vino buono». Così Gesù diede inizio ai suoi miracoli in Cana di Galilea, manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in Lui.

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Rivelazione di Gesù a Maria Valtorta

Corrispondenza nell’“Evangelo come mi è stato rivelato” di Maria Valtorta

Volume 1 Capitolo 52 pagina 325

Vedo una casa. Una caratteristica casa orientale -un cubo bianco, più largo che alto, con rade aperture- sormontata da una terrazza che fa da tetto, recinta da un muretto alto circa un metro e ombreggiata da una pergola di vite, che si arrampica fin là e stende i suoi rami su oltre metà di questa assolata terrazza. Una scala esterna sale lungo la facciata sino all’altezza di una porta, che si apre a metà altezza della facciata. Sotto ci sono, al terreno, delle porte basse e rade, non più di due per lato, che mettono in stanze basse e scure.

La casa sorge in mezzo ad una specie di aia, più spiazzo erbo­so che aia, che ha al centro un pozzo. Vi sono delle piante di fico e di melo. La casa guarda verso la strada, ma non è sulla strada. È un poco in dentro, e un viottolo fra l’erba l’unisce alla via che sembra una via maestra.
Si direbbe che la casa è alla periferia di Cana: casa di proprietari contadini, i quali vivono in mez­zo al loro poderetto. La campagna si stende oltre la casa con le sue lontananze verdi e placide. Vi è un bel sole e un azzurro tersissimo di cielo. In principio non vedo altro. La casa è sola.

Poi vedo due donne, con lunghe vesti e un manto che fa anche da velo, avanzarsi sulla via e da questa sul sentiero. Una è più anziana, sui cinquant’anni, e veste di scuro, un color bigio-marrone come di lana naturale. L’altra è vestita più in chiaro, una veste di un giallo pallido e manto azzurro, e sembra avere un trentacinque anni. È molto bella, snella, e ha un portamento pieno di dignità, per quanto sia tutta gentilezza e umiltà. Quando è più vicina, noto il color pallido del volto, gli occhi az­zurri e i capelli biondi che appaiono sotto il velo sulla fronte.

Riconosco Maria Santissima. Chi sia l’altra, che è bruna e più anziana, non so. Parlano fra loro e la Madonna sorride. Quando sono prossime alla casa, qualcuno, certamente messo a guardia degli arrivi, dà l’avviso, ed incontro alle due vengono uomini e donne tutti vestiti a festa, i quali fanno molte feste alle due e specie a Maria Santissima.

L’ora pare mattutina, direi verso le nove, forse prima, perché la campagna ha ancora quell’aspet­to fresco delle prime ore del giorno, nella rugiada che fa più verde l’erba e nell’aria non ancora offu­scata da polvere. La stagione mi pare primaverile, perché i prati sono con erba non arsa dall’estate e i campi hanno il grano ancor giovane e senza spiga, tutto verde. Le foglie del fico e del melo sono verdi e ancora tenere, e così quelle della vite.

Ma non vedo fiori sul melo e non vedo frutta né sul melo, né sul fico, né sulla vite. Segno che il melo ha già fiorito, ma da poco, e i frutticini non si vedo­no ancora. Maria, molto festeggiata e fiancheggiata da un anziano che pare il padrone di casa, sale la scala esterna ed entra in un’ampia sala che pare tenere tutta o buona parte del piano sopraelevato.

Mi pare di capire che gli ambienti al terreno sono le vere e proprie stanze di abitazione, le dispen­se, i ripostigli e le cantine, e questa sia l’ambiente riservato a usi speciali, come feste eccezionali, o a lavori che richiedano molto spazio, o anche a distensione di derrate agricole.

Nelle feste lo svuota­no da ogni impiccio e lo ornano, come è oggi, di rami verdi, di stuoie, di tavole imbandite. Al centro ve ne è una molto ricca, con sopra già delle anfore e piatti colmi di frutta. Lungo la parete di destra, rispetto a me che guardo, un’altra tavola imbandita, ma meno riccamente. Lungo quella di sinistra, una specie di lunga credenza, con sopra piatti con formaggi e altri cibi che mi paiono focacce coperte di miele e dolciumi. In terra, sempre presso questa parete, altre anfore e tre grossi vasi in forma di brocca di rame (su per giù). Le chiamerei giare.

Maria ascolta benignamente quanto tutti Le dicono, poi con bontà si leva il manto ed aiuta a finire i preparativi della mensa. La vedo andare e venire aggiustando i letti-sedili, raddrizzando le ghirlan­de di fiori, dando migliore aspetto alle fruttiere, osservando che nelle lampade vi sia l’olio.

Sorride e parla pochissimo e a voce molto bassa. Ascolta invece molto e con tanta pazienza.

Un grande rumore di strumenti musicali (poco armonici in verità) si ode sulla via. Tutti, meno Maria, corrono fuori. Vedo entrare la sposa, tutta agghindata e felice, circondata dai parenti e dagli amici, a fianco dello sposo che le è corso incontro per primo.

E qui la visione ha un mutamento. Vedo, invece della casa, un paese. Non so se sia Cana o altra borgata vicina. E vedo Gesù con Giovanni ed un altro che mi pare Giuda Taddeo, ma potrei, su que­sto secondo, sbagliare. Per Giovanni non sbaglio. Gesù è vestito di bianco ed ha un manto azzurro cupo.

Sentendo il rumore degli strumenti, il compagno di Gesù chiede qualcosa ad un popolano e riferisce a Gesù.

«Andiamo a far felice mia Madre», dice allora Gesù sorridendo.

E si incammina attraverso ai cam­pi, coi due compagni, alla volta della casa. Mi sono dimenticata di dire che ho l’impressione che Ma­ria sia o parente o molto amica dei parenti dello sposo, perché si vede che è in confidenza.

Quando Gesù arriva, il solito messo di sentinella, avvisa gli altri. Il padrone di casa, insieme al fi­glio sposo ed a Maria, scende incontro a Gesù e Lo saluta rispettosamente. Saluta anche gli altri due, e lo sposo fa lo stesso.

Ma quello che mi piace è il saluto pieno di amore e di rispetto di Maria al Figlio e viceversa.

Non espansioni, ma uno sguardo tale accompagna la parola di saluto: «La pace è con te» e un tale sor­riso che vale cento abbracci e cento baci. Il bacio tremola sulle labbra di Maria, ma non viene dato. Soltanto Ella pone la sua mano bianca e piccina sulla spalla di Gesù e gli sfiora un ricciolo della sua lunga capigliatura. Una carezza da innamorata pudica.

Gesù sale a fianco della Madre e seguito dai discepoli e dai padroni, ed entra nella sala del con­vito, dove le donne si danno da fare ad aggiungere sedili e stoviglie per i tre ospiti, inaspettati, mi sembra. Direi che era incerta la venuta di Gesù e assolutamente impreveduta quella dei suoi compa­gni.

Odo distintamente la voce piena, virile, dolcissima del Maestro dire, nel porre piede nella sala: «La pace sia in questa casa e la benedizione di Dio su voi tutti». Saluto cumulativo a tutti i presenti e pieno di maestà.

Gesù domina col suo aspetto e con la sua statura tutti quanti. È l’ospite, e fortuito, ma pare il re del convito, più dello sposo, più del padrone di casa. Per quanto sia umile e condiscendente, è Colui che si impone.

Gesù prende posto alla tavola di centro con lo sposo, la sposa, i parenti degli sposi e gli amici più influenti. I due discepoli, per rispetto al Maestro, vengono fatti sedere alla stessa tavola.

Gesù ha le spalle voltate alla parete dove sono le giare e le credenze. Non le vede perciò, e non vede neppure l’affaccendarsi del maggiordomo intorno ai piatti di arrosti, che vengono portati da una porticina che si apre presso le credenze.

Osservo una cosa. Meno le rispettive madri degli sposi e meno Maria, nessuna donna siede a quel tavolo. Tutte le donne sono, e fanno baccano per cento, all’altra tavola contro la parete, e vengono servite dopo che sono stati serviti gli sposi e gli ospiti di riguardo. Gesù è presso il padrone di casa ed ha di fronte Maria, la quale siede a fianco della sposa.

Il convito comincia. E assicuro che l’appetito non manca e neanche la sete. Quelli che lasciano poco il segno sono Gesù e sua Madre, la quale, anche, parla pochissimo. Gesù parla un poco di più. Ma, per quanto sia parco, non è, nel suo scarso parlare, né accigliato né sdegnoso.

È un Uomo cor­tese ma non ciarliero.

Interrogato risponde, se gli parlano si interessa, espone il suo parere, ma poi si raccoglie in Sé come uno abituato a meditare.

Sorride, non ride mai.

E, se sente qualche scherzo troppo avventato, mostra di non udire. Maria si ciba della contemplazione del suo Gesù, e così Gio­vanni, che è verso il fondo della tavola e pende dalle labbra del suo Maestro.

Maria si accorge che i servi parlottano col maggiordomo e che questo è impacciato, e capisce cosa c’è di spiacevole.

«Figlio», dice piano, richiamando l’attenzione di Gesù con quella parola.

«Figlio, non hanno più vino».

«Donna, che vi è più fra Me e te?».

Gesù, nel dirle questa frase, sorride ancor più dolcemente, e sorride Maria, come due che sanno una verità che è Loro gioioso segreto, ignorata da tutti gli altri.

 

Gesù mi spiega il significato della frase.

«Quel “più”, che molti traduttori omettono, è la chiave della frase e la spiega nel suo vero signifi­cato.

Ero il Figlio soggetto alla Madre sino al momento in cui la volontà del Padre mio mi indicò esser venuta l’ora di essere il Maestro. Dal momento che la mia missione ebbe inizio, non ero più il Figlio soggetto alla Madre, ma il Servo di Dio. Rotti i legami morali verso la mia Genitrice. Essi si erano mutati in altri più alti, si erano rifugiati tutti nello Spirito.

Quello chiamava sempre “Mamma” Maria, la mia Santa. L’amore non conobbe soste, né intiepidimento, anzi non fu mai tanto perfetto come quando, separato da Lei come per una seconda figliazione, Ella mi dette al mondo per il mondo, co­me Messia, come Evangelizzatore.

La sua terza sublime mistica maternità fu quando, nello strazio del Golgota, mi partorì alla Croce facendo di Me il Redentore del mondo.

“Che vi è più fra Me e te?”. Prima ero tuo, unicamente tuo. Tu mi comandavi, Io ti ubbidivo. Ti ero “soggetto”. Ora sono della mia missione.

Non l’ho forse detto? “Chi, messa la mano all’aratro, si volge indietro a salutare chi resta, non è adatto al Regno di Dio”.

Io avevo posto la mano all’aratro per aprire col vomere non le glebe, ma i cuori, e seminarvi la Parola di Dio. Avrei levato quella mano solo quando me l’avrebbero strappata di là per inchiodarmela alla croce ed aprire con il mio torturante chiodo il cuore del Padre mio, facendo­ne uscire il perdono per l’umanità.

Quel “più”, dimenticato dai più, voleva dire questo:

“Tutto mi sei stata, o Madre, finché fui unica­mente il Gesù di Maria di Nazareth, e tutto mi sei nel mio Spirito; ma, da quando sono il Messia atte­so, sono del Padre mio. Attendi un poco ancora e, finita la missione, sarò da capo tutto tuo; mi riavrai ancora sulle braccia come quand’ero Bambino, e nessuno Te lo contenderà più, questo tuo Figlio, considerato un obbrobrio dell’umanità, che te ne getterà la spoglia per coprire Te pure dell’obbrobrio d’esser Madre di un reo.

E poi mi avrai di nuovo, trionfante, e poi mi avrai per sempre, trionfante tu pure in Cielo. Ma ora sono di tutti questi uomini. E sono del Padre che mi ha mandato ad essi”.

Ecco quel che vuol dire quel piccolo e così denso di significato “più”».

 

Maria ordina ai servi: «Fate quello che Egli vi dirà».

Maria ha letto negli occhi sorridenti del Figlio l’assenso, velato dal grande insegnamento a tutti i “vocati”. E ai servi: «Riempite d’acqua le idrie», ordina Gesù.

Vedo i servi empire le giare di acqua portata dal pozzo (odo stridere la carrucola che porta su e giù il secchio gocciolante). Vedo il maggiordomo mescersi un poco di quel liquido con occhi di stupo­re, assaggiarlo con atti di ancor più vivo stupore, gustarlo e parlare al padrone di casa e allo sposo (erano vicini).

Maria guarda ancora il Figlio e sorride; poi, raccolto un sorriso di Lui, china il capo arrossendo lie­vemente. È beata.

Nella sala passa un sussurrio, le teste si volgono tutte verso Gesù e Maria, c’è chi si alza per ve­dere meglio, chi va alle giare. Un silenzio, e poi un coro di lodi a Gesù. Ma Egli si alza e dice una parola:

«Ringraziate Maria», e poi si sottrae al convito. I discepoli Lo seguono.

Sulla soglia ripete: «La pace sia a questa casa e la benedizione di Dio su voi», e aggiunge: «Madre, Ti saluto».

La visione cessa.

 

Gesù mi istruisce così:

«Quando dissi ai discepoli: “Andiamo a far felice mia Madre”, avevo dato alla frase un senso più alto di quello che pareva. Non la felicità di vedermi, ma di essere Lei l’iniziatrice della mia attività di miracolo e la prima benefattrice dell’umanità. Ricordatevelo sempre. Il mio primo miracolo è avve­nuto per Maria. Il primo.

Simbolo che è Maria la chiave del miracolo.

Io non ricuso nulla alla Madre mia, e per sua preghiera anticipo anche il tempo della Grazia. Io conosco mia Madre, la seconda in bontà dopo Dio. So che farvi Grazia è farla felice, poiché è la Tutta Amore.

Ecco perché dissi, Io che sapevo: “Andiamo a farla felice”.

Inoltre ho voluto rendere manifesta la sua potenza al mondo insieme alla mia.

Destinata ad es­sere a Me congiunta nella Carne -poiché fummo una carne: Io in Lei, Lei intorno a Me, come petali di giglio intorno al pistillo odoroso e colmo di vita- congiunta a Me nel dolore, poiché fummo sulla Croce Io con la Carne e Lei col suo Spirito, così come il giglio odora e colla corolla e coll’essenza tratta da essa, era giusto fosse congiunta a Me nella potenza che si mostra al mondo.

Dico a voi ciò che dissi a quei convitati:

“Ringraziate Maria. È per Lei che avete avuto il Padrone del miracolo e che avete le mie Grazie, e specie quelle di perdono”.

Riposa in pace. Noi siamo con te».

Estratto di “l’Evangelo come mi è stato rivelato” di Maria Valtorta

BATTESIMO DEL SIGNORE 2016 ANNO C

Mentre Gesù, ricevuto il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì.

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 3,15-16.21-22)

In quel tempo, poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco». Ed ecco, mentre tutto il popolo veniva battezzato e Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì e discese sopra di lui lo Spirito Santo in forma corporea, come una colomba, e venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento». Parola del Signore

(Mt 3,13-17).«In quel tempo Gesù dalla Galilea andò al Giordano da Giovanni per farsi battezzare da lui. Giovanni però voleva impedirglielo, dicendo: “Io ho bisogno di essere battezzato da te e tu vieni da me?”. Ma Gesù gli disse: “Lascia fare per ora, poiché conviene che così adempiamo ogni giustizia”. Allora Giovanni acconsentì. Appena battezzato, Gesù uscì dall’acqua: ed ecco, si aprirono i Cieli ed Egli vide lo Spirito di Dio scendere come una colomba e venire su di Lui. Ed ecco una voce dal Cielo che disse: «Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto»

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Gesù, anche se non  ne aveva bisogno segue tutte le tappe della vita sociale e religiosa dei suoi tempi iniziando dal censimento, la circoncisione, il pellegrinaggio al tempio di Gerusalemme appena dodicenne, e all’età di trent’anni, prima di iniziare la Sua Vita pubblica chiede  e riceve il battesimo la Sua missione si completa con la Sua Morte “il sacrificio della croce”.
Tutte le tappe della vita di Gesù Cristo sono contrassegnati da profezie dell’Antico Testamento, infatti Gesù rispose a Giovanni Battista che voleva impedire il Suo Battesimo, dicendo: “Io ho bisogno di essere battezzato da te e tu vieni da me?”. Ma Gesù gli disse: “Lascia fare per ora, poiché conviene che così adempiamo ogni giustizia”
“o profezia”
. Allora Giovanni acconsentì.

E’ chiaro che Gesù non aveva bisogno del Perdono di Dio ma era Gesù che chiedeva a Dio perdono per tutta l’umanità e il Padre con una voce misteriosa conferma l’identità di Gesù dicendo: «Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto ascoltatelo».

EPIFANIA DEL SIGNORE 2016 (ANNO C)

Siamo venuti dall’Oriente per adorare il Re.

Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 2,1-12)

Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano: «Dov’è Colui che è nato, il Re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo». All’udire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Cristo. Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta: “E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero l’ultima delle città principali di Giuda: da te infatti uscirà un capo che sarà il pastore del mio popolo, Israele”». Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme dicendo: «Andate e informatevi accuratamente sul Bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo». Udito il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il Bambino. Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. Entrati nella casa, videro il Bambino con Maria sua Madre, si prostrarono e Lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese. Parola del Signore

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Il Vangelo che oggi meditiamo è molto commovente, essa ci fornisce indicazioni molto importanti su Gesù, sua Madre Maria, l’adorazione di tre pagani arrivati dal lontano Oriente, la persecuzione presente fin dalla nascita di Gesù, la stella che guida i tre importanti personaggi.

Per noi la Stella che ci conduce al porto sicuro, alla vera spiritualità, è Maria Sua e nostra madre, la Stella del nostro cammino spirituale.

La prima considerazione viene guardando il Bambino, Dio in un Corpo umano, lo Spirito divino agisce adesso in un Uomo.

Egli pur avendo un piccolo Corpo è in realtà l’Eterno; anche se non fa udire la voce e non parla è la Parola di Dio; anche se non cammina ancora è l’Essere infinito presente ovunque; pur non vedendo perché piccolissimo è dall’eternità Colui che tutto vede e tutto conosce.

Il Bambino appena nato potrebbe già parlare correttamente l’ebraico e tutti i dialetti della regione, ma Dio volle sottomettersi e rispettare la naturale crescita fisica, senza anticipare i tempi.

Quel visino sorridente e un po’ sorpreso, era di Colui che aveva lasciato i Cieli per partecipare alla vita umana e riportare l’amicizia tra il Padre suo e l’umanità.

Questo Bambino è di colore roseo ed è bellissimo, Lo attende il colore rosso del suo Sangue che coprirà il Volto Santo.

Questo Bambino che ride e piange perché ha fame, essendo Dio già conosce tutto, sia il suo futuro che la storia di ognuno che verrà.

Dinanzi a Lui bisogna genuflettersi come fecero i tre Magi, come hanno fatto da duemila anni tutte le anime devote. I Magi fecero un lunghissimo viaggio per vedere il Bambino, noi con gli occhi della Fede vediamo che quel Bambino è presente nell’Eucaristia e noi Lo adoriamo con piena convinzione.

Questo è il tempo di pregare con maggiore fervore, di avvicinarci a Gesù con fiducia e amore perché tra i capi delle Nazioni comincia a circolare voce sulla necessità di iniziare una grande guerra. Iniziative che non possono venire da Dio.

Non  ci rendiamo conto di quanto è vicino Gesù alla nostra vita. Cerchiamo la gioia dove non c’è e ignoriamo l’Eucaristia.

Come i Magi che adorano il Bambino perché Lo considerano il Messia, anche noi dobbiamo riconoscerlo come il Signore e Salvatore. Il Gesù presente nell’Eucaristia è lo stesso che quei saggi videro tra le braccia di Maria. Noi sappiamo che è Dio e i miracoli compiuti lo attestano.

Chiediamoci oggi, con quale devozione e riverenza lo adoriamo.

I Magi “aprirono i loro scrigni e gli offrono in dono oro, incenso e mirra”. I doni più preziosi dell’Oriente, quanto esiste di più prezioso per Dio. Gli offrono oro simbolo di regalità. Insieme a l’oro gli offriamo l’incenso, il profumo che, bruciato ogni sera sull’altare, simboleggiava la speranza del Messia.

E, insieme ai Re Magi, offriamo anche mirra, perché Dio incarnato prenderà su di sé le nostre miserie, si farà carico dei nostri dolori.

Abbiamo molti motivi per ringraziare Gesù quotidianamente. Chiediamogli tutto quello che ci necessita e preghiamo per l’Italia e per il mondo.

3 GENNAIO SANTISSIMO NOME DI GESÙ

INVOCHIAMO IL NOME DI GESÙ IN OGNI NOSTRA NECESSITA’

Gesù, che vuol dire Salvatore, è il nome dato al Verbo Incarnato non dagli uomini, ma da Dio stesso. Apparve infatti l’Angelo del Signore a S. Giuseppe e gli disse: « Giuseppe, figlio di David, non temere di prender teco Maria come tua consorte, perché ciò che è nato in lei è dallo Spirito Santo. Darà alla luce un figliuolo, cui porrai nome Gesù, perché sarà Lui che libererà il suo popolo dai peccati ». Nacque il Bambino e otto giorni dopo fu circonciso, e fu chiamato Gesù, cioè Salvatore, come era stato nominato dall’Angelo.

Cantate al Signore, benedite il suo nome, annunziate di giorno in giorno la sua salvezza (Sal 95,2)

GESÙ! NOME D’ALLEGREZZA, DI SPERANZA E D’AMORE.

NOME D’ALLEGREZZA

Quando ci affligge la memoria dei nostri peccati, quando il rimorso si fa sentire più forte nella nostra coscienza, quando lo spavento degli eterni castighi ci assale, ed il demonio cerca precipitarci nella disperazione, pensiamo a Gesù, al nostro Salvatore. Una gioia arcana entrerà nel nostro cuore e ci conforterà; in Lui troveremo la forza e la luce: la luce che illumina, che salva, che santifica.

NOME DI SPERANZA

Gesù stesso ci dice: « Se chiederete qualcosa al Padre in nome mio, Egli ve la darà >>. « O uomini, pare ci dica, di che temete? Se la vostra miseria vi fa arrossire, se temete pei vostri peccati il Padre mio, se non osate chiedere a Lui ciò che a voi sta a cuore, fatevi coraggio : chiedete in nome mio, e tutto vi sarà dato ».

NOME D’AMORE

Oh si! Chi, pronunciando questo dolcissimo nome, non ricorda quanto sia costata la nostra Redenzione? Chi non si commuove innanzi a un eccesso di tanto amore? È Gesù, Dio uguale al Padre, che si sacrifica su di una croce e agonizza fra atroci tormenti per noi! Egli, l’innocente, muore schernito e vilipeso da quelli stessi per cui dà la vita. Nome d’amore, d’infinito amore, nome che a Lui solo compete, perché solo Lui ha redento il genere umano! E per questo il Padre gli diede un nome che è sopra ogni nome. A questo nome piegano la fronte gli Angeli ed i Beati del cielo, tremano le forze degli abissi, e riverenti si inchinano gli abitanti della terra.
Quel bambino che i profeti da tanti anni preannunziarono, quel bambino di cui parlano le Scritture, quello che l’umanità da tanto tempo aspettava come un liberatore, oggi lo conosciamo: si chiama Gesù, Salvatore. Egli è Colui che ha chiuso le porte dell’inferno ed ha aperto quelle del Paradiso; Colui che dà gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà.

NON PRONUNCIAMO MAI INVANO IL NOME DI GESÙ;
MA INVOCHIAMOLO CON FEDE IN OGNI NOSTRA NECESSITÀ.

O Gesù, scrivete il vostro nome sul nostro povero cuore e sulla nostra lingua, acciocché, tentati a peccare, possiamo resistere con invocarvi; tentati a disperarci, confidiamo nei vostri meriti. Fate che il vostro nome ci infiammi d’amore, e sia sempre la nostra speranza, la nostra difesa e l’unico nostro conforto.