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V DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO A (Mt 5,13-16)

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Matteo. (Mt 5,13-16)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente.
Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli». Parola del Signore.

RIFLESSIONI

Se metto un grosso cucchiaio di sale nella zuppa, sarà immangiabile. Ce ne vuole solo un pizzico, che basta ad insaporirla. O, senza utilizzare un’immagine, anche se non ci sono che pochi uomini a sopportare con buon umore, bontà e indulgenza le debolezze del loro prossimo (e le loro, in più!), a non essere solo preoccupati di imporsi, di perseguire i propri scopi e i propri interessi, questo pugno di uomini ha la possibilità di cambiare il proprio ambiente, contribuendo a che il nostro mondo resti umano. Il nostro mondo sarebbe povero, inumano e freddo se non ci fossero uomini che danno prova di questa cordialità e di questa generosità spontanee.
Essere il sale della terra: siamo abbastanza fiduciosi per credere al carattere contagioso della bontà? O ci accontentiamo di temere il potere contagioso del male? Un pizzico di sale basta a dare gusto a tutto un piatto.
Ognuno di noi, anche se si sente isolato, ha la fortuna di poter cambiare il clima che lo circonda! Gesù ci crede capaci: voi siete il sale della terra, voi siete la luce del mondo! Lo siamo?

Rivelazione di Gesù a Maria Valtorta
Corrispondenza nell’“Evangelo come mi è stato rivelato”
di Maria Valtorta
Capitolo 98

 

Gesù con tutti i suoi -ormai sono in tredici, più Lui- sono, sette per barca, sul lago di Galilea. Gesù è nella barca di Pietro, la prima, insieme a Pietro, Andrea, Simone, Giuseppe e i due cugini. Nell’altra sono i due figli di Zebedeo con gli altri: ossia l’Iscariota, Filippo, Tommaso, Natanaele e Matteo.

Le barche non pescano, sono solo adibite a trasporto delle persone. Gesù è seduto a prua e gode visibilmente della bellezza che lo circonda, dal silenzio, di tutto quell’azzurro puro di cielo e di acque a cui fanno anello sponde verdi, disseminate di paesi tutti bianchi fra il verde.

Si astrae dai discorsi dei discepoli, molto in avanti sulla prora, quasi sdraiato su un fascio di vele, a capo sovente chino su quello specchio di zaffiro che è il lago, come studiasse il fondale e si interessasse di quanto vive in quelle acque limpidissime. Ma chissà a cosa pensa…

Gesù chiede a Pietro: «Quella è Tiberiade?».

«Sì, Maestro. Ora faccio l’accostata».

«Attendi. Puoi metterti in quel seno quieto? Vorrei parlare a voi soltanto».

«Misuro il fondo e te lo so dire».

E Pietro cala una lunga pertica e va lento verso riva.

«Si può, Maestro. Vado ancora contro sponda?».

«Il più che puoi. C’è ombra e solitudine. Mi piace».

Pietro va fin sotto riva. La terra è lontana al massimo un quindici metri.

«Ora toccherei».

«Ferma. E voi venite accosto più che potete e udite».

Gesù lascia il suo posto e viene a sedersi al centro della bar­ca, su una panchetta che va da sponda a sponda. Di fronte ha l’altra barca, intorno gli altri della sua.

«Udite. Vi parrà che Io mi astragga talora dai vostri discor­si e sia perciò un maestro infingardo che non sorveglia la pro­pria scolaresca. Sappiate che l’anima mia non vi lascia un mo­mento.

Avete mai visto un medico che studia uno malato di un male ancora incerto e di contrastanti sintomi? Lo tiene d’oc­chio dopo averlo visitato, lo sorveglia e nel sonno e nella ve­glia, al mattino e alla sera, e nel silenzio e nel parlare, perché tutto può esser sintomo e guida a decifrare il morbo nascosto e ad indicare una cura.

Lo stesso faccio Io con voi. Vi tengo con fili invisibili, ma sensibilissimi, che si innestano in Me e mi trasmettono le anche più lievi vibrazioni del vostro io. Vi la­scio credere di esser liberi, perché vi palesiate sempre più per quello che siete, cosa che avviene quando uno scolaro, o un maniaco, si crede perso di vista dal sorvegliante.

Voi siete un gruppo di persone, ma formate un nucleo, ossia una cosa sola. Perciò siete un complesso che si forma a ente e che va studiato nelle singole sue caratteristiche, più o meno buone, per formarlo, amalgamarlo, smussarlo, accrescerlo nei lati poliedrici e farne un unico “che” perfetto. Perciò Io vi stu­dio. E studio su voi anche mentre voi dormite.

Cosa siete voi? Cosa dovete divenire? Voi siete il sale della Terra. Tali dovete divenire: sale della Terra. Con il sale si pre­servano le carni dalla corruzione e con la carne molte altre derrate. Ma potrebbe il sale salare se non fosse salato?

Con voi Io voglio salare il mondo per renderlo insaporito di sapor cele­ste. Ma come potete salare se mi perdete voi sapore?

Cosa vi fa perdere sapore celeste? Ciò che è umano.

L’acqua del mare, del vero mare, non è buona a bere tanto è salata, non è vero? Eppure, se uno prende una coppa di acqua di mare e la getta in un’idria di acqua dolce, ecco che può bere, perché l’ac­qua di mare è tanto diluita che ha perso il suo mordente. L’umanità è come l’acqua dolce che si mescola alla vostra sal­sedine celeste.

Ancora, se per un supposto si potesse derivare un rio dal mare e immetterlo nell’acqua di questo lago, potre­ste poi voi ritrovare quel filo di acqua salata? No. Si sarebbe perso in tanta acqua dolce.

Così avviene di voi quando immer­gete la vostra missione, meglio: la sommergete, in tanta uma­nità. Siete uomini. Sì. Lo so. Ma, e Io chi sono? Io sono Colui che ha seco ogni forza. E che faccio Io? Io vi comunico questa forza poi che vi ho chiamati. Ma che giova che Io ve la comunichi se voi la disperdete sotto valanghe di senso e di sentimenti uma­ni?

Voi siete, dovete essere, la luce del mondo. Vi ho scelti, Io, Luce di Dio, fra gli uomini, per continuare ad illuminare il mondo dopo che Io sarò tornato al Padre. Ma potete voi dare luce se siete lanterne spente o fumose?

No, che anzi col vostro fumo -peggio è il fumo ambiguo all’assoluta morte di un lu­cignolo- voi offuschereste quel barlume di luce che ancora possono avere i cuori. Oh! miseri quelli che cercando Dio si ri­volgeranno agli apostoli e in luogo di luce avranno fumo! Scandalo e morte ne avranno. Ma maledizione e castigo ne avranno gli apostoli indegni.

Grande sorte la vostra! Ma anche grande, tremendo impegno! Ricordatevi che colui a cui più è dato, più è tenuto a dare. E a voi il massimo è dato, di istruzione e di dono. Siete istruiti da Me, Verbo di Dio, e ricevete da Dio il dono di essere “i di­scepoli”, ossia i continuatori del Figlio di Dio.

Io vorrei che voi meditaste sempre questa vostra elezione, e ancor vi scrutaste, e ancor vi pesaste… e se uno sente di esser atto ad esser fedele -non voglio neppur dire: se uno non si sente che peccatore e im­penitente; dico solo: se uno si sente atto ad esser solo un fedele- ma non sente in sé nerbo di apostolo, si ritiri.

Il mondo, per chi è amante di esso, è tanto vasto, bello, suffi­ciente, vario! Offre tutti i fiori e tutti i frutti atti al ventre e al senso. Io non offro che una cosa: la santità. Questa, sulla Terra, è la cosa più angusta, povera, erta, spinosa, perseguitata che esista. Nel Cielo la sua angustia si muta in immensità, la sua povertà in ricchezza, la sua spinosità in tappeto fiorito, il suo esser erta in sentiero liscio e soave, la sua persecuzione in pace e beatitudine. Ma qui è fatica da eroe esser santi. Io non vi offro che questo.

Volete voi rimanere con Me? Non vi sentite di farlo? Oh! non vi guardate stupiti o addolorati! Mi sentirete fare ancora molte volte questa domanda. E quando la sentirete, pensate che il mio Cuore nel farla piange, perché è ferito dalla vostra sordità alla vocazione.

Esaminatevi, allora, e poi giudicate con onestà e sincerità, e decidete. Per non essere dei reprobi, decidete. Di­te: “Maestro, amici, io conosco di non essere fatto per questa via. Vi do bacio di commiato e vi dico: pregate per me”. Meglio così che tradire. Meglio così…

Che dite? Chi tradire? Chi? Me. La mia causa, ossia la causa di Dio -perché Io sono uno col Padre- e voi. Sì. Vi tradire­ste. L’anima vi tradireste, dandola a Satana. Volete rimanere ebrei? Ed Io non vi forzo a cambiare. Ma non tradite. Non tra­dite la vostra anima, il Cristo e Dio. Io vi giuro che né Io, né i fedeli a Me vi criticheranno, né vi additeranno allo sprezzo delle turbe fedeli.

Poco fa un vostro fratello ha detto una gran­de parola: “Le nostre piaghe e quelle di coloro che amiamo si cerca di tenerle nascoste”. E colui che si separerebbe sarebbe una piaga, una cancrena che, nata nel nostro organismo apo­stolico, si staccherebbe per cancrena completa, lasciando un segno doloroso che con ogni cura terremmo nascosto.

No. Non piangete, o voi migliori. Non piangete. Io non vi porto rancore, né sono intransigente per vedervi così tardi. Sie­te appena presi e non posso pretendere che siate perfetti. Ma non lo pretenderò neppure fra anni, dopo aver detto cento e duecento volte le stesse cose inutilmente.

Anzi, udite, fra anni sarete, almeno alcuni, meno ardenti di ora che siete neofiti. La vita è così… l’umanità è così… Perde lo slancio dopo il primo balzo.

Ma (Gesù si alza di scatto) ma Io vi giuro che Io vincerò. Depurati per naturale selezione, fortificati da soprannaturale mistura, voi migliori diverrete i miei eroi. Gli eroi del Cristo. Gli eroi del Cielo. La potenza dei Cesari sarà polvere rispetto alla regalità del vostro sacerdozio.

Voi, poveri pescatori di Ga­lilea, voi ignoti giudei, voi, numeri fra la massa degli uomini presenti, sarete più noti, acclamati, venerati di Cesare e di tutti i Cesari che ebbe e avrà la Terra.

Voi noti, voi benedetti in un prossimo futuro e nel più remoto dei secoli, sino alla fine del mondo. A questa sublime sorte Io vi eleggo. Voi che siete onesti nella volontà.

E, perché di essa siate capaci, vi do le linee es­senziali del vostro carattere di apostoli. Esser sempre vigili e pronti. I vostri lombi siano cinti, sem­pre cinti, e le vostre lampade accese come è di coloro che da un attimo all’altro devono partire o correre incontro ad uno che ar­riva.

E infatti voi siete, voi sarete, sin che la morte vi fermi, gli instancabili pellegrini alla ricerca di chi è errante; e finché la morte la spenga, la vostra lampada deve esser tenuta alta e ac­cesa per indicare la via agli sviati che vengono verso l’ovile di Cristo. Fedeli dovete essere al Padrone che vi ha preposti a questo servizio. Sarà premiato quel servo che il Padrone trova sempre vigilante e che la morte sorprende in stato di Grazia.

Non pote­te, non dovete dire: “Io sono giovane. Ho tempo di fare questo e quello, e poi pensare al Padrone, alla morte, all’anima mia”. Muoiono i giovani come i vecchi, i forti come i deboli. E all’as­salto della tentazione sono vecchi e giovani, forti e deboli, ugualmente soggetti.

Guardate che l’anima può morire prima del corpo e voi potete portare, senza sapere, in giro un’anima putrida. È così insensibile il morire di un’anima! Come la mor­te di un fiore. Non ha grido, non ha convulsione… china solo la sua fiamma come corolla stanca, e si spegne.

Dopo, molto dopo talora, immediatamente dopo talaltra, il corpo si accorge di portare dentro un cadavere verminoso, e diviene folle di spa­vento, e si uccide per sfuggire a quel connubio…

Oh! non sfug­ge! Cade proprio con la sua anima verminosa su un brulicare di serpi nella Geenna.

Non siate disonesti come sensali o causidici che parteggiano per due opposti clienti, non siate falsi come i politicanti che dicono “amico” a questo e a quello, e poi sono di questo e di quello nemici.

Non pensate di agire in due modi. Dio non si ir­ride e non si inganna. Fate con gli uomini come fate con Dio, perché offesa fatta agli uomini è come fatta a Dio.

Vogliate che Dio veda voi quali volete esser veduti dagli uomini. Siate umili. Non potete rimproverare il vostro Maestro di non esserlo. Io vi do l’esempio. Fate come faccio. Umili, dolci, pazienti. Il mondo si conquista con questo. Non con violenza e forza. Forti e violenti siate contro i vostri vizi. Sradicateli, a costo di lacerarvi anche lembi di cuore.

Vi ho detto, giorni or sono, di vigilare gli sguardi. Ma non lo sapete fare. Io vi dico: meglio sarebbe diveniste ciechi con lo strapparvi gli occhi in­gordi, anziché divenire lussuriosi.

Siate sinceri. Io sono Verità. Nelle eccelse come nelle umane cose. Voglio siate schietti voi pure. Perché andare con inganno o con Me, o coi fratelli, o con il prossimo? Perché giocare di in­ganno?

Che? Tanto orgogliosi qual siete, e non avete l’orgoglio di dire: “Voglio non esser trovato bugiardo”? E schietti siate con Dio. Credete di ingannarlo con forme di orazione lunghe e palesi? Oh! poveri figli! Dio vede il cuore! Siate casti nel fare il bene. Anche nel fare elemosina. Un pubblicano ha saputo esserlo prima della sua conversione. E voi non lo sapreste?

Sì, ti lodo, Matteo, della casta offerta setti­manale che Io e il Padre solo conoscevamo tua, e ti cito ad esempio. È una castità anche questa, amici. Non scoprire la vostra bontà come non scoprireste una figlia giovinetta agli occhi di una folla.

Siate vergini nel fare il bene. È vergine l’at­to buono quando è esente da connubio di pensiero di lode e di stima o da fomite di superbia.

Siate sposi fedeli della vostra vocazione a Dio. Non potete servire due padroni. Il letto nuziale non può accogliere due spose contemporaneamente. Dio e Satana non possono divi­dersi i vostri amplessi. L’uomo non può, e non lo possono né Dio né Satana, condividere un triplice abbraccio in antitesi fra i tre che se lo danno.

Siate alieni da fame d’oro come da fame di carne, da fame di carne come da fame di potenza. Satana questo vi offre. Oh! le sue bugiarde ricchezze! Onori, riuscita, potere, dovizie: mer­cati osceni che hanno a moneta la vostra anima.

Siate contenti del poco. Dio vi dà il necessario. Basta. Que­sto ve lo garantisce come lo garantisce all’uccello dell’aria, e voi siete da ben più degli uccelli. Ma vuole da voi fiducia e mo­rigeratezza. Se avrete fiducia, Egli non vi deluderà. Se avrete morigeratezza, il suo dono giornaliero vi basterà. Non siate pagani, pur essendo, di nome, di Dio. Pagani so­no coloro che, più che Dio, amano l’oro e il potere per apparire dei semidei.

Siate santi e sarete simili a Dio nell’eternità. Non siate intransigenti. Tutti peccatori, vogliate essere con gli altri come vorreste che gli altri con voi fossero: ossia pieni di compatimento e perdono. Non giudicate. Oh! non giudicate! Da poco siete con Me, eppure vedete quante volte già Io, innocente, fui a torto mal giudicato e accusato di peccati inesistenti.

Il mal giudizio è of­fesa. E solo chi è santo vero non risponde offesa ad offesa. Per­ciò astenetevi da offendere per non essere offesi. Non manche­rete così né alla carità né alla santa, cara, soave umiltà, la ne­mica di Satana insieme alla castità.

Perdonate, perdonate sempre. Dite: “Perdono, o Padre, per essere da Te perdonato dei miei infiniti peccati”.

Miglioratevi d’ora in ora, con pazienza, con fermezza, con eroicità. E chi vi dice che divenire buoni non sia penoso? Anzi vi dico: è fatica più grande di tutte. Ma il premio è il Cielo e merita perciò consumarsi in questa fatica.

E amate. Oh! quale, quale parola devo dire per persuadervi all’amore? Nessuna ve ne è atta a convertirvi ad esso, poveri uomini che Satana aizza! E allora, ecco Io dico: “Padre, affret­ta l’ora del lavacro. Questa terra e questo tuo gregge è arido e malato. Ma vi è una rugiada che lo può addolcire e mondare. Apri, apri la fonte di essa. Me apri, Me. Ecco, Padre. Io ardo di fare il tuo desiderio che è il mio e quello dell’Amore eterno. Padre, Padre, Padre! Guarda il tuo Agnello e siine il Sacrifica­tore”».

Gesù è realmente ispirato. Ritto in piedi, a braccia aperte a croce, il volto verso il Cielo, coll’azzurro del lago di dietro, nel­la sua veste di lino, pare un Arcangelo orante. Mi si annulla il vedere su questo suo atto.

Estratto di “l’Evangelo come mi è stato rivelato” di Maria Valtorta

V DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO A (Mt 5,13-16)ultima modifica: 2020-02-08T16:22:56+01:00da angelaurgese20
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Un pensiero su “V DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO A (Mt 5,13-16)”

  1. Che cos’è una carezza? E’ sentirsi l’amore che ti passa tra le dita ed assaporare la gioia.
    La luce del mattino, porta con se un suo pensiero, avere te per sempre vicino . Buongiorno! … Mik.

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