Lunedì XXVI settimana del Tempo Ordinario Anno A

Lunedì della XXVI settimana del Tempo Ordinario Anno A
Santi Angeli Custodi
Dal Vangelo secondo Matteo. (Mt 18,1.5.10)
I loro angeli nei cieli vedono sempre la faccia del Padre mio.

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Matteo. (Mt 18,1.5.10)

In quel momento i discepoli si avvicinarono a Gesù dicendo: «Chi dunque è più grande nel regno dei cieli?».
Allora chiamò a sé un bambino, lo pose in mezzo a loro e disse: «In verità io vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli.
Perciò chiunque si farà piccolo come questo bambino, costui è il più grande nel regno dei cieli. E chi accoglierà un solo bambino come questo nel mio nome, accoglie me.
Guardate di non disprezzare uno solo di questi piccoli, perché io vi dico che i loro angeli nei cieli vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli». Parola del Signore.

RIFLESSIONI

Gesù stesso ci dice come dobbiamo rapportarci gli uni agli altri e che, per rispettare veramente le persone, per avere rapporti cristiani, dobbiamo anzitutto pensare al loro rapporto con Dio. Avvicinando qualsiasi persona dobbiamo pensare che Dio l’ama, che ha dei progetti su di lei, che l’aiuta a corrispondere a questi progetti. Se ci pensiamo seriamente, il nostro atteggiamento sarà molto più positivo: avremo più pazienza, più comprensione e soprattutto più amore.
Uno dei primi Gesuiti, il beato Pietro Fabre, che viaggiava molto e doveva incontrare tante persone, avvicinare tante autorità nella sua lotta contro l’eresia protestante, aveva molta devozione agli Angeli. Quando passava nelle città, quando si preparava ad incontrare qualcuno, pregava l’Angelo custode di queste città, di queste persone e otteneva grazie mirabili. Si era messo alla presenza di Dio e questa presenza irraggiava da lui sugli altri. Se ci ispiriamo a questo esempio, ogni nostro rapporto splenderà davvero della luce del Signore, nonostante noi siamo così deboli e imperfetti, e cammineremo sempre più, con la sua grazia, verso la sua presenza.

XXVI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO A

XXVI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO A
Dal Vangelo secondo Matteo. (Mt 21,28-32)
Giovanni infatti venne a voi sulla via della giustizia,
e non gli avete creduto.

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Matteo. (Mt 21,28-32)

In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: «Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. Si rivolse al primo e disse: “Figlio, oggi va’ a lavorare nella vigna”. Ed egli rispose: “Non ne ho voglia”. Ma poi si pentì e vi andò. Si rivolse al secondo e disse lo stesso. Ed egli rispose: “Sì, signore”. Ma non vi andò. Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?». Risposero: «Il primo».
E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. Giovanni infatti venne a voi sulla via della giustizia, e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, avete visto queste cose, ma poi non vi siete nemmeno pentiti così da credergli». Parola del Signore.

RIFLESSIONI

C’è una frase conclusiva, comune alle due parabole della XXVI e XXVII domenica, che svela il segreto intendimento del discorso complessivo di Gesù: “Perciò vi dico: vi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che lo farà fruttificare” (Mt 21,41).
La domanda posta da Gesù è la seguente: “Chi è allora il vero destinatario della promessa, il vero credente?”. Anche la parabola dei due figli deve essere letta in questa prospettiva.
Molte volte, infatti, può verificarsi una forma di sintonia solo apparente, perché ultimamente interessata, tra la nostra volontà e quella del Padre. Siamo capaci di dirgli dei “sì” speciosi e superficiali, non maturati al sole di quella vera obbedienza interiore, che può solamente essere il frutto di una profonda conversione a Dio. Una forma di obbedienza disobbediente perché non tocca le radici del nostro cuore e non cambia la nostra esistenza.
In questa ipotesi è vero che, pur immersi in una vita ancora disordinata, coloro che hanno deciso di seguire Cristo, senza reticenze e senza cercare in ultima analisi il loro interesse, si riscatteranno e avranno la precedenza nel regno dei cieli.
La parabola ci fa capire quanto sia anche per noi reale il pericolo di partecipare, con apparente docilità, durante tutta la nostra vita, alle celebrazioni liturgiche e alle attività della Chiesa, senza mai diventare veri cristiani.

Sabato XXV settimana del Tempo Ordinario Anno A

Sabato della XXV settimana del Tempo Ordinario Anno A
San Girolamo
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 9,43-45)
Mentre tutti ammiravano le Sue opere
Gesù annunzia la Sua Passione.

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 9,43-45)

In quel giorno, mentre tutti erano ammirati di tutte le cose che faceva, Gesù disse ai suoi discepoli: «Mettetevi bene in mente queste parole: il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini».
Essi però non capivano queste parole: restavano per loro così misteriose che non ne coglievano il senso, e avevano timore di interrogarlo su questo argomento. Parola del Signore.

RIFLESSIONI

Ringraziamo Dio per il grande dono della Scrittura: è un dono del suo amore, un dono antico e sempre nuovo che dobbiamo sfruttare nella fede.
Nel Vangelo Gesù ci dice appunto che il nostro tesoro è contemporaneamente antico e nuovo. E ogni epoca è invitata a discendere in questa miniera inesauribile per trovare nuove ricchezze, e le trova davvero.
Il modo attuale di studiare la Scrittura non assomiglia a quello dei secoli passati: vi scopriamo aspetti nuovi, che ci aiutano ad apprezzarne meglio la varietà e la ricchezza. Così si rinnova continuamente il gusto e l’interesse per lo studio della Bibbia.
Sappiamo che la Scrittura si studia bene soltanto nella fede. “Le Sacre Scritture scrive Paolo a Timoteo possono istruirti per la salvezza, che si ottiene per mezzo della fede in Cristo Gesù”. Lo studio della Scrittura è fatto per mezzo della fede, che lo guida. Per aver fede bisogna prima capire un po’ la Scrittura, perché se non si capisce niente dell’annuncio di salvezza non è possibile aderirvi, quindi per arrivare a credere è necessario fare un certo lavoro di intelligenza, un certo studio. Ma d’altra parte per approfondire la Scrittura è necessaria la fede: credere per, comprendere.
Se qualcuno ha il senso delle cose spirituali capisce profondamente la Bibbia anche se non ha cultura, perché la fede illumina gli occhi del suo cuore e questa illuminazione è più preziosa di tutti i mezzi della scienza, che possono far luce su aspetti secondari, ma non raggiungono il centro, che è il “proprio” della fede.
Non bisogna disprezzare lo studio faticoso degli scienziati, perché i loro sforzi sono necessari per far penetrare la fede in tutti i settori della vita e di ogni epoca. Ma Dio ha rivelato i tesori della Scrittura non soltanto agli intelligenti, ma anche a chi è meno dotato, mediante la fede, luce divina.
Siamo dunque riconoscenti al Signore per questo tesoro che tutti noi utilizziamo e aiutiamo ad approfondirlo insieme agli studiosi, perché la scienza aiuta a comprendere le Scritture, ma ancor più aiuta la santità.

Venerdì XXV settimana del Tempo Ordinario Anno A

Venerdì della XXV settimana del Tempo Ordinario Anno A
Santi Arcangeli Michele, Gabriele E Raffaele
Dal Vangelo secondo Giovanni. (Gv 1,47-51)
vedrete il cielo aperto
e gli angeli di Dio salire e scendere.

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Giovanni. (Gv 1,47-51)

In quel tempo, Gesù, visto Natanaèle che gli veniva incontro, disse di lui: «Ecco davvero un Israelita in cui non c’è falsità». Natanaèle gli domandò: «Come mi conosci?». Gli rispose Gesù: «Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto l’albero di fichi». Gli replicò Natanaèle: «Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d’Israele!». Gli rispose Gesù: «Perché ti ho detto che ti avevo visto sotto l’albero di fichi, tu credi? Vedrai cose più grandi di queste!».
Poi gli disse: «In verità, in verità io vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio dell’uomo». Parola del Signore.

RIFLESSIONI

Gli Angeli sono esseri misteriosi, e in forma misteriosa ne parla il profeta Daniele nella celebre profezia sul Figlio dell’uomo che la liturgia ci fa leggere oggi:
“Un fiume di fuoco scendeva dinanzi a lui; mille migliaia lo servivano e diecimila miriadi lo assistevano”. Daniele non nomina gli Angeli: parla di fuoco, di migliaia, di miriadi di miriadi… Sono veramente esseri misteriosi. Noi li rappresentiamo come uomini dal viso soave e dolce, nella Scrittura invece appaiono come esseri terribili, che incutono timore, perché sono la manifestazione della potenza e della santità di Dio, che ci aiutano ad adorare degnamente: “A te voglio cantare davanti ai tuoi angeli, mi prostro verso il tuo tempio santo”. Come preghiamo nel prefazio di oggi: “Signore, Padre santo, negli spiriti beati tu ci riveli quanto sei grande e amabile al di sopra di ogni creatura”. Nella visione di Daniele non sono gli Angeli gli esseri più importanti: vediamo più avanti “uno, simile ad un figlio d’uomo” ed è lui, non gli Angeli, ad essere introdotto fino al trono di Dio, è a lui che egli “diede potere, gloria e regno”, è a lui che “tutti i popoli serviranno”. La stessa cosa vediamo nel Vangelo: gli Angeli sono al servizio del Figlio dell’uomo. “Vedrete i cieli aperti e gli angeli di Dio salire e scendere sul Figlio dell’uomo” dirà Gesù, facendo allusione sia a questa visione di Daniele sia alla visione di Giacobbe, che nel sonno vede gli Angeli salire e scendere sul luogo dove è coricato e che dà il senso della presenza di Dio in tutti i luoghi della terra.
Gli Angeli di Dio sono dunque al servizio del Figlio dell’uomo, cioè di Gesù di Nazaret; la nostra adorazione non è rivolta agli Angeli, ma a Dio e al Figlio di Dio. Gli Angeli sono servitori di Dio che egli, nella sua immensa bontà, mette al nostro servizio e che ci aiutano ad avere un senso più profondo della sua santità e maestà e contemporaneamente un senso di grande fiducia, perché questi esseri terribili sono al nostro servizio, sono nostri amici.
Domandiamo al Signore che ci faccia comprendere davvero la sua santità e maestà infinite, perché ci prostriamo con sempre maggiore reverenza alla sua presenza, davanti ai suoi Angeli.

Giovedì XXV settimana del Tempo Ordinario Anno A

Giovedì della XXV settimana del Tempo Ordinario Anno A
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 9,7-9)
il tetràrca Erode diceva: chi è dunque costui?

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 9,7-9)

In quel tempo, il tetràrca Erode sentì parlare di tutti questi avvenimenti e non sapeva che cosa pensare, perché alcuni dicevano: «Giovanni è risorto dai morti», altri: «È apparso Elìa», e altri ancora: «È risorto uno degli antichi profeti».
Ma Erode diceva: «Giovanni, l’ho fatto decapitare io; chi è dunque costui, del quale sento dire queste cose?». E cercava di vederlo. Parola del Signore.

RIFLESSIONI

E cercava di vederlo
Erode sente parlare di Gesù. I suoi miracoli lo incuriosiscono. Cerca di vedere Gesù. Il suo però non è desiderio di salvezza. Neanche è ricerca di verità e di giustizia, sapendo che Gesù è un profeta. Vuole solo vedere qualche segno operato da Gesù. Il Padre celeste oggi non permette che Gesù ed Erode si incontrino, anche perché sappiamo dagli stessi Evangelisti che le intenzioni del Re non erano neanche tanto oneste. Lui infatti lo cercava per ucciderlo. Non voleva che un altro profeta gli creasse fastidi all’interno del suo regno e della sua famiglia. Gesù non è dalle mani di Erode, ma sempre nelle mani del Padre e lo dice con infinita fermezza. Lui morirà a Gerusalemme. Questo è scritto per Lui e questo dovrà compiersi.
In quel momento si avvicinarono alcuni farisei a dirgli: «Parti e vattene via di qui, perché Erode ti vuole uccidere». Egli rispose loro: «Andate a dire a quella volpe: “Ecco, io scaccio demòni e compio guarigioni oggi e domani; e il terzo giorno la mia opera è compiuta. Però è necessario che oggi, domani e il giorno seguente io prosegua nel cammino, perché non è possibile che un profeta muoia fuori di Gerusalemme”. Gerusalemme, Gerusalemme, tu che uccidi i profeti e lapidi quelli che sono stati mandati a te: quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come una chioccia i suoi pulcini sotto le ali, e voi non avete voluto! Ecco, la vostra casa è abbandonata a voi! Vi dico infatti che non mi vedrete, finché verrà il tempo in cui direte: Benedetto colui che viene nel nome del Signore!» (Lc 13,31-35).
Il desiderio di Erode viene esaudito il giorno della condanna a morte di Gesù. Erode avrebbe potuto impedire che Gesù morisse. Non lo fece. La sua curiosità non si è realizzata e lui lo rimandò a Pilato. I miracoli per Gesù sono segni di salvezza, non opere mirabili, di prestigio per soddisfare il cuore impenitente del re e neanche per salvare la sua vita. Di certo sarebbe stato sufficiente un solo prodigio ed Erode mai avrebbe rimandato Gesù nuovamente a Pilato. Ora però lui ha visto e la visione di Cristo lo condannerà per l’eternità. Ha visto, ma non ha creduto.
Tutta l’assemblea si alzò; lo condussero da Pilato e cominciarono ad accusarlo: «Abbiamo trovato costui che metteva in agitazione il nostro popolo, impediva di pagare tributi a Cesare e affermava di essere Cristo re». Pilato allora lo interrogò: «Sei tu il re dei Giudei?». Ed egli rispose: «Tu lo dici». Pilato disse ai capi dei sacerdoti e alla folla: «Non trovo in quest’uomo alcun motivo di condanna». Ma essi insistevano dicendo: «Costui solleva il popolo, insegnando per tutta la Giudea, dopo aver cominciato dalla Galilea, fino a qui». Udito ciò, Pilato domandò se quell’uomo era Galileo e, saputo che stava sotto l’autorità di Erode, lo rinviò a Erode, che in quei giorni si trovava anch’egli a Gerusalemme.
Vedendo Gesù, Erode si rallegrò molto. Da molto tempo infatti desiderava vederlo, per averne sentito parlare, e sperava di vedere qualche miracolo fatto da lui. Lo interrogò, facendogli molte domande, ma egli non gli rispose nulla. Erano presenti anche i capi dei sacerdoti e gli scribi, e insistevano nell’accusarlo. Allora anche Erode, con i suoi soldati, lo insultò, si fece beffe di lui, gli mise addosso una splendida veste e lo rimandò a Pilato. In quel giorno Erode e Pilato diventarono amici tra loro; prima infatti tra loro vi era stata inimicizia (Lc 23,1-12).
Dio sempre offre la grazia della salvezza ad ogni uomo. Le sue vie sono misteriose. Esse sono pensate dalla sua sapienza eterna. Nessun uomo dal Signore viene abbandonato. Tutti cercati. Da tutti Cristo è mandato. Ognuno si perde per sua colpa.
Ogni incontro con una persona di Dio è dono di salvezza da parte del Padre. Lui ti ha cercato, ti ha accolto nella sua casa, non lo hai riconosciuto, lo hai insultato, schernito e oltraggiato. Sei responsabile del tuo rifiuto. Avresti dovuto riconoscerlo, convertirti, umiliarti dinanzi a Lui, chiedere umilmente perdono, affermare la sua innocenza.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci desiderare Cristo Gesù.

Mercoledì XXV settimana del Tempo Ordinario Anno A

Mercoledì della XXV settimana del Tempo Ordinario Anno A
San Vincenzo de’ Paoli
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 9,1-6)
Quanto a coloro che non vi accolgono,
uscite dalla loro città e scuotete la polvere dai vostri piedi.

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 9,1-6)

In quel tempo, Gesù convocò i Dodici e diede loro forza e potere su tutti i demòni e di guarire le malattie. E li mandò ad annunciare il regno di Dio e a guarire gli infermi.
Disse loro: «Non prendete nulla per il viaggio, né bastone, né sacca, né pane, né denaro, e non portatevi due tuniche. In qualunque casa entriate, rimanete là, e di là poi ripartite. Quanto a coloro che non vi accolgono, uscite dalla loro città e scuotete la polvere dai vostri piedi come testimonianza contro di loro».
Allora essi uscirono e giravano di villaggio in villaggio, ovunque annunciando la buona notizia e operando guarigioni. Parola del Signore.

RIFLESSIONI

S. Vincenzo (Pony presso Dax, Francia, 1581 – Parigi, Francia, 27 settembre 1660), sacerdote, parroco si dedicò dapprima all’evangelizzazione delle popolazioni rurali, fu cappellano delle galere e apostolo della carità in mezzo ai poveri, i malati e i sofferenti. Alla sua scuola si formarono sacerdoti, religiosi e laici che furono gli animatori della Chiesa di Francia, e la sua voce si rese interprete dei diritti degli umili presso i potenti. Promosse una forma semplice e popolare di evangelizzazione. Fondò i Preti della Missione (Lazzaristi – 1625) e insieme a santa Luisa de Marillac, le Figlie della Carità (1633).

In qualunque casa entriate, rimanete là, e di là poi ripartite
Dinanzi ad ogni discepolo di Gesù ci sono due forze o potenze invincibili da qualsiasi energia o risorsa che proviene dal cuore, dalla mente, dalla scienza, dalla dottrina, dall’intelligenza, dalla sapienza dell’uomo. Nulla che scaturisce dall’uomo ha la potestà di eliminare, cancellare, abolire queste due forze che sono il demonio e la malattia.
Dinanzi a queste due forze l’uomo sperimenta tutta la sua pochezza, il suo niente. L’impossibilità non è neanche imparziale. Essa è assoluta. L’uomo semplicemente non può. Questa la sua verità. Gesù conosce questa naturale incapacità dell’uomo e dona ai suoi discepoli la forza e il potere su tutti i demòni e di guarire le malattie. Conferisce loro un potere divino, una forza celeste, una capacità soprannaturale.
Questo potere e questa forza agiscono in loro in un solo modo: se sono finalizzati unicamente ed esclusivamente per l’edificazione del regno di Dio tra gli uomini. Questa forza e questo potere non sono fine a se stessi. Dio non manda i discepoli nel mondo per sanare i malati e per liberarli dal demonio, per poi lasciarli nel mondo del peccato o dell’ignoranza di Dio, nella non fede e nella non verità.
Gesù manda nel mondo i suoi discepoli per edificare il regno di Dio, segno di questa loro opera è la distruzione del regno di satana e dalla sue conseguenze che sono la morte, la malattia, la sofferenza, il vizio, il peccato, ogni altra schiavitù materiale e spirituale dell’uomo. Se non vi è edificazione nei cuori del regno di Dio, il potere diviene debolezza e la forza inesistente, vana. Non agisce perché separata dal suo fine.
Gesù chiede ai suoi apostoli una grande libertà dai beni di questo mondo. Li vuole anche liberi dalla ricerca di comodità e di agi. Si devono accontentare, essere gioiosi per quel poco che ogni giorno il Signore darà loro, servendosi della carità dei suoi figli. La libertà dal denaro e dalla cose di questo mondo è la verità del discepolo di Gesù. Un discepolo di Gesù è vero se è libero dalle cose di quaggiù. È falso se è attaccato alle cose di questo mondo. È doppiamente falso se si serve del suo ministero per arricchirsi o fare denaro a basso prezzo, al prezzo della sua simonia mascherata che lega la sua prestazione del sacro e delle cose sante alle offerte.
La credibilità del discepolo del Signore è data tutta dalla sua libertà dalle cose della terra. È questa la prima santità che lui deve mostrare al mondo. Se è libero, è santo: se non è libero, non è santo. Se è libero è credibile. Se non è libero, mai sarà credibile. Sarà sempre giudicato, condannato. Lo si vedrà come un impiegato del sacro, mai come un missionario di Gesù Signore.
Il missionario di Gesù deve sempre essere rivestito di libertà, santità, prudenza, saggezza. Deve possedere nel cuore un solo desiderio: che il Signore lo rivesta di credibilità e lo accrediti nella verità del Vangelo. Solo così ogni persona da lui incontrata potrà accogliere la Parola da lui seminata nel cuore ed entrare nel Regno.
Vergine Maria, Madre di Dio, rivesti il nostro cuore e la nostra anima della tua stessa libertà e santità. Angeli e Santi di Dio, rendeteci missionari credibili della Parola.

Martedì XXV settimana del Tempo Ordinario Anno A

Martedì della XXV settimana del Tempo Ordinario Anno A
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 8,19-21)
Mia madre e miei fratelli sono questi:
chi ascoltano la parola di Dio e la mette in pratica.

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 8,19-21)
In quel tempo, andarono da Gesù la madre e i suoi fratelli, ma non potevano avvicinarlo a causa della folla.
Gli fecero sapere: «Tua madre e i tuoi fratelli stanno fuori e desiderano vederti».
Ma egli rispose loro: «Mia madre e miei fratelli sono questi: coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica». Parola del Signore.

RIFLESSIONI

La Sacra Scrittura parla della “casa di Dio”, il Vangelo della famiglia di Gesù, ed è facile vedere il rapporto, poiché nella Sacra Scrittura la parola “casa” può significare sia un edificio sia una famiglia. Per esempio, quando la Bibbia parla della “casa di Davide” può essere la sua abitazione, ma più spesso si tratta della famiglia, della stirpe di Davide.
Secondo le parole di Gesù, se noi ascoltiamo la parola di Dio e la mettiamo in pratica, diventiamo suoi fratelli, anzi sua madre, formiamo cioè la sua famiglia: siamo la “casa di Dio”, cioè nello stesso tempo la sua famiglia e il suo tempio. Si realizza così il progetto di Dio di abitare con gli uomini, non soltanto in mezzo a loro, ma in loro e di unirli tutti in un’alleanza che fa di essi un unico edificio, un’unica famiglia e addirittura un unico corpo, il corpo di Cristo.
Sentiamo risuonare le parole della Sacra Scrittura: “Mia delizia è stare coi figli degli uomini”; “Ecco verranno giorni nei quali con la casa di Israele e con la casa di Giuda io concluderò un’alleanza nuova. Porrò la mia legge nel loro animo, la scriverò nel loro cuore. Allora io sarò il loro Dio ed essi il mio popolo” (Ger 31,31.32); “E il Verbo si fece carne e venne ad abitare m mezzo a noi” (Gv 1, 14). E ancora: “Stringendovi a lui, pietra viva,… anche voi venite impiegati come pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale” (1 Pt 2,45); “Voi non siete più stranieri né ospiti, ma siete concittadini dei santi e familiari di Dio… Voi insieme con gli altri venite edificati per diventare dimora di Dio” (Ef 2, 19.22); “Ora voi siete corpo di Cristo e sue membra, ciascuno per la sua parte” (1 Cor 12,27). Dalla profezia alla realizzazione: attraverso i secoli Dio ha fatto intravedere il suo meraviglioso disegno fino alla sua realizzazione nella pienezza dei tempi.
Tutte le nostre azioni devono tendere a questo scopo: formare il tempio di Dio, la famiglia di Dio, il corpo di Cristo. Per giungere a questa meta il mezzo essenziale è ascoltare la parola di Dio, accogliere la parola di Dio che ci trasforma, facendo di noi pietre vive che possono entrare nella costruzione della casa di Dio. La parola di Dio è potenza di Dio ed è capace di assimilarci al suo progetto perché davvero possiamo “santificare il suo nome” essendo famiglia del Signore, corpo di Cristo.

Lunedì XXV settimana del Tempo Ordinario Anno A

Lunedì della XXV settimana del Tempo Ordinario Anno A
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 8,16-18)
Non c’è nulla di nascosto che non sia conosciuto e venga in piena luce.

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 8,16-18)

In quel tempo, Gesù disse alla folla:
«Nessuno accende una lampada e la copre con un vaso o la mette sotto un letto, ma la pone su un candelabro, perché chi entra veda la luce.
Non c’è nulla di segreto che non sia manifestato, nulla di nascosto che non sia conosciuto e venga in piena luce.
Fate attenzione dunque a come ascoltate; perché a chi ha, sarà dato, ma a chi non ha, sarà tolto anche ciò che crede di avere». Parola del Signore.

RIFLESSIONI

Sarà tolto anche ciò che crede di avere
Ormai tutto il mondo, e anche quasi la totalità dei cristiani, hanno un Dio fabbricato, fuso, non però con oro e argento, ma con i molti loro pensieri. Apparentemente si adora un Dio fuori di noi, in verità adoriamo i nostri pensieri come vero Dio. Così il pensiero dell’uomo sta realmente divenendo il Dio unico. Avendo però ognuno il suo pensiero, il Dio adorato è personale per ogni suo adoratore, così come personale è il pensiero per ogni persona che lo elabora. Poiché nulla è più fugace del pensiero, ecco che il Dio adorato muta, evolve, cambia con repentinità e mai risulta identico a quello di ieri. Questa è purtroppo la condizione religiosa del mondo contemporaneo. Adoriamo un Dio senza verità, senza storia, senza identità, senza Parola, senza volontà.
Che non si creda nel Dio vero, nel Padre del Signore Gesù Cristo, lo attesta il fatto che nessuno più crede nella sua Parola data come infallibilmente, perennemente, eternamente, immutabilmente vera. Se credessimo nella verità della sua Parola, daremmo alla nostra vita una direzione ben diversa. Poiché noi pensiamo che la sua Parola sia come la nostra – la coerenza ad essa dura solo per pochi istanti, poi dobbiamo cambiarla, perché è cambiata la condizione storica in cui essa è stata proferita – nessuno si affatica per metterla in pratica, per darle vita nella sua carne. E così crediamo di adorare il vero Dio e siamo adoratori di un idolo. Siamo convinti che siamo tutti salvi, mentre in realtà attestiamo con le opere di morte che nessuna salvezza si è compiuta in noi. Immaginiamo di essere nella verità mentre inseguiamo menzogne e falsità. Ci crediamo vivi e invece siamo morti alla luce eterna. Essendo il nostro Dio ridotto ad un idolo, Lui è divenuto per noi in tutto simile ad uno spauracchio.
Ascoltate la parola che il Signore vi rivolge, casa di Israele. Così dice il Signore: «Non imparate la condotta delle nazioni e non abbiate paura dei segni del cielo, poiché di essi hanno paura le nazioni. Perché ciò che provoca la paura dei popoli è un nulla, non è che un legno tagliato nel bosco, opera delle mani di un intagliatore. Li abbelliscono di argento e di oro, li fissano con chiodi e con martelli, perché non traballino. Gli idoli sono come uno spauracchio in un campo di cetrioli: non sanno parlare; bisogna portarli, perché non possono camminare. Non temeteli: non fanno alcun male, come non possono neppure fare del bene». Nessuno è come te, Signore; tu sei grande e grande è la potenza del tuo nome. Chi non temerà te, o re delle nazioni? A te solo questo è dovuto: fra tutti i sapienti delle nazioni e in tutti i loro regni nessuno è simile a te. Tutti sono stolti e sciocchi, vana la loro dottrina, come un pezzo di legno (Ger 10,1-8).
Come infatti uno spauracchio che in un campo di cetrioli nulla protegge, tali sono i loro dèi di legno, d’oro e d’argento; ancora, i loro dèi di legno, d’oro e d’argento si possono paragonare a un arbusto spinoso in un giardino, su cui si posa ogni sorta di uccelli, o anche a un cadavere gettato nelle tenebre. Dalla porpora e dal bisso che si logorano su di loro comprenderete che non sono dèi; infine saranno divorati e nel paese saranno una vergogna. È migliore dunque un uomo giusto che non abbia idoli, perché sarà lontano dal disonore (Bar 6,69-72).
Il nostro Dio è il Signore della storia. Lui innalza e abbassa, sradica e pianta, costruisce e distrugge, dona ma anche toglie. Se noi avessimo una fede vera in Lui, vedremmo la sua azione su popoli, regni, nazioni, uomini e cose. Lui è il solo Signore.
Il Signore non dona la grazia di essere discepoli di Gesù per vivere nel nascondimento, per vergognarsi di Cristo, per rinnegarlo ogni giorno nella storia. Dio lo ha acceso come sua vera luce perché illumini con la sua verità ogni altro uomo. Se non farà questo, il Signore lo priverà della sua luce e lo renderà tenebra ed oscurità. Se il cristiano rimane segreto, è segno che non è luce. È sufficiente infatti una sola parola, una sola decisione per attestare la sua verità. O vivrà da vera luce o diverrà tenebra eterna.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci vera luce in Cristo Gesù.

XXV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO A

XXV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO A
Dal Vangelo secondo Matteo. (Mt 20,1-16)
Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi.

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Matteo. (Mt 20,1-16)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola:
«Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, e disse loro: “Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò”. Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno e verso le tre, e fece altrettanto. Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: “Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?”. Gli risposero: “Perché nessuno ci ha presi a giornata”. Ed egli disse loro: “Andate anche voi nella vigna”.
Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: “Chiama i lavoratori e dai loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi”. Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch’essi ricevettero ciascuno un denaro. Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone dicendo: “Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo”.
Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”. Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi». Parola del Signore.

RIFLESSIONI

Gesù ci svela quanto la sua logica sia diversa dalla nostra e la superi. 
Nella sua vigna c’è spazio per tutti e ogni ora può essere quella giusta. Così come ogni nostra situazione di vita deve essere la vigna che ci è affidata per curarla e metterla in grado di portare molto frutto e questo non per rinchiuderci egoisticamente in un ambito ristretto ma per riconoscerci, a partire dal concreto dell’esistenza, “lanciati sulle frontiere della storia”, per essere cioè veri evangelizzatori e missionari.
Siamo tutti pronti a riconoscerci tra gli operai che hanno accettato l’invito della prima ora, ma quale potrà essere la chiamata che il Signore ci riserva per l’ultima ora, per la sera della nostra vita?
Riconoscersi tra i chiamati alla salvezza deve significare renderci disponibili ad accogliere ogni chiamata, anche la meno gratificante, la più difficile e dolorosa.

Sabato XXIV settimana del Tempo Ordinario Anno A

Sabato della XXIV settimana del Tempo Ordinario Anno A
San Pio da Pietrelcina   
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 8,4-15)
Il seminatore uscì a seminare il suo seme.
Chi ha orecchi per ascoltare, ascolti!

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 8,4-15)

In quel tempo, poiché una grande folla si radunava e accorreva a lui gente da ogni città, Gesù disse con una parabola: «Il seminatore uscì a seminare il suo seme. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada e fu calpestata, e gli uccelli del cielo la mangiarono. Un’altra parte cadde sulla pietra e, appena germogliata, seccò per mancanza di umidità. Un’altra parte cadde in mezzo ai rovi e i rovi, cresciuti insieme con essa, la soffocarono. Un’altra parte cadde sul terreno buono, germogliò e fruttò cento volte tanto». Detto questo, esclamò: «Chi ha orecchi per ascoltare, ascolti!».
I suoi discepoli lo interrogavano sul significato della parabola. Ed egli disse: «A voi è dato conoscere i misteri del regno di Dio, ma agli altri solo con parabole, affinché
vedendo non vedano
e ascoltando non comprendano.
Il significato della parabola è questo: il seme è la parola di Dio. I semi caduti lungo la strada sono coloro che l’hanno ascoltata, ma poi viene il diavolo e porta via la Parola dal loro cuore, perché non avvenga che, credendo, siano salvati. Quelli sulla pietra sono coloro che, quando ascoltano, ricevono la Parola con gioia, ma non hanno radici; credono per un certo tempo, ma nel tempo della prova vengono meno. Quello caduto in mezzo ai rovi sono coloro che, dopo aver ascoltato, strada facendo si lasciano soffocare da preoccupazioni, ricchezze e piaceri della vita e non giungono a maturazione. Quello sul terreno buono sono coloro che, dopo aver ascoltato la Parola con cuore integro e buono, la custodiscono e producono frutto con perseveranza. Parola del Signore.

RIFLESSIONI

San Pio nacque a Pietrelcina presso Benevento (Italia) nel 1887. Entrò nell’ordine dei Frati minori cappuccini e, promosso al presbiterato, esercitò con grandissima dedizione il ministero sacerdotale soprattutto nel convento di San Giovanni Rotondo in Puglia. Servì nella preghiera e nell’umiltà il popolo di Dio attraverso la direzione spirituale, la riconciliazione dei penitenti e una particolare cura per i malati e i poveri. Pienamente configurato a Cristo Crocifisso, portò a compimento il suo cammino terreno il 23 settembre 1968.

La custodiscono e producono frutto con perseveranza
Perché sulla terra si costruisca il regno dei cieli la sola cosa necessaria è che venga seminata la Parola di Dio. Uno può essere l’uomo più pieno di carità di questo mondo, può dare anche il suo corpo per essere mangiato, tutte le sue sostanze per essere consumate, ma se non annunzia la Parola il regno dei cieli non nasce nei cuori. La carità, l’elemosina, ogni altra opera di bene serve per accreditarci come veri discepoli di Gesù. La carità ci accredita, la semina della Parola ci fa suoi missionari, ci costituisce costruttori del regno di Dio sulla nostra terra. Sostituire la Parola con la carità è stoltezza, è tentazione di Satana. La carità si aggiunge, non è mai sostitutiva.
Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,18-20).
I discepoli devono andare, fare discepoli di Gesù tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che Lui ha comandato, cioè la Parola, il Vangelo. Perché questo non avvenga Satana si serve di due potentissime tentazioni: la sostituzione della Parola di Gesù con la parola dell’uomo, sia essa anche teologica, filosofica o di altra natura; la sostituzione della Parola con le opere della carità. Una doccia e un piatto caldo vengono dati al posto della Parola. Così però nessun regno di Dio verrà mai edificato nel mondo.
Il missionario di Gesù deve sapere che non tutta la sua Parola produrrà frutti di vita eterna. Parte di essa cade sulla strada e viene divorata dagli uccelli. Parte cade sul terreno sassoso e non ha alcuna vitalità da parte della terra e per questo secca ai primi raggi del sole. Parte cade tra le spine e queste la soffocano e le impediscono di produrre frutti. Parte però cade sul terreno buono ed essa produce cento volte tanto. La Parola va seminata su ogni terreno. Il missionario non può stabilire lui su quale terreno seminare. Lui è mandato per dare la Parola a tutti sempre.
Mai si dovrà scoraggiare se vede che alcuni terreni non producono alcun frutto. Anche questo fa parte della sua missione: la non fruttificazione della Parola. A lui non è stato chiesto di vigilare su chi fruttifica e su chi non fruttifica. Il suo compito è specifico: seminare sempre, su ogni terreno. Ogni altra cosa è compito della grazia, dello Spirito Santo. Far fruttificare è il compito di Dio. Se però noi non seminiamo ininterrottamente, Dio mai potrà far fruttificare il suo seme. Non lo abbiamo posto nei cuori.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci seminatori della Parola.

SE ASCOLTATE OGGI LA VOCE DEL SIGNORE NON INDURITE I VOSTRI CUORI