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Giovedì Della XXI Settimana del Tempo Ordinario Anno C

Vegliate, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà.
Tenetevi pronti.

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 24,42-51)
Gesù disse ai suoi discepoli: «Vegliate, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo.
Chi è dunque il servo fidato e prudente, che il padrone ha messo a capo dei suoi domestici per dare loro il cibo a tempo debito? Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà ad agire così! Davvero io vi dico: lo metterà a capo di tutti i suoi beni.
Ma se quel servo malvagio dicesse in cuor suo: “Il mio padrone tarda”, e cominciasse a percuotere i suoi compagni e a mangiare e a bere con gli ubriaconi, il padrone di quel servo arriverà un giorno in cui non se l’aspetta e a un’ora che non sa, lo punirà severamente e gli infliggerà la sorte che meritano gli ipocriti: là sarà pianto e stridore di denti». Parola del Signore.

RIFLESSIONI

Il Signore chiede ad ogni suo discepolo di essere vigilante, attento, saggio, prudente, sempre al posto di lavoro. Ma qual è il posto del lavoro del cristiano? Esso è uno solo: essere sempre cristiano perfetto, da cristiano perfetto pensare, volere, decidere, agire, operare. Lasciarsi sempre muovere e condurre dallo Spirito Santo quotidianamente a tutta la verità. Presentarsi al mondo come vero Corpo di Cristo, Casa del Vangelo, Tempio vivo di Dio. Essere ogni giorno persona di grande comunione In Cristo, con Cristo, per Cristo. Questo è il suo posto e questo il suo lavoro.
Nessuno sa quando il Signore verrà. L’ora del giudizio di Dio sulla nostra vita è sempre ignoto. In ogni momento il nostro Dio potrebbe venire e quando Lui verrà dovrà trovarci al nostro posto di cristiani. San Paolo indica ai Romani una traccia da seguire, se vogliano essere trovati al loro posto. Vale anche per noi, anzi specialmente per noi.
Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, a offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale. Non conformatevi a questo mondo, ma lasciatevi trasformare rinnovando il vostro modo di pensare, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto. Per la grazia che mi è stata data, io dico a ciascuno di voi: non valutatevi più di quanto conviene, ma valutatevi in modo saggio e giusto, ciascuno secondo la misura di fede che Dio gli ha dato. Poiché, come in un solo corpo abbiamo molte membra e queste membra non hanno tutte la medesima funzione, così anche noi, pur essendo molti, siamo un solo corpo in Cristo e, ciascuno per la sua parte, siamo membra gli uni degli altri. Abbiamo doni diversi secondo la grazia data a ciascuno di noi: chi ha il dono della profezia la eserciti secondo ciò che detta la fede; chi ha un ministero attenda al ministero; chi insegna si dedichi all’insegnamento; chi esorta si dedichi all’esortazione. Chi dona, lo faccia con semplicità; chi presiede, presieda con diligenza; chi fa opere di misericordia, le compia con gioia. La carità non sia ipocrita: detestate il male, attaccatevi al bene; amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda. Non siate pigri nel fare il bene, siate invece ferventi nello spirito; servite il Signore. Siate lieti nella speranza, costanti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera. Condividete le necessità dei santi; siate premurosi nell’ospitalità. Benedite coloro che vi perseguitano, benedite e non maledite. Rallegratevi con quelli che sono nella gioia; piangete con quelli che sono nel pianto. Abbiate i medesimi sentimenti gli uni verso gli altri; non nutrite desideri di grandezza; volgetevi piuttosto a ciò che è umile. Non stimatevi sapienti da voi stessi. Non rendete a nessuno male per male. Cercate di compiere il bene davanti a tutti gli uomini. Se possibile, per quanto dipende da voi, vivete in pace con tutti. Non fatevi giustizia da voi stessi, carissimi, ma lasciate fare all’ira divina. Sta scritto infatti: Spetta a me fare giustizia, io darò a ciascuno il suo, dice il Signore. Al contrario, se il tuo nemico ha fame, dagli da mangiare; se ha sete, dagli da bere. Non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male con il bene (Rm 12,1-21).
Chi segue questa traccia di certo sarà sempre trovato al suo posto. Chi si discosta da essa, sarà trovato in altri luoghi e per lui il giudizio non sarà favorevole. Verrà giudicato in base alle sue opere e condannato perché non ha vissuto secondo il Vangelo.
L’eresia, negando questa verità, insegna che la vita eterna è per tutti, nessuno escluso. Io credo solo nella Parola di Gesù Signore. Lui solo è la Parola di verità per me.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci di purissima fede in Gesù.

Mercoledì Della XXI Settimana del Tempo Ordinario Anno C

Gesù: Prima che Filippo ti chiamasse,io ti ho visto.
Natanaèle: Rabbì, tu sei il Figlio di Dio.

TESTO
Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 1,45-51)

In quel tempo, Filippo trovò Natanaèle e gli disse: «Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè, nella Legge, e i Profeti: Gesù, il figlio di Giuseppe, di Nàzaret». Natanaèle gli disse: «Da Nàzaret può venire qualcosa di buono?». Filippo gli rispose: «Vieni e vedi».
Gesù intanto, visto Natanaèle che gli veniva incontro, disse di lui: «Ecco davvero un Israelita in cui non c’è falsità». Natanaèle gli domandò: «Come mi conosci?». Gli rispose Gesù: «Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto l’albero di fichi». Gli replicò Natanaèle: «Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d’Israele!». Gli rispose Gesù: «Perché ti ho detto che ti avevo visto sotto l’albero di fichi, tu credi? Vedrai cose più grandi di queste!».
Poi gli disse: «In verità, in verità io vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio dell’uomo». Parola del Signore.

RIFLESSIONI

Filippo incontra Natanaele e comunica all’amico di avere trovato il Messia nella persona di Gesù. L’annuncio di Filippo è una professione di fede che si fonda sulla Scrittura. Egli riconosce in Gesù l’Atteso di Israele (cfr Dt 18,18-19).
La reazione di Natanaele esprime il suo scetticismo: il Messia non può avere la sua patria in un villaggio insignificante come Nazaret.
Filippo non tenta di chiarire o risolvere il dubbio dell’amico, ma cerca di invitarlo ad un’esperienza personale con il Maestro, la stessa da lui vissuta in precedenza e che ha cambiato la sua vita.
Solo la fede è capace di far superare i motivi di scandalo e di autosufficienza umana. E Gesù la suscita in ogni uomo che si mette in ascolto della sua parola, come ha fatto Natanaele, che acconsentì ad accogliere il mistero che Filippo gli proponeva con il semplice invito: “Vieni e vedi” (v. 46).
Gesù, che legge nel cuore dell’uomo, riconosce la prontezza, la ricerca sincera e il desiderio di Natanaele di incontrarsi con lui. E Gesù, vedendolo arrivare così aperto e disponibile, lo previene e lo saluta come un autentico rappresentante d’Israele in cui non c’è falsità. Secondo la spiegazione di qualcuno, Natanaele sarebbe chiamato da Gesù “israelita”, cioè degno del nome di Israele, perché questo nome significa “colui che vede Dio” e a Natanaele viene promessa la visione degli angeli che scendono e salgono sul figlio dell’uomo (v. 51).
Gesù conosce bene Natanaele, anche se lo incontra per la prima volta, perché egli conosce tutti (2,24) e sa cosa c’è nell’uomo (2,25). E Gesù dà a Natanaele una prova di conoscerlo bene: egli l’ha visto quando era sotto il fico. Sedere sotto il fico significa meditare e insegnare la Scrittura. Natanaele, dunque, è un uomo applicato allo studio della Scrittura che cerca e attende la venuta del Messia. Anche mentre ascoltava la spiegazione delle Scritture, era accompagnato e sostenuto dallo sguardo amoroso di Dio.
Natanaele, toccato nell’intimo del suo cuore per la conoscenza che Gesù ha di lui (nota solo a Dio), riconosce in Gesù il Messia ed esclama: “Tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d’Israele” (v. 49).
Con la sua fede nel Messia, Natanaele è già disposto ad un’ulteriore rivelazione di Gesù, che gli dice: “Vedrai cose maggiori di queste!” (v. 50). Gesù parla di una rivelazione continua del Padre, di un movimento di salita e discesa degli angeli, richiamando la scena di Giacobbe, nella quale il patriarca “fece un sogno: una scala poggiava sulla terra, mentre la sua cima raggiungeva il cielo; ed ecco gli angeli di Dio salivano e scendevano su di essa” ( Gen 28,12). Il salire e scendere è un richiamo alla realtà umana e divina di Gesù.
Egli, pur essendo tra gli uomini, è in comunione col Padre, è il “luogo” dove si manifesta il Padre, è la “casa di Dio”, è la “porta del cielo”(cfr Gen 28,17).
Gesù è la rivelazione del Padre, è il punto di unione tra cielo e terra, è il mediatore tra Dio e gli uomini, è la nuova scala di Giacobbe di cui Dio si serve per dialogare con l’uomo. In Gesù l’uomo trova il luogo ideale per fare esperienza di Dio che salva. La piena e definitiva rivelazione di Dio si avrà solo in Gesù risorto e seduto
alla destra del Padre nei cieli, dove salgono e scendono gli angeli di Dio.
Natanaele è stato trasformato dall’incontro con Gesù perché in lui non c’è falsità; si è accostato a Gesù con cuore sincero e semplice.

Martedì Della XXI Settimana del Tempo Ordinario Anno C

Guai a voi, scribi e farisei ipocriti.
Guide cieche, che filtrate il moscerino e ingoiate il cammello!

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 23,23.26)

In quel tempo, Gesù parlò dicendo: «Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pagate la decima sulla menta, sull’anéto e sul cumìno, e trasgredite le prescrizioni più gravi della Legge: la giustizia, la misericordia e la fedeltà. Queste invece erano le cose da fare, senza tralasciare quelle. Guide cieche, che filtrate il moscerino e ingoiate il cammello!
Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pulite l’esterno del bicchiere e del piatto, ma all’interno sono pieni di avidità e d’intemperanza. Fariseo cieco, pulisci prima l’interno del bicchiere, perché anche l’esterno diventi pulito!». Parola del Signore.

RIFLESSIONI

È una questione di proporzione, di equilibrio, di priorità. I farisei ormai mettevano tutto sullo stesso piano: non nella teoria, ricordiamoci che il più grande rabbino dell’epoca, Hillel, proponeva una graduatoria nell’importanza dei comandamenti, come Gesù; ma nella pratica. Per una religiosità basata essenzialmente sul “fare”, sull’osservanza scrupolosa dei precetti era fondamentale praticare con precisione ogni più piccola indicazione. Ma il risultato era che non si riusciva più a distinguere cosa era davvero importante… Così accade anche a noi oggi, purtroppo. Esiste una priorità di verità nella nostra fede, come ci ha ben ricordato il Concilio, e dobbiamo renderla evidente in ogni momento! Non tutto è uguale allo stesso modo e molte verità sono consequenziali ad altre. Troppo spesso, nelle nostre comunità, si attribuisce la stessa importanza ai grandi misteri della fede e alle consuetudini del parroco! Diamoci una scossa, ristabiliamo una priorità nelle nostre comunità per essere credibili!

Lunedì Della XXI Settimana del Tempo Ordinario Anno C

Gesù parlò dicendo:

«Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che chiudete il regno dei cieli davanti alla gente;
di fatto non entrate voi, e non lasciate entrare nemmeno quelli che vogliono entrare.

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 23,13-22)
In quel tempo, Gesù parlò dicendo:
«Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che chiudete il regno dei cieli davanti alla gente; di fatto non entrate voi, e non lasciate entrare nemmeno quelli che vogliono entrare.
Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che percorrete il mare e la terra per fare un solo prosèlito e, quando lo è divenuto, lo rendete degno della Geènna due volte più di voi.
Guai a voi, guide cieche, che dite: “Se uno giura per il tempio, non conta nulla; se invece uno giura per l’oro del tempio, resta obbligato”. Stolti e ciechi! Che cosa è più grande: l’oro o il tempio che rende sacro l’oro? E dite ancora: “Se uno giura per l’altare, non conta nulla; se invece uno giura per l’offerta che vi sta sopra, resta obbligato”. Ciechi! Che cosa è più grande: l’offerta o l’altare che rende sacra l’offerta? Ebbene, chi giura per l’altare, giura per l’altare e per quanto vi sta sopra; e chi giura per il tempio, giura per il tempio e per Colui che lo abita. E chi giura per il cielo, giura per il trono di Dio e per Colui che vi è assiso». Parola del Signore.

RIFLESSIONI

Chiudete il regno dei cieli davanti alla gente

Oggi si grida da ogni parte che le porte della misericordia di Dio sono aperte per tutti. Per questo anche la Chiesa deve aprire le sue porte, le porte della sua Eucaristia, del Sacramento del Perdono o della riconciliazione ad ogni persona. Ogni porta della grazia dovrà essere aperta. Nessuna dovrà essere o rimanere chiusa. Urge uscire, andare, essere moderni, anzi ultra moderni. La Chiesa necessita di svecchiarsi, ringiovanirsi, camminare al passo dell’uomo, dei tempi. Non possiamo più arroccarci su un passato che oggi nessuno più comprende.
Questo grido è giusto, santo, sacrosanto. Tuttavia una questione va sollevata, anzi è necessario che venga affrontata, con somma chiarezza di libertà evangelica. Diciamo subito che è la Parola di Dio che chiude le porte al male e le apre ad ogni bene. Se per aprire le porte si intende lasciare che il male entri e dimori nella Chiesa, allora il Vangelo ti dice che questo non è possibile. Se per aprire le porte significa dare a tutti l’assoluzione sacramentale e di conseguenza l’Eucarestia, il Vangelo ti dice che neanche questo è possibile. Per accedere al Sacramento del Perdono il Vangelo chiede il pentimento, la conversione, la volontà di non peccare più. Chiede che l’uomo sia fermamente deciso a tagliare ogni ponte con il male.
Se poi per svecchiare la Chiesa, svecchiare la verità, non si intende andare oltre il Vangelo, ma semplicemente liberarsi dalle modalità e dalle forme storiche di vivere e di incarnare il Vangelo, allora lo stesso Vangelo ti dice che questo è compito dello Spirito Santo. È Lui che deve suggerire forme, vie, modalità sempre nuove per incarnare la Parola di Gesù Signore. È il suo compito condurre alla verità tutta intera. Lo Spirito suggerisce a chi lo invoca, a quanti glielo chiedono, sempre le forme più appropriate perché Lui possa parlare ai cuori. Ma è Lui che deve parlare, agire, dialogare, convertire attraverso di noi e per questo l’unica e sola porta da aprire è quella del nostro cuore allo Spirito Santo. Quando lo Spirito è nel cuore, tutto si rinnova, perché Lui è il solo autentico divino creatore di vie e modalità nuove per l’incarnazione del Vangelo nella contemporaneità di ogni uomo.
Ma sempre quando si è senza lo Spirito del Signore si chiudono le porte alla salvezza, non attraverso le restrizioni, bensì per mezzo di quella licenza che ognuno si prende di dichiarare nullo il Vangelo, aprendo le porte del male. Accogliere oggi non significa cercare la pecora smarrita per portarla nell’ovile del Vangelo. Per il mondo accogliere ha un significato ben diverso. Vuole dichiarare corpo di Cristo e quindi con il diritto di accostarsi all’Eucaristia e agli altri Sacramenti ogni uomo così come esso è, senza chiedere che lasci la via del male e percorra la via del bene. Questa apertura di porte in verità è chiusura alla salvezza. I farisei chiudevano le porte per sostituzione della Legge del Signore con le loro molteplici norme, a volte pesanti da portare. Noi la chiudiamo con l’abolizione di ogni regola evangelica da vivere. Abolendo le regole evangeliche si apre la porta al male, mentre la Chiesa deve chiudere queste porte e aprire solo quelle del bene, della verità, della giustizia, secondo Cristo Signore.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, aggiornateci nella Parola.

XXI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO C

Un tale gli chiese: «Signore, sono pochi quelli che si salvano»?
Gesù disse loro: «Sforzatevi di entrare per la porta stretta».

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca
Lc 13,22-30
In quel tempo, Gesù passava insegnando per città e villaggi, mentre era in cammino verso Gerusalemme. Un tale gli chiese: «Signore, sono pochi quelli che si salvano?». Disse loro: «Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, Io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno. Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, voi, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: “Signore, aprici!”. Ma egli vi risponderà: “Non so di dove siete”. Allora comincerete a dire: “Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze”. Ma egli vi dichiarerà: “Voi, non so di dove siete. Allontanatevi da me, voi tutti operatori di iniquità!”. Là ci sarà pianto e stridore di denti, quando vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel Regno di Dio, voi invece cacciati fuori. Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel Regno di Dio. Ed ecco, vi sono ultimi che saranno primi, e vi sono primi che saranno ultimi».Parola del Signore.

RIFLESSIONI

Questo brano contiene alcune affermazioni di Gesù che causano sempre grande sofferenza, pensando alla condizione spirituale di molti cristiani, anche Consacrati e Prelati, senza dimenticare quanti sono lontani o contrari al cristianesimo.
Gesù Cristo parla di amore, misericordia, umiltà, rispetto del prossimo, amicizia, perdono e comprensione.
Noi cristiani abbiamo come dovere il rispetto verso ogni prossimo, ogni persona che conosciamo e incontriamo.
Non è assolutamente scritto nel Vangelo la parola odio o la reazione contro i nemici, al contrario Gesù ci ha insegnato a perdonare e ad amare anche i nostri nemici.
È evidente, Dio è Amore, un Padre che ha mandato il Figlio come atto di misericordia e di perdono.
Noi desideriamo la pace in tutti i cuori e la gioia nella vita di tutte le persone del mondo! In noi non può essere presente l’odio.
A molti Gesù dirà nel Giudizio: “Voi, non so di dove siete. Allontanatevi da me, voi tutti operatori di iniquità!”.
Non lo dirà solo ai non credenti o ai peccatori ostinati, lo dirà anche a quanti si illudono di vivere da cristiani ma non lo sono.
Le parole di Gesù sono rivolte, infatti, a quelli che presumono di seguirlo senza però convertirsi: “Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze”. L’agire nel Nome di Gesù non comporta necessariamente il compimento della sua volontà.
L’agire deve essere conforme a quanto chiede il Signore nel Vangelo.
Oggi Gesù risponde a una domanda che suscita una riflessione molto importante. “Signore, sono pochi quelli che si salvano?”. La curiosità o il desiderio di capire la destinazione finale di molti, fa porre questo interrogativo che Gesù risolve con poche e impegnative parole.
Non risponde dando una precisa quantità dei salvati, ma invita a fare quello che permette di ottenere la salvezza eterna. “Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, Io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno”.
Gesù afferma che sono molti quelli che non riescono ad entrare in Paradiso, certamente di più sono gli atei e i grandi peccatori, ma bisogna ammettere che anche quanti conoscono Gesù e scelgono di vivere in maniera opposta al Vangelo, non possono considerarsi tranquilli.
Ciò che colpisce è l’ostinazione di quanti tradiscono il Signore e pretendono la salvezza: “Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze”. Queste loro pretese devono fare riflettere tutti, soprattutto quanti hanno responsabilità nella Chiesa e per rispetto umano, per convenienze personali, preferiscono accontentare gli uomini e non Dio.

Sabato della XX settimana del Tempo Ordinario Anno C

Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei.
Osservate ciò che dicono, ma non agite secondo le loro opere.

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 23,1-12)

In quel tempo, Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo:
«Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno. Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito.
Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente: allargano i loro filattèri e allungano le frange; si compiacciono dei posti d’onore nei banchetti, dei primi seggi nelle sinagoghe, dei saluti nelle piazze, come anche di essere chiamati “rabbì” dalla gente.
Ma voi non fatevi chiamare “rabbì”, perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli. E non chiamate “padre” nessuno di voi sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste. E non fatevi chiamare “guide”, perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo.
Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato». Parola del Signore.

RIFLESSIONI

Chiaramente qui Gesù si riferisce agli scribi e ai farisei, erano dirette a loro le sue disapprovazioni verso queste false guide morali, sempre pronte ad accusare chi commetteva anche un piccolo errore e a giustificare i loro crimini.
Non meritavano l’appellativo di guide o rabbì o padre. Erano lo scandalo più forte presente nella religione ebraica e la loro instabilità fuorviava il popolo.

Il rischio c’è, siamo onesti. È un rischio che corre ogni esperienza religiosa: quello di inaridirsi, di irrigidirsi, di scordare l’essenziale ed appiattirsi sul superfluo. Così, Gesù giudica duramente l’atteggiamento dei farisei, dei dottori della Legge, degli scribi di cui, pure, riconosce l’autorevolezza, invitando a seguirne gli insegnamenti, ma non le opere. Quanto è vero, amici! La ragione per cui molte persone non credono nel Signore non è proprio la nostra incoerenza? E noi cristiani, a volte, non smentiamo con la nostra vita le parole che professiamo? Tutti noi abbiamo incontrato dei cristiani ferventi che, nella realtà delle situazioni, si rivelano delle pessime persone! Predicano misericordia e giudicano impietosamente. Parlano di servizio e si fanno gli affari propri. Dedicano tempo a Dio e sono scortesi e avari con gli uomini. Che grande responsabilità che è data, amici! E Gesù ci illustra come vivere in coerenza: non ostentando la fede, non prendendoci per maestri e dottori, capaci di calare nel quotidiano la Parola che ci scruta e ci giudica, vivendo in un atteggiamento di servizio reciproco. Viviamo la nostra giornata all’insegna della verità del vangelo!

Venerdì della XX settimana del Tempo Ordinario Anno C

Un dottore della Legge interrogò Gesù per metterlo alla prova.
Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 22,34-40)
In quel tempo, i farisei, avendo udito che Gesù aveva chiuso la bocca ai sadducèi, si riunirono insieme e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: «Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?».
Gli rispose: «”Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”. Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti». Parola del Signore.

RIFLESSIONI

In questa società confusa ognuno ha i suoi comandamenti, le sue leggi scaturite spesso da conoscenze apprese nei luoghi più imprevedibili. Sono i precetti che la persona cristallizza in sé e che considera come l’unico modo per vivere bene. Illudendosi.
La gravità delle norme di vita che una persona si costruisce, porta al fallimento inevitabile, perché non c’è Dio nella vita dissoluta e dedita esclusivamente ai piaceri del mondo. La convinzione dei senza Dio è quella di considerare questa come l’unica vita e si persuadono che bisogna viverla secondo le proprie convinzioni.
Nessuno di questi è mai stato felice veramente, la vera felicità è principalmente interiore e si espande in tutto ciò che vive la persona.
Perché Dio vuole che viviamo nella vera felicità in questa vita, e questa comprende anche ogni normale aspetto della vita sociale, come i viaggi, la frequenza di luoghi pubblici e di divertimento sano, insomma tutto ciò che lecitamente una persona normale vuole compiere.

Questo è il grande e primo comandamento

I farisei vogliono la morte di Gesù. Hanno però bisogno di un pretesto legale per poterlo accusare e toglierlo di mezzo. Per questo cercano di farlo cadere in qualche parola pronunciata dalla sua bocca. È sufficiente una sola frase considerata da loro blasfema per una immediata sentenza di lapidazione. Gesù però conosce la malizia del loro cuore. Sa quali sono le loro vere intenzioni e risponde sempre con somma sapienza e intelligenza nello Spirito Santo. Dalla sua bocca esce sempre una parola purissima di verità e nessun cuore, neanche il più malvagio, la potrà mai dichiarare bestemmia. Solo dinanzi al sinedrio, sotto giuramento, Gesù è obbligato a dichiarare la sua eterna e divina verità, la sua vera identità di Figlio dell’uomo. È accusato di bestemmia e consegnato a Pilato, il solo a quei tempi con potere di vita e di morte.
I farisei studiano come far cadere Gesù. Gli pongono una domanda complessa, difficile, a loro giudizio, inestricabile. Le scuole del tempo erano divise sull’argomento. La risposta di Gesù senz’altro avrebbe messo fuori gioco qualche grande maestro che di certo sarebbe insorto contro di Lui. Gesù invece con semplicità divina riporta tutto alla Parola del Padre suo. Vi è la rivelazione. Ad essa ci si deve rivolgere quando si vuole dare ad ogni questione una risposta sicura. La rivelazione è manifestazione della divina volontà e contro di essa non vi possono mai essere pensieri differenti.Questa metodologia di Gesù va osservata sempre. Anche oggi si parla di comandamenti più importanti, meno importanti. Si discute su norme morali assolute, meno assolute, insignificanti, non utili, da modificare, trasformare, rinnovare. Si fa un grande chiasso anche attorno a delle verità centrali della nostra fede quali la misericordia di Dio, la sua giustizia, il futuro eterno dell’uomo, ma anche il modo più idoneo per essere oggi Chiesa vera del Dio vivente.
Sarebbe sufficiente servirci del metodo di Cristo Gesù per dare soluzione vera ad ogni nostra domanda. Invece sempre si parte dal cuore dell’uomo, dai suoi desideri, dal suo peccato.
Il cuore dell’uomo non è principio di verità, di moralità, di rette regole da osservare. Nel cuore dell’uomo regna il peccato e le sue norme sono sempre la giustificazione del malessere che lo rode e corrode dentro. Urge invece partire sempre dal cuore di Dio. È Dio la sorgente della verità, della moralità, della giustizia, delle sane regole per la celebrazione bene ordinata e santa del nostro culto. Il cuore del Padre è tutto nel cuore di Cristo. Il cuore di Cristo è posto interamente nella sua Parola. Si prende la Parola in mano, la si legge. Si invoca lo Spirito Santo perché ce ne offra la verità tutta intera. Si dona soluzione giusta a tutte le problematiche che ci affliggono.
Il desiderio dell’uomo è utile per un solo fine: interrogare con sapienza e intelligenza di Spirito Santo la divina Parola di Gesù Signore. È il Vangelo che deve offrirci ogni soluzione. Il Vangelo però va letto non con il cuore di peccato, bensì con il cuore ricolmo di Spirito Santo, pieno di saggezza e intelligenza divina, luce eterna e purissima verità. Se ignoriamo questa verità, possiamo dare anche delle soluzioni per noi ritenute santissime, ma poiché esse non vengono ratificate da Dio, non saranno mai soluzioni di vita, bensì apertura di ogni porta verso la morte. Gesù invece, divinamente saggio e illuminato, legge secondo verità la Parola del Padre e in essa trova ogni risposta a tutte le domande che farisei, scribi, sadducei gli pongono per farlo cadere e così avere di che accusarlo per una immediata e pronta condanna.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci la metodologia di Gesù.

Giovedì della XX settimana del Tempo Ordinario Anno C

Dite agli invitati: Ecco, ho preparato il mio pranzo.
Ma quelli non se ne curarono.

Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 22,1-14)
In quel tempo, Gesù, riprese a parlare con parabole ai capi dei sacerdoti e ai farisei e disse: «Il Regno dei Cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: “Dite agli invitati: Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”. Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali. Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l’abito nuziale. Gli disse: “Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?”. Quello ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: “Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”. Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti». Parola del Signore

RIFLESSIONI

Tutti siamo chiamati al banchetto nuziale, ognuno di noi in peculiari circostanze, ma la chiamata a vivere il Vangelo riguarda proprio tutti.
Oggi Gesù ci parla di un re che preparò un banchetto per celebrare le nozze di suo figlio, e inviò i suoi servi a chiamare gli invitati.
Dal racconto leggiamo che molte volte alla generosità di Dio corrispondiamo con freddezza e indifferenza. Inviò i suoi servi a chiamare gli invitati ma questi non risposero all’invito. Quante volte Dio chiama alla conversione con ispirazioni e con avvenimenti che fanno riflettere, ma si rimane insensibili, aggrappati all’unica certezza che è l’orgoglio?
Molti oggi intravedono il passaggio di Gesù nella loro vita, attraverso la sofferenza o di prove che tutti incontriamo prima o poi, ma non fermano il Signore e non Lo invitano a casa loro, nelle loro anime. E Gesù passa oltre…
Nel Vangelo vediamo che gli invitati al banchetto nuziale rifiutano di lasciare i loro impegni per onorare il re, come quelli che non riconoscono la regalità di Cristo e non Lo adorano, non Lo seguono. Però Dio continua ad invitare anche i non credenti, fino a quando ribadiscono il definitivo rifiuto.
“Quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero”.
Gesù ha raccontato questa parabola con grande dolore, considerando quante scuse avrebbe ricevuto lungo i secoli I cibi preparati con tanta cura rimangono sulla mensa e la sala resta vuota, perché Gesù non costringe nessuno.
Dio è però un Padre paziente e rinnova fino a un certo limite l’invito a prendere parte alla festa nuziale di suo Figlio, invia nuovamente i suoi servi a convocare gli invitati: “Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”.
Gli invitati, però, non prestarono la minima attenzione all’invito che equivaleva la salvezza eterna e al miglioramento della loro condizione in questa vita: se ne andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari.
Così vivono quelli che hanno dimenticato Dio e si illudono di rimanere in questa valle di lacrime per millenni.
Non riescono a riflettere minimamente che tutto passa, solo Dio rimane eternamente e vuole renderci felici qui e beati in Cielo.
Gli altri invitati non si limitarono a respingere l’invito: si rivoltarono contro il re. Risposero con la violenza e sappiamo che questa profezia riguardava Gesù. Oggi nella Chiesa ci sono anche quelli che reagiscono alla Parola di Dio con atteggiamenti di rifiuto, come se si trattasse di una parola umana e cercano di stravolgerla.

Mercoledì della XX settimana del Tempo Ordinario Anno C

 Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro?Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te.

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 20,1-16)

Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola:
«Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, e disse loro: “Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò”. Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno, e verso le tre, e fece altrettanto. Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: “Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?”. Gli risposero: “Perché nessuno ci ha presi a giornata”. Ed egli disse loro: “Andate anche voi nella vigna”.
Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: “Chiama i lavoratori e da’ loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi”. Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch’essi ricevettero ciascuno un denaro. Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone dicendo: “Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo”.
Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”.
Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi». Parola del Signore.

RIFLESSIONI

Quante volte abbiamo sentito dai bambini porci questo interrogativo: “se io faccio la cosa che mi hai chiesto, tu che cosa mi dai?”
È un po’ la stessa domanda che troviamo nei versetti precedenti il brano odierno. Pietro si rivolge a Gesù e gli dice: “e noi? Noi che abbiamo lasciato tutto per seguirti, che cosa avremo in cambio?”.
È come se Pietro cercasse una ricompensa.
Gesù con la sua risposta, vuole far capire a Pietro e i suoi compagni che, per il fatto di “stare con Lui” hanno già ricevuto il centuplo. Essi infatti fanno già parte di quel “mondo nuovo”, di quella “rigenerazione” di tutte le cose, che con Gesù è già in atto ed avrà il suo compimento nella sua passione morte e resurrezione.
Pietro e i suoi compagni seguendo Gesù, partecipano già ora a questa “nuova creazione”, ma ciò non li pone su un piedistallo.
Gesù non vuole che si sentano privilegiati rispetto agli altri.
Egli spiega, a scanso di equivoci, che nel suo regno, le gerarchie vengono facilmente rovesciate e così gli ultimi finiscono per essere primi e i primi gli ultimi.
Per aiutare ulteriormente la loro comprensione, narra la parabola che oggi la liturgia della Parola ci presenta, quella degli operai della vigna.
Operai che vengono reclutati dall’alba fino a un ora prima del tramonto.
La giornata di lavoro infatti era di 12 ore, iniziava alle 6.00 e terminava intorno alle 18.00 e il salario di un denaro di argento era considerato il giusto compenso.
Il Signore della vigna però appare subito uno che va contro i suoi interessi. Infatti, durante tutta la giornata, continua ad andare nella piazza del paese a reclutare persone.
Porta operai persino verso le 17.00, appena un’ora prima del tramonto del sole che segna la fine della giornata di lavoro.
Quando a sera retribuisce gli operai, comincia a pagare per primi gli ultimi. Questi si ritengono davvero fortunati perché avendo lavorato poco ricevono il salario di un intera giornata.
Ma i primi che si vedono lo stesso compenso tra le mani, mormorano e la loro indignazione non è tanto per aver ricevuto un solo denaro, ma perché il padrone della vigna, pagando anche gli operai dell’ultima ora con la stessa somma li “rende uguali a loro”.
Noi siamo i primi, noi abbiamo faticato di più!
È come se affermassero: “noi abbiamo diritto più di loro”.
Il Padrone, ricorda agli operai che hanno ricevuto quanto avevano pattuito, ma nello stesso tempo con il suo gesto vuole affermare la libertà di fare dei suoi beni, e del suo denaro ciò che vuole.
D’altra parte questo “Padrone della Vigna” si mostra come “Altro”, diverso anche dagli altri padroni, non solo dagli operai.
“I miei pensieri non sono i vostri pensieri e le mie vie non sono le vostre vie” leggiamo nella prima lettura del profeta Isaia. Il vero volto del padrone è quello di Dio che cerca, e cerca senza tregua, lavoratori per il suo regno.
Far parte degli “operai della sua vigna” è chiamata, è dono, è privilegio, è grazia che nessuno di noi merita.
Entrare in questa luce di grazia significa per noi abbandonare il male e i pensieri cattivi che creano divisione, separazione perché pongono alcuni su piedistalli ed altri nella polvere.
Il Signore ci invita a “cercarlo” perché la contemplazione di lui ci mostri anche la grandezza del suo amore che elargisce con generosità e gratuità a noi e a tutti proprio tutti, anche a quelli che ai nostri occhi reputiamo “ultimi”.

Martedì Della XX Settimana del Tempo Ordinario Anno C

Gesù disse ai suoi discepoli: «In verità io vi dico:
Difficilmente un ricco entrerà nel regno dei cieli.
Ve lo ripeto: E’ più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio.

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 19,23-30)
Gesù disse ai suoi discepoli: «In verità io vi dico: difficilmente un ricco entrerà nel regno dei cieli. Ve lo ripeto: è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio».

A queste parole i discepoli rimasero molto stupiti e dicevano: «Allora, chi può essere salvato?». Gesù li guardò e disse: «Questo è impossibile agli uomini, ma a Dio tutto è possibile».
Allora Pietro gli rispose: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito; che cosa dunque ne avremo?». E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: voi che mi avete seguito, quando il Figlio dell’uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, alla rigenerazione del mondo, siederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù d’Israele. Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna. Molti dei primi saranno ultimi e molti degli ultimi saranno primi». Parola del Signore.

RIFLESSIONI

Allora, chi può essere salvato?
Con i soli Comandamenti è difficile attraversare il deserto della storia
. Le tentazioni sono infinite. Satana mai si stanca di chiedere la nostra anima, il nostro spirito, la nostra mente. Mai si arrende nella volontà di trascinarci fuori strada. Lui vuole la nostra morte spirituale da trasformare in morte eterna. Gesù vede questa pesante difficoltà dell’uomo e lo dice con parole inequivocabili: “Difficilmente un ricco entrerà nel regno dei cieli”. Non perché è ricco, ma perché diviene servo della sua ricchezza.
La ricchezza è un mezzo. Quando si trasforma in fine, nel fine della propria vita, si compie la più grande disumanizzazione della persona. Essa si svilisce. Da signore su tutto il creato diviene servo delle cose, schiavo di esse, lavora per esse, per esse si consuma. Alla fine dalle cose viene dilaniato, divorato, privato di ogni dignità, perché viene privato di Dio, il suo sommo ed univo vero, eterno bene. Per questo motivo “è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio”. È difficile entrare nel regno di Dio quando si è schiavi della ricchezza. Essa è un padrone esigente. Per servirla bisogna vendersi Dio, la propria coscienza, i propri fratelli. Quando si è schiavi di essa, l’uomo perde la sua umanità.
Il regno di Dio dona all’uomo la sua vera umanità. Gli dona una umanità ancora più mirabile di quella ricevuta dal primo uomo e dalla prima donna. Gli dona una umanità resa tutta partecipe della natura divina. La nuova umanità è elevazione alla figliolanza adottiva di Dio. In questa elevazione Dio ci rende partecipi della sua divina ed eterna carità. Fa di noi un dono, il suo dono, per la redenzione del mondo. Ci offre allo stesso modo che ha offerto Cristo Gesù. Nella nuova umanità si diventa vittime di amore, carità, salvezza, giustificazione dei nostri fratelli. Perché questo avvenga è necessaria la libertà da tutte le cose di questo mondo. Possiamo essere dono se siamo liberi. Se ci siamo consegnati alle cose, le cose e non Dio sono il nostro padrone.
Nulla è impossibile a Dio e alla sua grazia, perché nulla è impossibile all’uomo che si mette in ginocchio e chiede in una preghiera accorata al Signore che pieghi il suo cuore per l’accoglienza di tutta la divina volontà. D’altronde l’esempio lo ha offerto a noi lo stesso Gesù Signore. Lui, ricco, ricchissimo della sua vita umana, dinanzi al mistero della sua passione e morte, avrebbe anche potuto rifiutare la perfezione altissima cui il Signore lo chiama alla condizione però di vendere il suo corpo, darlo ai poveri, cioè all’umanità intera, e poi seguire Lui fin sulla croce.
Gesù non ritenne un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio e con gli uomini, Nell’Orto degli Ulivi pregò sudando sangue. Riuscì a vendere il suo corpo, a darlo alla povera umanità per sempre dalla croce e dall’altare, seguì il Padre, ora risplende nella più alta perfezione nei Cieli con un corpo glorioso, spirituale, immortale, incorruttibile. Il rischio per ogni uomo è quello di volersi appropriare della ricchezza del suo corpo e farne un uso solo egoistico. Se invece gli dona la dimensione del dono, della carità, dell’amore, della santità, dell’elargizione, entrerà in quella perfezione terrena e celeste che lo renderà perfetto strumento di salvezza e di redenzione per il mondo.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci perfetti per il nostro Dio.