Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria

8 DICEMBRE IMMACOLATA CONCEZINE
MARIA PONTE FRA CIELO E TERRA

 Rallègrati, piena di grazia, 
il Signore è con te,
benedetta tu fra le donne. 

Dal Vangelo secondo Luca. (Gen 3,9-15.20)
In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallègrati, piena di grazia: il Signore è con te».
A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».
Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio».
Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei. Parola del Signore.

I DOMENICA DI AVVENTO ANNO B

I DOMENICA DI AVVENTO ANNO B
Dal Vangelo secondo Marco. (Mc 13,33-37)
Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento.

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Marco. (Mc 13,33-37)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento. È come un uomo, che è partito dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai suoi servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vegliare.
Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; fate in modo che, giungendo all’improvviso, non vi trovi addormentati.
Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!». Parola del Signore.

RIFLESSIONI

L’anno B del ciclo triennale delle letture è l’anno di Marco. Eppure non si comincia dal paragrafo iniziale del suo Vangelo, che sarà oggetto di lettura nella settimana prossima: si parte dal punto in cui terminerà la penultima settimana dell’anno, con l’annuncio del ritorno di Cristo: “Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria”.
A prima vista, ciò può sembrare strano ed illogico. Invece, nella liturgia, c’è un’estrema sottigliezza nell’effettuare il cambiamento di tono: la nostra attenzione, che nelle ultime settimane era centrata sul giudizio e sulla fine del mondo, si sposta ora sul modo di accogliere Cristo: non con paura, ma con impazienza, proprio come un servo che attende il ritorno del padrone (Mc 13,35).
In quanto preparazione al Natale, l’Avvento deve essere un tempo di attesa nella gioia. San Paolo interpreta il nostro periodo d’attesa come un tempo in cui dobbiamo testimoniare Cristo: “Nessun dono di grazia più vi manca, mentre aspettate la manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo” (1Cor 1,7).

Cristo Re XXXIV Domenica del Tempo Ordinario anno A

Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’Universo

Domenica 26 novembre 2017

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Matteo 25,31-46

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Quando il Figlio dell’Uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli, si siederà sul trono della sua gloria. E saranno riunite davanti a lui tutte le genti, ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri, e porrà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra. Allora il re dirà a quelli che stanno alla sua destra: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi. Allora i giusti gli risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato, o nudo e ti abbiamo vestito? E quando ti abbiamo visto ammalato o in carcere e siamo venuti a visitarti? Rispondendo, il re dirà loro: In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me. Poi dirà a quelli alla sua sinistra: Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli. Perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare; ho avuto sete e non mi avete dato da bere; ero forestiero e non mi avete ospitato, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato. Anch’essi allora risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo visto affamato o assetato o forestiero o nudo o malato o in carcere e non ti abbiamo assistito? Ma egli risponderà: In verità vi dico: ogni volta che non avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, non l’avete fatto a me. E se ne andranno, questi al supplizio eterno, e i giusti alla vita eterna».

Rivelazione di Gesù a Maria Valtorta

Corrispondenza nell’“Evangelo come mi è stato rivelato” di Maria Valtorta

Volume 9 – Capitolo 596

«State nel Signore e nella sua verità. Io sono la Verità e insegno la verità. Perciò ancora vi ripeto: qualunque cosa vi dicano di Me, non credete. Io solo ho detto la verità. Io solo vi dico che il Cristo verrà, ma quando sarà la fine. Perciò, se vi dicono: “È nel deserto”, non andate. Se vi dicono: “È in quella casa”, non date retta.

Come ai tempi di Noè, così avverrà alla venuta del Figlio dell’Uomo. Nei giorni precedenti al diluvio, gli uomini mangiavano, bevevano, si sposavano, si accasavano, senza darsi pensiero del segno sino al giorno in cui Noè entrò nell’arca e si aprirono le cataratte dei cieli e il diluvio sommerse ogni vivente e ogni cosa. Anche così sarà per la venuta del Figlio dell’Uomo.

Allora due uomini saranno accosto nel campo, e uno sarà preso e uno sarà lasciato, e due donne saranno intente a far andare la mola, e una sarà presa e una lasciata, dai nemici nella Patria e più ancora dagli Angeli separanti il buon seme dal loglio, e non avranno tempo di prepararsi al giudizio del Cristo.

Che sarà mai di quel servo fedele e prudente, preposto dal padrone ad amministrare il cibo ai domestici in sua assenza? Beata sorte egli avrà se il suo padrone, tornando all’improvviso, lo trova a fare ciò che deve con solerzia, giustizia e amore. In verità vi dico che gli dirà: “Vieni, servo buono e fedele. Tu hai meritato il mio premio. Tieni, amministra tutti i miei beni”.

Ma se egli pareva, e non era, buono e fedele, e nell’interno suo era cattivo come all’esterno era ipocrita, e partito il padrone dirà in cuor suo: “Il padrone tarderà a tornare! Diamoci al bel tempo”, e comincerà a battere e malmenare i conservi, facendo usura su loro nel cibo e in ogni altra cosa per avere maggior denaro da consumare coi gozzovigliatori e ubriaconi, che avverrà?

Che il padrone tornerà all’improvviso, quando il servo non se lo pensa vicino, e verrà scoperto il suo malfare, gli verrà levato posto e denaro, e sarà cacciato dove giustizia vuole. E ivi starà.

E così del peccatore impenitente, che non pensa come la morte può essere vicina e vicino il suo giudizio, e gode e abusa dicendo: “Poi mi pentirò”. In verità vi dico che egli non avrà tempo di farlo e sarà condannato a stare in eterno nel luogo del tremendo orrore, dove è solo bestemmia e pianto e tortura, e ne uscirà soltanto per il Giudizio finale, quando rivestirà la carne risorta per presentarsi completo al Giudizio ultimo come completo peccò nel tempo della vita terrena, e con corpo ed anima si presenterà al Giudice Gesù che egli non volle per Salvatore.

Tutti là accolti davanti al Figlio dell’Uomo. Una moltitudine infinita di corpi, restituiti dalla terra e dal mare e ricomposti dopo essere stati cenere per tanto tempo. E gli spiriti nei corpi. Ad ogni carne tornata sugli scheletri corrisponderà il proprio spirito, quello che l’animava un tempo. E staranno ritti davanti al Figlio dell’Uomo, splendido nella sua Maestà divina, seduto sul trono della sua gloria sorretto dai suoi Angeli.

Ed Egli separerà uomini da uomini, mettendo da un lato i buoni e dall’altro i cattivi, come un pastore separa le pecorelle dai capretti, e metterà le sue pecore a destra e i capri a sinistra.

E dirà con voce dolce e benigno aspetto a quelli che, pacifici e belli di una bellezza gloriosa nello splendore del corpo santo, Lo guarderanno con tutto l’amore del loro cuore: “Venite, o benedetti dal Padre mio, prendete possesso del Regno preparato per voi sino dall’origine del mondo. Perché ebbi fame e mi deste da mangiare, ebbi sete e mi deste da bere, fui pellegrino e mi ospitaste, fui nudo e mi rivestiste, malato e mi visitaste, prigioniero e veniste a portarmi conforto”.

E i giusti gli chiederanno: “Quando mai, Signore, ti vedemmo affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti vedemmo pellegrino e ti abbiamo accolto, nudo e ti abbiamo rivestito? Quando ti vedemmo infermo e carcerato e siamo venuti a visitarti?”.

E il Re dei Re dirà loro: “In verità vi dico: quando avete fatto una di queste cose ad uno di questi minimi fra i miei fratelli, allora lo avete fatto a Me”.

E poi si volgerà a quelli che saranno alla sua sinistra e dirà loro, severo nel volto, e suoi sguardi saranno come saette fulminanti i reprobi, e nella sua voce tuonerà l’ira di Dio:

“Via di qua! Via da Me, o maledetti! nel fuoco eterno preparato dal furore di Dio per il demonio e gli angeli tenebrosi e per coloro che li hanno ascoltati nelle loro voci di libidine triplice e oscena. Io ebbi fame e non mi sfamaste, sete e non mi dissetaste, fui nudo e non mi rivestiste, pellegrino e mi respingeste, infermo e carcerato e non mi visitaste. Perché non avevate che una legge: il piacere del vostro io ”.

Ed essi gli diranno: “Quando ti abbiamo visto affamato, assetato, nudo, pellegrino, infermo, carcerato? In verità noi non ti abbiamo conosciuto. Non eravamo, quando Tu eri sulla Terra”.

Ed Egli risponderà loro: “È vero. Non mi avete conosciuto. Perché non eravate quando Io ero sulla Terra. Ma avete però conosciuto la mia Parola e avete avuto i poveri fra voi, gli affamati, i sitibondi, i nudi, i malati, i carcerati. Perché non è già detto che coloro che mi ebbero fra loro fossero misericordiosi col Figlio dell’Uomo.

Non sapete che nei miei fratelli Io sono, e dove è uno di essi che soffra là sono Io, e che ciò che non avete fatto ad uno di questi miei minori fratelli lo avete negato a Me, Primogenito degli uomini? Andate e ardete nel vostro egoismo. Andate, e vi fascino le tenebre e il gelo perché tenebra e gelo foste, pur conoscendo dove era la Luce e il Fuoco d’Amore”.

E costoro andranno all’eterno supplizio, mentre i giusti entreranno nella vita eterna.

Queste le cose future…

Ora andate. E non dividetevi fra voi. Io vado con Giovanni e sarò a voi a metà della prima vigilia, per la cena e per andare poi alle nostre istruzioni».

Estratto di “l’Evangelo come mi è stato rivelato” di Maria Valtorta

Lunedì XXVII settimana del Tempo Ordinario Anno A

Lunedì della XXVII settimana del Tempo Ordinario Anno A
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 10,25-37)
Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 10,25-37)

In quel tempo, un dottore della Legge si alzò per mettere alla prova Gesù e chiese: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?». Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?». Costui rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso». Gli disse: «Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai».
Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è mio prossimo?». Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gèrico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. Anche un levìta, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all’albergatore, dicendo: “Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno”. Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?». Quello rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ così». Parola del Signore.

RIFLESSIONI

Il Samaritano si avvicina all’uomo malmenato dai ladroni, se ne prende cura, si rende disponibile.
È questa la dinamica di Dio, che si fa prossimo a noi pieno di amore e di misericordia. Dio è il pastore che cerca la pecorella smarrita per riportarla salva all’ovile, è il padre che corre incontro al figlio perduto che ritorna, è il Samaritano che si china premuroso sul ferito. È Gesù, che muore sulla croce per noi. Dio è così e non vuole una religione che metta al riparo, che separi dagli altri nel timore di contaminarsi, che non dia il primato alla carità.
Ascoltiamo dunque sempre come rivolto a noi l’invito di Gesù: “Va’ e fa’ anche tu lo stesso”. Non è facile essere costantemente a disposizione degli altri e quindi di Dio; per questo è necessaria molta preghiera, che apra il nostro cuore alla carità paziente, longanime, generosa.

XXVII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO A

XXVII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO A
Dal Vangelo secondo Matteo. (Mt 21,33-43)
Mandò loro il proprio figlio dicendo:
Avranno rispetto per mio figlio.

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Matteo. (Mt 21,33-43)

In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo:
«Ascoltate un’altra parabola: c’era un uomo, che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano.
Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto. Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. Mandò di nuovo altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo.
Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!”. Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero.
Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?».
Gli risposero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo».
E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture:
“La pietra che i costruttori hanno scartato
è diventata la pietra d’angolo;
questo è stato fatto dal Signore
ed è una meraviglia ai nostri occhi”?
Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti». Parola del Signore.

RIFLESSIONI

La parabola dei vignaioli omicidi è di un realismo tale che potremmo considerarla come una teologia della storia.
L’omicidio è l’apogeo di una infedeltà continua, che nasconde naturalmente ingratitudine. È la storia dell’umanità e quella di ogni uomo, con i nostri limiti, le nostre ingiustizie, la nostra avarizia, le nostre ambizioni. Noi reagiamo spesso così davanti al bene che riceviamo dai nostri simili. Noi agiamo spesso così davanti alla bontà di Dio.
Siamo dei cattivi amministratori, che cominciano commettendo il grave errore di credersi padroni del regno e il minimo potere ci disturba, anche quello di Dio, assoluto ma non dominatore. Noi non ci troviamo al posto che dovremmo occupare, e ci piacerebbe vietare l’ingresso nel regno a coloro che vogliono entrarci. L’atteggiamento di Dio differisce completamente dal nostro. Ci ama allo stesso modo; ma non tollera che i suoi figli non mangino il pane che egli offre loro e che per di più si ostinino ad impedire agli altri di mangiarlo. Noi ci sbagliamo in tutto. E proprio quando ci sentiremo più sicuri, verremo privati dei nostri doni, perché non possediamo, anche se lo crediamo, alcuna esclusività.
È necessario che scopriamo Cristo come pietra angolare dell’edificio in pietre vive che è la Chiesa, alla quale siamo stati introdotti con il battesimo. Cerchiamo con coraggio di produrre frutti per raggiungere il regno dei cieli.

Sabato XXVI settimana del Tempo Ordinario Anno A

Sabato della XXVI settimana del Tempo Ordinario Anno A
Beata Maria Vergine del Rosario
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 10,17-24)
Non rallegratevi però perché i demòni si sottomettono a voi;
ma perché i vostri nomi sono scritti nei cieli.

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 10,17-24)

In quel tempo, i settantadue tornarono pieni di gioia, dicendo: «Signore, anche i demòni si sottomettono a noi nel tuo nome».
Egli disse loro: «Vedevo Satana cadere dal cielo come una folgore. Ecco, io vi ho dato il potere di camminare sopra serpenti e scorpioni e sopra tutta la potenza del nemico: nulla potrà danneggiarvi. Non rallegratevi però perché i demòni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli».
In quella stessa ora Gesù esultò di gioia nello Spirito Santo e disse: «Ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio e nessuno sa chi è il Figlio se non il Padre, né chi è il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo».
E, rivolto ai discepoli, in disparte, disse: «Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete. Io vi dico che molti profeti e re hanno voluto vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono». Parola del Signore.

RIFLESSIONI

La memoria del Rosario conduce il pensiero alle prime parole dell’Ave Maria: “Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te”, che ripetiamo tante volte quando preghiamo il Rosario. E un modo di metterci alla presenza di Maria e nello stesso tempo alla presenza del Signore, perché “il Signore è con lei”, di rimanere in maniera semplice con la Madonna, rivivendo con lei tutti i misteri della vita di Gesù, tutti i misteri della nostra salvezza.
Il racconto dell’annunciazione a prima vista ci presenta un solo mistero, ma se guardiamo bene vi si trovano tutti i misteri del Rosario: l’annunciazione, ma anche la visitazione, perché vi si nomina Elisabetta, e il Natale di Gesù: “Concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù”. Anche i misteri gloriosi sono annunciati: “Sarà grande e chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore gli darà il trono di Davide suo padre… e il suo regno non avrà fine”. E nella risurrezione e ascensione che Gesù riceve la dignità di re messianico, la gloria eterna nel regno del Padre. Dunque, misteri gaudiosi e misteri gloriosi. Sembra che manchino quelli dolorosi, ma troviamo anche quelli, non descritti, ma nel loro principio. Pensiamo alla risposta di Maria all’annuncio dell’Angelo: non è un grido di trionfo, ma una parola di umiltà: “Eccomi, sono la serva del Signore”, che la mette in profonda consonanza con il Servo del Signore annunciato da Isaia, il Servo che sarà glorificato, ma prima umiliato, condannato, ucciso, “trafitto per i nostri delitti”.
Maria sa, per ispirazione dello Spirito Santo, che i misteri gloriosi non possono avvenire senza passaggio attraverso l’obbedienza fiduciosa e dolorosa al disegno divino.
I misteri del Rosario sono una sola unità, ed è importante sapere che in ogni mistero gaudioso ci sono in radice tutti i misteri gloriosi e anche i dolorosi, come via per giungere alla gloria.
Chiediamo alla Madonna di aiutarci a capire profondamente l’unità del mistero di Cristo, perché esso si possa attuare nei suoi diversi aspetti in tutti gli eventi della nostra vita.
Mi piace riportare, a proposito della preghiera del Rosario, un piccolo testo che trovai anni fa in una rivista benedettina: “Dì il tuo Rosario dice Dio e non fermarti ad ascoltare gli sciocchi che dicono che è una devozione sorpassata e destinata a morire. Io so che cos’è la pietà, nessuno può dire che non me ne intendo, e ti dico che il Rosario mi piace, quando è recitato bene. I Padre Nostro, le Avemarie, i misteri di mio Figlio che meditate, sono Io che ve li ho dati. Questa preghiera te lo dico io è come un raggio di Vangelo, nessuno me la cambierà. Il Rosario mi piace dice Dio semplice e umile, come furono mio Figlio e sua Madre…”.
Rinnoviamo, se è necessario, la nostra stima per il Rosario. Certo, bisogna pregarlo con rispetto, ed è meglio dirne due decine senza fretta che cinque di corsa. Ma detto con tranquillità è un modo di essere in compagnia di Maria alla presenza di Gesù.

Venerdì XXVI settimana del Tempo Ordinario Anno A

Venerdì della XXVI settimana del Tempo Ordinario Anno A
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 10,13-16)
Chi disprezza me, disprezza colui che mi ha mandato.

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 10,13-16)

In quel tempo, Gesù disse:
«Guai a te, Corazìn, guai a te, Betsàida! Perché, se a Tiro e a Sidòne fossero avvenuti i prodigi che avvennero in mezzo a voi, già da tempo, vestite di sacco e cosparse di cenere, si sarebbero convertite. Ebbene, nel giudizio, Tiro e Sidòne saranno trattate meno duramente di voi.
E tu, Cafàrnao, sarai forse innalzata fino al cielo? Fino agli inferi precipiterai!
Chi ascolta voi ascolta me, chi disprezza voi disprezza me. E chi disprezza me, disprezza colui che mi ha mandato». Parola del Signore.

RIFLESSIONI

La lettura odierna ci parla di disobbedienza alla legge di Dio, del peccato. Ogni cristiano, se vuol essere fedele a Gesù, deve soffrire per i peccati che si commettono in tutto il mondo e unirsi alla preghiera del profeta Baruc: “Al Signore nostro Dio la giustizia, a noi il disonore sul volto”. E una preghiera ispirata dalla catastrofe nazionale che ha annientato il popolo giudeo e provocato l’esilio. Allora i Giudei hanno considerato la loro vita e confessato davanti al Signore la loro infedeltà: “Abbiamo offeso il Signore, gli abbiamo disobbedito, noti abbiamo ascoltato la voce del Signore nostro Dio”. Questa è una bellissima preghiera, ispirata dallo Spirito Santo. Confessare davanti al Signore le umane infedeltà, senza separarci dai peccatori, ma mettendoci con loro per confessare davanti a Dio che siamo indegni dei suoi benefici, che non siamo obbedienti alla sua voce: possiamo con verità fare questa preghiera, pensando a tutte le ingiustizie che ci sono nel mondo, all’odio che qua e là esplode con ferocia inumana mietendo vittime innocenti, alla corruzione, ai poveri che continuano ad essere oppressi, ai ricchi che vogliono esserlo sempre di più, all’immoralità di ogni genere. Noi dobbiamo farci carico di tutto questo, non con l’angoscia che deprime, ma con la solidarietà che condivide e che vuole, con Gesù, portare il peccato del mondo. Allora ci verrà incontro la compassione divina, come prega il salmo 50: “Fino a quando Signore, sarai adirato? Presto ci venga incontro la tua misericordia, perché siamo troppo infelici. Aiutaci, Dio, nostra salvezza, per la gloria del tuo nome, salvaci e perdona i nostri peccati per amore del tuo nome”.

Giovedì XXVI settimana del Tempo Ordinario Anno A

Giovedì della XXVI settimana del Tempo Ordinario Anno A
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 10,1-12)
In qualunque casa entriate, prima dite: Pace a questa casa!

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 10,1-12)

In quel tempo, il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi.
Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada.
In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra.
Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”. Ma quando entrerete in una città e non vi accoglieranno, uscite sulle sue piazze e dite: “Anche la polvere della vostra città, che si è attaccata ai nostri piedi, noi la scuotiamo contro di voi; sappiate però che il regno di Dio è vicino”. Io vi dico che, in quel giorno, Sòdoma sarà trattata meno duramente di quella città». Parola del Signore.

RIFLESSIONI

“La messe è molta, ma gli operai sono pochi”. Gli uomini sulla Terra sono circa quattro miliardi. Per una messe così grande gli operai sono davvero pochi, specialmente se pensiamo ai sacerdoti. Dobbiamo dunque pregare il Signore di mandare operai nella sua messe, pregarlo perché illumini la strada a coloro che egli chiama e dia loro la forza di rispondere.
Quando c’è un contatto diretto con la parola del Signore, essa diventa motivo di festa e di vita per tutto il popolo. Gli studiosi della Bibbia hanno il dovere di rendere possibile questa festa, questa vita, questa gioia. Il loro compito è diverso da quello dei predicatori, che parlano direttamente al popolo. Essi preparano la predicazione, spiegando bene la parola di Dio, affinché la predicazione possa essere più fedele a questa divina parola e perciò più fruttuosa. In questo modo contribuiscono all’istruzione del popolo, alla sua gioia, al suo carattere veramente cristiano.
“La gioia del Signore è la vostra forza” dice Neemia popolo. La forza e la gioia vengono dalla parola di Dio che è nutrimento e luce, la più preziosa, la più grande consolazione che abbiamo sulla Terra.

Mercoledì XXVI settimana del Tempo Ordinario Anno A

Mercoledì della XXVI settimana del Tempo Ordinario Anno A
SAN FRANCESCO D`ASSISI
Dal Vangelo secondo Matteo. (Mt 11,25-30)
Hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli.

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Matteo. (Mt 11,25-30)

In quel tempo Gesù disse: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.
Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero». Parola del Signore.

RIFLESSIONI

San Francesco ha veramente realizzato il Vangelo che la liturgia ci fa proclamare nella sua festa: ha ricevuto la rivelazione di Gesù con il cuore semplice di un bambino, prendendo alla lettera tutte le parole di Gesù. Ascoltando il passo evangelico nel quale Gesù invia i suoi discepoli ad annunciare il regno, ha sentite rivolte a sé quelle parole, che diventarono la regola della sua vita. Ed anche a quelli che lo seguirono egli non voleva dare altra regola se non le parole del Vangelo, perché per lui tutto era contenuto nel rapporto con Gesù, nel suo amore. Le stimmate che ricevette verso la fine della sua vita sono proprio il segno di questo intensissimo rapporto che lo identificava con Cristo. Francesco fu sempre piccolo, volle rimanere piccolo davanti a Dio e non accettò neppure il sacerdozio per rimanere un semplice fratello, il più piccolo di tutti, per amore del Signore.
Per lui si sono realizzate in pieno le parole di Gesù: “il mio giogo è dolce e il mio carico leggero”. Quanta gioia nell’anima di Francesco, povero di tutto e ricco di tutto, che accoglieva tutte le creature con cuore di fratello, che nell’amore del Signore sentiva dolci anche le pene!
Anche per noi il giogo del Signore sarà dolce, se lo riceviamo dalle sue mani.
Nella lettera ai Galati san Paolo ci dà la possibilità di capire meglio alcuni aspetti di questo giogo con due espressioni che sembrano contradditorie ma sono complementari. La prima è: “Portate i pesi gli uni degli altri, così adempirete la legge di Cristo”. I pesi degli altri: questo è il giogo del Signore. San Francesco l’aveva capito agli inizi della sua conversione. Raccontò alla fine della vita: “Essendo io in peccato, troppo amaro mi sembrava vedere i lebbrosi, ma lo stesso Signore mi condusse fra loro ed io esercitai misericordia con loro”. Ecco il giogo, che consiste nel caricarsi del peso degli altri, anche se farlo ci sembra duro. E continua: “E partendomene, ciò che mi era apparso amaro mi fu convertito in dolcezza nell’anima e nel corpo”. Per chi se ne è veramente caricato, il giogo diventa dolce.
Poche righe più avanti troviamo la seconda frase di san Paolo: “Ciascuno porterà il proprio fardello”. Si direbbe in contrasto con la prima, ma nel contesto il significato è chiarissimo: si tratta di non giudicare gli altri, di essere pieni di comprensione per tutti, di non imporre agli altri i nostri modi di vedere e di fare, di guardare ai propri difetti e di non prendere occasione dai difetti altrui per imporre alle persone pesi che non sono secondo il pensiero del Signore. San Francesco si preoccupava di questo e nella sua regola scrive: “Non ritenersi primo fra i fratelli”: essere umili; “Non si considerino mai come padroni”: non imporre pesi agli altri; e aggiunge: “Chi digiuna non giudichi chi mangia”. E la delicatezza della carità, che se vede il fardello degli altri non li critica, non li giudica, ma piuttosto li aiuta.
Prendiamo così su di noi il giogo di Cristo. Carichiamoci dei pesi degli altri e non pesiamo su di loro con critiche e giudizi privi di misericordia, perché possiamo conoscere meglio il Figlio di Dio che è morto per noi, e in lui conoscere il Padre che è nei cieli, con la stessa gioia di san Francesco.

Martedì XXVI settimana del Tempo Ordinario Anno A

Martedì della XXVI settimana del Tempo Ordinario Anno A
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 9,51-56)
Gesù decide di andare a Gerusalemme
e mandò messaggeri davanti a sé.

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 9,51-56)

Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto, Gesù prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme e mandò messaggeri davanti a sé.
Questi si incamminarono ed entrarono in un villaggio di Samaritani per preparargli l’ingresso. Ma essi non vollero riceverlo, perché era chiaramente in cammino verso Gerusalemme.
Quando videro ciò, i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: «Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?». Si voltò e li rimproverò. E si misero in cammino verso un altro villaggio. Parola del Signore.

RIFLESSIONI

Cattiva accoglienza di un villaggio di Samaria
Gesù sta per iniziare il suo ultimo viaggio verso Gerusalemme. La meta ultima che l’attende è però il monte calvario dove consumerà il suo sacrificio. Passando di villeggio in villaggio egli continua la sua missione di annunciare il Regno di Dio e di invitare tutti alla conversione. Lo precedono i suoi discepoli, inviati appositamente per preparare gli abitanti alla sua venuta. C’è un rifiuto e segue l’ira e l’indignazione degli Apostoli. I più zelanti invocano un immediato castigo dal cielo: «Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?». Gesù li rimprovera. È falso il loro zelo. La vendetta non ci appartiene. Lo stesso Dio si autodefinisce «Lento all’ira e grande nell’amore». La stessa persona di Gesù incarna il perdono e la misericordia. Quando in noi esplode l’ira, è ancora quel maledetto orgoglio che interviene minaccioso. A pensare che se il nostro Dio non fosse il Dio della misericordia e del perdono, tutti saremmo periti miseramente dopo il primo peccato. Gli Apostoli erano testimoni oculari degli atteggiamenti che Gesù praticava nei confronti dei peccatori: avevano assistito alla conversione di Zaccheo, di Levi il pubblicano. Avevano visto il loro maestro lasciarsi toccare non solo dai lebbrosi, ma perfino da una prostituta. Alcuni si scandalizzavano di ciò, ma i più ne restavano edificati. Dovranno però verificarsi alcuni eventi decisivi perché tutto possa apparire chiaro: la croce, la risurrezione e la pentecoste. Occorre lo Spirito Santo per comprendere al meglio che il Signore e «il mio Dio, il Dio della mia misericordia», come canta il Salmista.

SE ASCOLTATE OGGI LA VOCE DEL SIGNORE NON INDURITE I VOSTRI CUORI