RIFLESSIONI
“Si avvicinarono a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano: Costui riceve i peccatori e mangia con loro. Allora egli disse loro questa parabola…” (Lc 15,1-2).
A un uditorio di mormoratori Gesù racconta le tre parabole dei perduti ritrovati. Quale nuova idea di Dio ci rivelano? Tra tutte le parabole sono indubbiamente le più sconvolgenti perché ci insegnano anzitutto che Dio si interessa di ciò che è perduto e che prova grande gioia per il ritrovamento di ciò che è perduto. Inoltre, Dio affronta le critiche per stare dalla parte del perduto: il padre affronta l’ira del figlio maggiore con amore, con pace, senza scusarsi. Gesù affronta le critiche fino a farsi calunniare, critiche che si riproducono continuamente e quasi infallibilmente. Perché tutte le volte che la Chiesa si ripropone l’immagine di Dio che cerca i perduti, nasce il disagio. E ancora, Dio si interessa anche di un solo perduto. Le parabole della pecorella perduta e della donna che fatica tanto per una sola dramma perduta, hanno del paradossale per indicare il mistero di Dio che si interessa anche di uno solo perduto, insignificante, privo di valore, da cui non c’è niente di buono da ricavare. Ciò non significa evidentemente che dobbiamo trascurare i tanti, però è un’immagine iperbolica dell’incomprensibile amore del Signore. Per questo l’etica cristiana arriva a vertici molto esigenti, che non sempre comprendiamo perché non riusciamo a farci un’idea precisa della dignità assoluta dell’uomo in ogni fase e condizione della sua vita.
Un Padre di una tenerezza inimmaginabile
Il Vangelo di questa domenica lo accogliamo come un testo fondamentale in questo svolgersi dell’Anno Santo della misericordia. E’ la parabola del padre buono che lascia la libertà al figlio anche di sbagliare, di andarsene sbattendo la porta, offendendo, sciupando tutte le sue sostanze, rovinando la propria vita. Il padre attende, spera ogni giorno il suo ritorno, lo ama nel suo cuore misericordioso. E quando lo vede ancora da lontano, gli corre incontro, gli butta le braccia al collo, vuole una grande festa. Sono intensi i verbi con cui si descrive il comportamento del padre: “Ancora lontano lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo, lo baciò, disse ai servi: preparate una grande festa”. “Perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato“. Dio è così, è Padre, è amore, è misericordia e tenerezza infinita.
Ciascuno di noi è quel figlio, invitato a tornare al Padre, a lasciarsi abbracciare dal suo calore, dalla sua tenerezza, a lasciarsi commuovere da quel suo cuore che non può amare più di così. Forse è bene non fermarsi a questi due figli, in fondo piccoli e meschini tutti e due, che rappresentano molto bene anche noi. È importante guardare il padre.
Scrive Paolo Curtaz: “Io vedo un Padre che lascia andare il figlio anche se sa che si fà male, correndo un immenso rischio educativo (chi l’avrebbe lasciato andare?) Vedo un Padre che scruta l’orizzonte ogni giorno, senza rancore, senza rabbia, con una pena infinita. Vedo un Padre che corre incontro al figlio minore, che lo abbraccia. Che non gli rinfaccia né chiede ragione dei soldi sprecati, che non lo accusa, che smorza le sue scuse, che gli restituisce dignità, che festa. Vedo un Padre che esce a pregare lo stizzito fratello maggiore che tenta di giustificarsi, di spiegare le sue buone ragioni. Un Padre che cerca di guardare all’essenziale e insegna a guardare oltre le apparenze, a non giudicare superficialmente, a usare la misericordia più della giustizia.
Vedo questo Padre che accetta la libertà dei figli, che pazienta, che indica, che stimola. Lo vedo e impallidisco. Dio è così? fino a tal punto? così tanto? Sì, è così!”
Possiamo allora chiederci: Come vivo questo fede in Dio? Quant’è grande la mia fiducia, il mio affidamento a Lui? So accogliere il suo amore, la sua tenerezza, il suo perdono, la sua misericordia? In questo rapporto vero, profondo, continuo, toccante con il Signore so trasformare la mia vita in amore verso di Lui e verso i tanti fratelli che lui mi fa incontrare e tutti quelli che Lui mi dona come “fratelli” nel mondo?
So essere un testimone e un evangelizzatore dell’amore, del perdono, della tenerezza di Dio, che Padre appassionato di tutti?