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Mercoledì della XVII settimana del Tempo Ordinario Anno C Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo.

Pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo.

Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 13,44-46)
In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli:
«Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo.
Il regno dei cieli è simile anche a un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra». Parola del Signore.

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RIFLESSIONE

La vita dei santi ci mostra in che modo essi abbiano vissuto la rivoluzionaria scoperta del tesoro del Vangelo.
Sant’Antonio abbandona tutto, all’età di diciotto anni, per andare a vivere nel deserto; san Francesco d’Assisi prende alla lettera le parole che gli chiedono di non portare con sé, in cammino, né bisaccia né bastone; sant’Ignazio si converte alla lettura della vita dei santi nel suo ritiro forzato di Manresa; santa Teresa, alla fine della sua vita, dice: “Non mi pento di essermi donata all’amore”.
Il tesoro nascosto nel terreno della nostra vita chiede non solo di essere scoperto, ma anche di essere anteposto a tutto quanto. Per scoprirlo occorre lo sguardo perseverante di un cercatore che non si fermi sulla via. Ma, una volta capito che proprio là si trova il lieto messaggio, capace di dare senso alla nostra esistenza e di portare la salvezza al mondo, esclamiamo con sant’Agostino: “A lungo ti ho cercata, bellezza nascosta, tardi ti ho trovata; io ti cercavo fuori di me, e tu eri in me!”.
Saremo in grado oggi di dire al Signore che è il nostro tesoro? Diciamoglielo con tutto lo slancio di cui è capace il nostro cuore, donandoci a lui. Il tesoro non si nega a chi lo scopre, si lascia possedere per nascondersi poi di nuovo. Si dà a chi è pronto a perdere tutto pur di impossessarsene. Il solo modo per ottenerlo veramente è di darci a lui, dal momento che riconosciamo in lui il nostro Signore e il nostro Salvatore, Gesù Cristo. Questa perla di grande valore, che ha dato la propria vita per riscattarci dal potere del male, vuole farsi conquistare da noi in cambio della nostra fede e del nostro abbandono al suo amore, qualunque sia la nostra richiesta o il nostro modo di vita. Rivolgendoci a lui dicendo “Mio Signore e mio Dio”, noi possiamo possederlo e, insieme, farne dono agli altri. Questo tesoro, infatti, ha questa particolarità: per poterlo tenere, bisogna dividerlo con altri; esso si sottrae invece a chi vorrebbe privarne gli altri. L’“Amen” che oggi pronunceremo nel ricevere il Corpo di Cristo possa manifestare la nostra gratitudine e, insieme, il nostro desiderio di farne dono ai fratelli.

Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo.

Sappiamo come nasce il regno di Dio in un cuore: con la semina della vera Parola di Dio. Una Parola non di Dio mai potrà farlo nascere nel mondo. Cresce attraverso la sua interiore vitalità, in tutto come cresce una pianta, come si espande il lievito. Vive però condividendo il terreno con la zizzania, con il male, con il regno del principe di questo mondo. Bene e male mai potranno essere separati. Abitano nella stessa casa. Vivono nello stesso luogo. Formano la stessa Chiesa. Costituiscono la stessa comunità. Il regno di Dio è perennemente esposto agli attacchi del male.
Oggi Gesù ci dice qual è il valore del regno che Lui è venuto ad instaurare sulla nostra terra, nei nostri cuori. Ce lo manifesta attraverso due parabole: del tesoro nascosto nel campo, della perla di grande valore. Apparentemente potrebbero sembrare due parabole uguali, contenenti la medesima verità. Invece c’è una sottile distanza che separa la prima dalla seconda, perché differente è la verità dell’una e dell’altra.
La parabola del tesoro nel campo ci insegna la sagacia, la saggezza, l’intelligenza dell’uomo che trova il tesoro. Lo trova per caso. Non era andato a cercalo. Lo scopre lavorando. Il tesoro non gli appartiene, perché il campo non è suo. Ecco allora la sapienza di quest’uomo: nasconde il tesoro, vende tutto quello che possiede, si compra il campo. Entra così in possesso legittimo del tesoro. Tra ciò che ha venduto e ciò che ha comprato vi è una distanza siderale, infinita, incolmabile. Tra le cose della terra e quelle del cielo non vi è alcun paragone. Il valore è eterno, divino.
La Parabola della perla preziosa ci rivela invece l’occhio di quest’uomo, la sua capacità di discernimento, la scienza e l’arte del meglio, dell’ottimo, del sublime. Ci sono perle e perle. Ci sono perle più buone e perle meno buone. Lui ne trova una di inestimabile qualità. Non se la lascia sfuggire. Tutte le altre che possedeva sono spazzatura al confronto di questa. Lui si spoglia di tutte le altre e compra la più bella sul mercato.
Queste due parabole ci rivelano tutta la nostra stoltezza, insipienza, stupidità spirituale. Manchiamo di quella sapienza soprannaturale, frutto in noi dello Spirito Santo. A causa di questa carenza non comprendiamo quello che abbiamo trovato. Neanche lo consideriamo un tesoro. Lo lasciamo abbandonato. Non ci curiamo di esso. Anzi lo ricopriamo e continuiamo a zappare quel campo per un misero denaro al giorno.
Siamo privi di quel santo, vero, giusto discernimento che ci consente di valutare cosa da cosa, le cose del cielo e le cose della terra, le cose finite e quelle infinte, le cose che hanno valore e quelle che ne sono prive. Tutto è uguale. Tutto è indifferente. Tutto buono. Tutto santo. Tutto giusto. Tutto vero. Regna così l’indifferentismo a tutti i livelli: teologico, morale, spirituale, ascetico. L’indifferentismo veritativo si trasforma in relativismo morale. C’è veramente da riflettere.
Gesù chiede ad ogni uomo di servirsi della sua intelligenza, sapienza, razionalità allo stesso modo di quest’uomo che trova il tesoro nel campo e dell’altro che va in cerca di perle preziose. Se siamo capaci di intelligenza nelle cose della terra, tanto più lo dobbiamo essere per le cose del cielo, per quelle che sono eterne.
Vergine Maria, Madre della Sapienza, ottienici la sapienza del cuore e la sana intelligenza. Angeli e Santi di Dio fateci persone dal retto discernimento.