MATTEO Mt 13,47-53

Giovedì della XVII settimana del Tempo Ordinario Anno C

Il Regno dei Cieli è simile a una rete gettata nel mare.
Che raccoglie ogni genere di pesci.

Dal Vangelo secondo Matteo Mt 13,47-53

In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: «Ancora, il Regno dei Cieli è simile a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. Quando è piena, i pescatori la tirano a riva, si mettono a sedere, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi. Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli Angeli e separeranno i cattivi dai buoni e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. Avete compreso tutte queste cose?». Gli risposero: «Sì». Ed egli disse loro: «Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del Regno dei Cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche».
Terminate queste parabole, Gesù partì di là. Parola del Signore.

RIFLESSIONE

Il regno dei cieli ammette pesci buoni e pesci cattivi. Sarà così finché ci sarà tempo, fino a quando il tempo passerà in eternità. Il realismo evangelico ci impedisce di progettare un paradiso in terra; ci libera così da tutte le utopie, perniciose per la fede come per la convivenza umana. In nome di ideali utopici si sono eliminati milioni di uomini concreti. Dobbiamo rassegnarci a convivere con il male che continuamente rinasce in noi e attorno a noi. La Chiesa, per non parlare del mondo, è fatta di santi e di peccatori; di santi che peccano e di peccatori che cercano di convertirsi. Non ci è lecito scandalizzarci e dimenticare che così come siamo, siamo cittadini del regno. Il peccato ci rattrista, ma non ci deprime.
D’altra parte la prospettiva del giudizio finale, “quando gli angeli separeranno i cattivi dai buoni”, non ci consente di attendere passivi l’ultimo giorno. Non possiamo essere utopici, ma ancor meno indifferenti. La lotta contro il male è d’obbligo anche se la prospettiva è di un combattimento che non finirà mai: “Militia est vita hominum super terram”. Dio e il diavolo combattono ancora nella storia e il campo di battaglia è il cuore dell’uomo (Dostoevskij). Si tratta di una lotta pacifica e violenta nello stesso tempo. “I violenti si impadroniranno del Regno di Dio” (Mt 11,12). La pace cristiana è inseparabile dalla spada (Mt 10,34) portata da Cristo, anche se la competizione obbliga a ferire se stessi prima degli altri.
Alla fine del combattimento sarà Cristo a concedere la vittoria. Presenteremo i nostri pochi meriti, ma conteremo soprattutto su chi ha guadagnato anche per noi. “Non possiamo dirci poveri finché possiamo contare sull’infinita ricchezza dei meriti di Cristo” (San Domenico).
 

Il regno dei cieli è simile a una rete gettata nel mare

Le parole di Gesù sono di una luce eterna, divina, soprannaturale. Esse squarciano le tenebre di questo mondo e irradiano la terra di una finissima e perfetta verità, vivendo la quale l’uomo trova la sua pace. La falsità è sempre generatrice di ogni guerra, ogni dissidio, ogni rivoluzione violenta, ogni distruzione dell’uomo e delle cose. La verità invece è farmaco di unione, condivisione, cooperazione, collaborazione tra gli uomini. Essa è la sola capace di dare serenità al cuore e alla mente.
Ciò che oggi Gesù dice del suo regno e in particolar modo della sua Chiesa sono di una saggezza unica, non sempre compresa nella storia e neanche oggi sembra che la si voglia comprendere. Ci accaniamo contro il peccato dei nostri fratelli, dimenticandoci che tutti siamo peccatori. Ci ostiniamo a mettere alla gogna certi peccati e ci dimentichiamo dei nostri peccati ancora più orrendi. Scagliamo pesanti pietre che uccidono l’anima e lo spirito degli altri, mentre ci assolviamo delle nostre gravissime nefandezze, spesse volte nascoste sotto il manto di una ipocrita religiosità.
Gesù ci dice che la bellezza della sua chiesa è la sua grande capacità di camminare gli uni insieme agli altri. Peccatori e santi, buoni e cattivi, giusti e ingiusti, veri e falsi, dotti e ignoranti, acculturati e intonsi di mente, tutti insieme, tutti nella stessa rete, tutti nell’unico ovile, tutti sulla stessa barca. Certo può farci schifo il peccato di chi ci sta accanto, ma dobbiamo anche pensare che fa anche schifo il nostro peccato, più di quanto noi non pensiamo, non sospettiamo, non immaginiamo. Il nostro peccato nascosto di certo non è meno grave di quello pubblico del fratello.
Questo non vuole dire in nessun modo che il peccato va giustificato, vuol dire semplicemente che il peccatore va sempre amato, sempre redento, sempre condotto sulla via della verità e della giustizia. L’uomo è il redentore dell’uomo, colui che espia in Cristo per ogni suo fratello. Se cade dal cuore questa verità, siamo una comunità di ipocriti, di falsari della vera religione, siamo un esercito di lussuriosi spirituali, che si dilettano, godono del male dei fratelli e soprattutto gioiscono nel gettare fango sugli altri. Quando questo accade, non siamo più in una comunità salvante. Siamo in un lager di distruzione dell’uomo da noi condannato anzitempo, senza dargli alcuna possibilità di potersi redimere, salvare, fare ritorno nella verità.
La Chiesa è questa stupenda rete nella quale tutti hanno il diritto di abitare. In essa ognuno deve divenire redentore, salvatore, luce, faro di verità e di amore per ogni suo fratello. Certo, vi sono delle leggi da osservare, la prima fra tutte è però la legge della carità, che brama la salvezza del fratello e per questo gli annuncia tutta la verità che apre le porte della salvezza. Un impedimento a ricevere l’Eucaristia è anch’esso annuncio di verità, dono di purissima carità. È la più alta carità che si possa dare al fratello. Se il suo amore verso l’Eucaristia è vero, puro, giusto, di certo lui farà ogni cosa perché questo ostacolo venga tolto. Lasciando invece che lui si accosti alla mensa del Signore è come se noi ci importassimo poco della sua salvezza. È come se noi ignorassimo il grave stato in cui versa la sua anima. Redimere, salvare, condurre alla salvezza avviene anche annunciando al fratello la sua condizione non regolare dinanzi al Signore e alla comunità. Avviene anche attraverso un impedimento che serva di monito agli altri perché non incorrano nello stesso peccato, che ferisce mortalmente tutta la comunità. Un impedimento è il più grande atto di carità.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci la verità della Parola.  

 

Giovedì della XVII settimana del Tempo Ordinario Anno Cultima modifica: 2016-07-28T20:32:27+02:00da angela1845
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