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DOMENICA DI PENTECOSTE ANNO B

Quando verrà lui, lo Spirito della verità,
vi guiderà a tutta la verità.
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TESTO:-
Dal Vangelo secondo Giovanni. (Gv 15,26-27;16,12-15)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Quando verrà il Paràclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me; e anche voi date testimonianza, perché siete con me fin dal principio.
Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà». Parola del Signore.

Sequenza
Vieni, Santo Spirito,
manda a noi dal cielo
un raggio della tua luce.

Vieni, padre dei poveri,
vieni, datore dei doni,
vieni, luce dei cuori.

Consolatore perfetto,
ospite dolce dell’anima,
dolcissimo sollievo.

Nella fatica, riposo,
nella calura, riparo,
nel pianto, conforto.

O luce beatissima,
invadi nell’intimo
il cuore dei tuoi fedeli.

Senza la tua forza,
nulla è nell’uomo,
nulla senza colpa.

Lava ciò che è sórdido,
bagna ciò che è árido,
sana ciò che sánguina.

Piega ciò che è rigido,
scalda ciò che è gelido,
drizza ciò che è sviato.

Dona ai tuoi fedeli,
che solo in te confidano
i tuoi santi doni.

Dona virtù e premio,
dona morte santa,
dona gioia eterna.

RIFLESSIONI

«Se viviamo dello Spirito, camminiamo anche secondo lo Spirito» (Gl 5,25). Il nostro vivere è un camminare. Non c’è camminare senza prendere iniziativa. Prendere iniziativa è lo stesso che dire: «voglio essere libero di scegliere cosa fare e verso dove andare». La festa della Pentecoste è la festa della libertà. Ma quale libertà?
Il nostro vivere quotidiano è determinato dalla due tipi di azioni: attività o passività.
Per vivere la festa della Pentecoste come festa della libertà siamo chiamati a privilegiare la passività sull’attività.
Il nostro vivere quotidiano è una relazione continua del nostro corpo vivente, cosciente e incosciente, con le cose e le persone che ci circondano, con il mondo della nostra vita.
Se privilegiamo l’attività, il nostro sguardo verso le persone e cose, con cui veniamo a con-tatto ogni giorno, rischia di essere consumato e usato per soddisfare «le nostre passioni e desideri», perché in gioco ci sono la difesa del nostro io, («la carne»), e la vittoria della nostra sopravvivenza in questo mondo, di fronte alle invadenze degli altri e alle sfide dei nostri obiettivi, piccoli e grandi, da conquistare e dominare. Così viviamo di attivismo, condizionati fortemente dalla nostra società che esalta la nostra autonomia incondizionata e ci costringe a correre da mattina a sera senza mai fermarci, prendendo e dominando cose, selezionando e classificando gli altri conforme il nostro esclusivo punto di vista. E quando le situazioni di separazione e sofferenza ci vengono addosso come problemi difficili da gestire, ci sentiamo oppressi, soffocati, impotenti, ribellati contro Dio e il mondo. Quante volte abbiamo la sensazione di non farcela da soli, pur avendo dato fiducia esclusivamente alla nostra capacità di prendere iniziativa.
Ma se privilegiamo la passività, il nostro sguardo verso le stesse persone e cose, con cui veniamo a con-tatto ogni giorno, diventa uno sguardo di accoglienza, uno sguardo soprattutto di ascolto e meno di tatto. Dall’ascolto della realtà, i nostri occhi si aprono ad uno sguardo nuovo perché ogni cosa, ogni persona si possono rivelare senza essere aggredite dal nostro giudizio selettivo e discriminante. L’azione più bella della passività è la preghiera fatta nel silenzio, nell’ascolto della parola di Dio, nell’attesa che la vita, la nostra storia ci parli.
Non dimentichiamo che l’evento di Pentecoste, raccontato nel libro degli Atti degli Apostoli, avvenne in un contesto di preghiera, di ascolto, di passività di Maria e dei discepoli di Gesù.
Incredibilmente si potrebbe dire che, nella passività dell’ascolto e dell’accoglienza, tutte le cose e le persone, tutte le situazioni, belle e brutte, sostenibili e insostenibili, possono rivelare la bellezza del tutto è dono.
Tutto è misteriosamente Cristificato, se crediamo nella risurrezione del Figlio di Dio. La Trinità Santa, in Cristo, è segnata per sempre dalla storia dell’umanità, nel bene e nel male.
Nel male delle situazioni assurde di ingiustizia, di morte, separazione, perdita e lutto provocate dall’egoismo umano e dalla fragilità della nostra condizione fisica, c’è la presenza dello Spirito Santo in passività, in attesa pazientissima di essere scoperto dall’uomo chiuso in se stesso, o inconsolato per non accettare il limite radicale della sua condizione umana, perché Dio rispetta profondamente la nostra libertà.
Nel bene delle situazioni c’è la presenza dello Spirito Santo in attività, che agisce con tutta la sua forza di liberazione e di vita eterna. Questa presenza misteriosa di Cristo in tutte le cose e persone è lo Spirito Santo vento e fuoco.
Il forte vento scombussola, mette tutto in disordine. Nella passività della preghiera di silenzio e ascolto, possiamo contemplare la presenza di Cristo anche nelle situazioni di crisi che attraversiamo nella vita, in quelle situazioni che scombussolano la vita, c’è il vento forte dello Spirito di Cristo. Anche una crisi profonda della vita può diventare rivelatrice di un senso, che magari non riusciamo a comprendere fino in fondo mentre siamo nella tempesta, mentre il vento soffia forte e mette tutto in disordine, ma possiamo sentire una presenza, senza comprenderla, senza dominarla, come il vento che soffia dove vuole ed è imprendibile, ma c’è!.
Il fuoco riscalda, illumina, consola, nella fase di serenità della vita, ma al tempo stesso brucia, purifica, nell’ora della prova, ma in ogni situazione c’è, perché il Cristo risorto è sempre con noi, in ogni fase del nostro esistere, nel dolore e nella gioia, nell’unità e nel conflitto, nel bene e nel male. È il signore della vita e della morte.
Nella passività dell’ascolto e dell’accoglienza scopriamo allora che non esiste solo la nostra libertà, non esiste solo ed esclusivamente il nostro prendere iniziativa, non c’è solo la nostra autonomia incondizionata. Esiste anche il prendere iniziativa di Dio Padre, per mezzo del Figlio, presente nel mondo come Spirito Santo, Spirito di Amore.
Tra le due iniziative, quella umana e quella divina, tra le due libertà in azione, (nel silenzio della preghiera e nell’ascolto della parola di Dio) ci rendiamo conto che prevale sempre quella divina perché ci ha preceduto e ci precede sempre: siamo già amati e salvati, così come siamo, qui ed ora, nella nostra condizione di fragilità e di peccatori. È già stata fatta la scelta di Dio Padre, per mezzo del Figlio Gesù Cristo, morto e risuscitato, di venire incontro alla nostra fragilità umana di egoismo e di limite, per la nostra salvezza e la nostra liberazione, con il dono dello Spirito Santo, già presente in ciascuno di noi.
Senza la scoperta di questa presenza divina in noi, che attende in passiva pazienza, tendiamo a far prevalere l’attivismo. Quando siamo presi dall’attivismo frenetico delle nostre azioni, senza soste di silenzio e contemplazione, siamo esposti al grande rischio di diventare potenziali promotori di fornicazione, impurità, libertinaggio, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere» (Gl 5,19-21).
Che libertà è questa, se ci può schiavizzare e schiavizza gli altri?
Che libertà è questa se usiamo e gettiamo le cose della creazione, che non ci appartengono, senza rispetto?
Nella passività dell’ascolto e dell’accoglienza, nel prenderci cura della preghiera del silenzio, scopriamo allora che la festa della vera libertà consiste nella scelta libera di ciascuno di noi di far coincidere il più possibile il nostro prendere iniziativa con l’iniziativa divina, che attende di essere accolta.
Il solo passo di lasciarci consegnare allo Spirito Santo, di lasciare che riempia i vuoti dei nostri sbagli e del vaso di terracotta della nostra fragile esistenza, fatta di relazioni unitive e separative, ci può fare sentire, senza merito nostro, la bellezza di: «amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza e dominio di sé» (Gl 5, 22-23a).
Certo, dobbiamo fare le nostre attività, dobbiamo agire tra mille impegni quotidiani di casa, lavoro, scuola, sport.
Ma la nostra attività, segnata dalla passività del silenzio, potrà diventare «testimonianza» della verità della signoria di Cristo risorto nella nostra vita e nel mondo.
Ciascuno di noi potrà dire con San Paolo: «Vivo, ma non più io, ma vive in me Cristo» (Gl 2,20a)
Si, perché il nostro agire di sempre sarà accompagnato dall’agire divino in noi, dallo «Spirito di verità» che ci permetterà di testimoniare in modo creativo la maniera di incarnare la verità del Vangelo di Cristo nelle situazioni della nostra vita e della nostra storia, belle e drammatiche.
Non sarà facile far prevalere la passività sull’attività, non sarà sempre scontata la nostra consegna all’iniziativa divina, la vita è una lotta in cui spesso «non facciamo quello che vogliamo» (Gl 5, 17b).
Ma la fedeltà dell’Amore di Dio, di fronte ai nostri dietro front è garanzia che lo Spirito Santo in noi è «Paraclito» cioè avvocato, difensore, consolatore. Non siamo mai soli, ma siamo felicemente e fedelmente accompagnati nelle sfide della vita e nella fatica di ricominciare dopo ogni nostra caduta.

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Rivelazione di Gesù a Maria Valtorta
Corrispondenza nell’“Evangelo come mi è stato rivelato” di Maria Valtorta. Volume 10 – Capitolo 640

Non ci sono voci e rumori nella casa del Cenacolo. Non c’è presenza di discepoli, almeno io non sento nulla che mi autorizzi a dire che in altri ambienti della casa siano raccolte delle persone. Ci sono soltanto la presenza e le voci dei Dodici e di Maria Santissima, raccolti nella sala della Cena.

Sembra più ampia la stanza, perché le suppellettili, messe diversamente, lasciano libero tutto il centro della stanza e anche due delle pareti. Contro la terza è spinto il tavolone usato per la Cena, e fra esso e il muro, e anche ai due dei lati più stretti del tavolo, sono messi i sedili-lettucci usati per la Cena e lo sgabello usato da Gesù per la lavanda dei piedi. Però non sono, questi lettucci, messi verticalmente alla tavola, come per la Cena, ma parallelamente, di modo che gli Apostoli possono stare seduti senza occuparli tutti, pur lasciando un sedile, l’unico messo verticale rispetto alla tavola, tutto per la Vergine benedetta, che è al centro della tavola, al posto che nella Cena occupava Gesù.

La tavola è nuda di tovaglie e stoviglie, nude le credenze, denudati i muri dei loro ornamenti. Solo il lampadario arde al centro, ma con la sola fiamma centrale accesa; l’altro giro di fiammelle che fanno da corolla al bizzarro lampadario sono spente.

Le finestre sono chiuse e sbarrate dalla pesante sbarra di ferro che le traversa. Ma un raggio di sole si infiltra baldanzoso da un forellino e scende come un ago lungo e sottile sino al pavimento, dove mette un occhiolino di sole.

La Vergine, seduta sola sul suo sedile, ha ai lati, sui lettucci, Pietro e Giovanni: alla destra Pietro, alla sinistra Giovanni. Mattia, il novello Apostolo, è tra Giacomo d’Alfeo e il Taddeo. Davanti a Lei, la Madonna ha un cofano largo e basso di legno scuro, chiuso. Maria è vestita di azzurro cupo. Ha sui capelli il velo bianco e sopra questo il lembo del suo manto. Gli altri sono tutti a capo scoperto.

Maria legge lentamente a voce alta. Ma, per la poca luce che giunge sin là, io credo che più che leggere Ella ripeta a memoria le parole scritte sul rotolo che Ella tiene spiegato. Gli altri La seguono in silenzio, meditando. Ogni tanto rispondono se ne è il caso.

Maria ha il viso trasfigurato da un sorriso estatico. Chissà cosa vede di così capace da accenderle gli occhi, come due stelle chiare, e da arrossarle le guance d’avorio, come se su Lei si riflettesse una fiamma rosata? È veramente la mistica Rosa…

Gli Apostoli si sporgono in avanti, stando un poco per sbieco, per vederla in viso mentre così dolcemente sorride e legge, e pare la sua voce un canto d’Angelo. E Pietro se ne commuove tanto che due lucciconi gli cascano dagli occhi e per un sentiero di rughe, incise ai lati del suo naso, scendono a perdersi nel cespuglio della barba brizzolata. Ma Giovanni riflette il sorriso verginale e si accende come Lei di amore, mentre segue col suo sguardo ciò che la Vergine legge sul rotolo e, quando Le porge un nuovo rotolo, La guarda e sorride.

La lettura è finita. Cessa la voce di Maria. Cessa il fruscio delle pergamene svolte e avvolte. Maria si raccoglie in orazione segreta, congiungendo le mani sul petto e appoggiando il capo contro il cofano. Gli Apostoli La imitano…

Un rombo fortissimo e armonico, che ha del vento e dell’arpa, che ha del canto umano e della voce di un organo perfetto, risuona improvviso nel silenzio del mattino. Si avvicina, sempre più armonico e più forte, ed empie delle sue vibrazioni la Terra, le propaga e imprime alla casa, alle pareti, alle suppellettili. La fiamma del lampadario, sino allora immobile nella pace della stanza chiusa, palpita come se un vento l’investisse, e le catenelle della lumiera tintinnano vibrando sotto l’onda di suono soprannaturale che le investe.

Gli Apostoli alzano il capo sbigottiti e, come quel fragore bellissimo, in cui sono tutte le note più belle che Dio abbia dato ai Cieli e alla Terra, si fa sempre più vicino, alcuni si alzano pronti a fuggire, altri si rannicchiano al suolo coprendosi il capo con le mani e il manto, o battendosi il petto domandando perdono al Signore, altri ancora si stringono a Maria, troppo spaventati per conservare quel ritegno verso la Purissima che hanno sempre.

Solo Giovanni non si spaventa, perché vede la pace luminosa di gioia che si accentua sul volto di Maria, che alza il capo sorridendo ad una cosa nota a Lei sola e che poi scivola in ginocchio aprendo le braccia, e le due ali azzurre del suo manto così aperto si stendono su Pietro e Giovanni, che l’hanno imitata inginocchiandosi.

Ma tutto ciò, che io ho tenuto minuti a descrivere, si è fatto in men di un minuto.

E poi ecco la Luce, il Fuoco, lo Spirito Santo, entrare, con un ultimo fragore melodico, in forma di globo lucentissimo, ardentissimo, nella stanza chiusa, senza che porta o finestra sia mossa, e rimanere librato per un attimo sul capo di Maria, a un tre palmi dalla sua testa, che ora è scoperta, perché Maria, vedendo il Fuoco Paraclito, ha alzato le braccia come per invocarlo e gettato indietro il capo con un grido di gioia, con un sorriso d’amore senza confini.

E dopo quell’attimo in cui tutto il Fuoco dello Spirito Santo, tutto l’Amore è raccolto sulla sua Sposa, il Globo Santissimo si scinde in tredici fiamme canore e lucentissime, di una luce che nessun paragone terreno può descrivere, e scende a baciare la fronte di ogni Apostolo.

Ma la fiamma che scende su Maria non è una lingua di fiamma dritta sulla fronte che bacia, ma è una corona che abbraccia e cinge come un serto il capo verginale, incoronando Regina la Figlia, la Madre, la Sposa di Dio, l’incorruttibile Vergine, la Tutta Bella, l’eterna Amata e l’eterna Fanciulla che nulla cosa può avvilire e in nulla, Colei che il dolore aveva invecchiata ma che è risorta nella gioia della Risurrezione, avendo in comune col Figlio un accentuarsi di bellezza e di freschezza di carni, di sguardi, di vitalità… avendone già un anticipo della bellezza del suo glorioso Corpo assunto al Cielo ad essere il fiore del Paradiso.

Lo Spirito Santo rutila le sue fiamme intorno al capo dell’Amata. Quali parole Le dirà? Mistero!

Il viso benedetto è trasfigurato di gioia soprannaturale e ride del sorriso dei Serafini, mentre delle lacrime beate sembrano diamanti giù per le gote della Benedetta, percosse come sono dalla luce dello Spirito Santo.

Il Fuoco rimane così per qualche tempo… E poi si dilegua… Della sua discesa resta a ricordo una fragranza che nessun terrestre fiore può sprigionare… Il profumo del Paradiso…

Gli Apostoli tornano in loro stessi… Maria resta nella sua estasi. Soltanto si raccoglie le braccia sul petto, chiude gli occhi, abbassa il capo… Continua il suo colloquio con Dio… insensibile a tutto… Nessuno osa turbarla.

Giovanni, accennandola, dice: «È l’Altare. E sulla sua gloria si è posata la Gloria del Signore…».

«Sì. Non turbiamo la sua gioia. Ma andiamo a predicare il Signore e siano manifeste le sue opere e le sue parole fra i popoli», dice Pietro con soprannaturale impulsività.

«Andiamo! Andiamo! Lo Spirito di Dio arde in me», dice Giacomo d’Alfeo.

«E ci sprona ad agire. Tutti. Andiamo ad evangelizzare le genti».

Escono, come fossero spinti o attratti da un vento o da una forza gagliarda…

Estratto di “l’Evangelo come mi è stato rivelato” di Maria Valtorta

DOMENICA DI PENTECOSTE ANNO Bultima modifica: 2018-05-19T21:58:15+02:00da angela1845
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