Tutti gli articoli di angela1845

Venerdì Della XXVIII Settimana del Tempo Ordinario Anno C

Guardatevi bene dall’ipocrisia.
Non c’è nulla di nascosto che non sarà svelato.

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 12,1-7)
In quel tempo, si erano radunate migliaia di persone, al punto che si calpestavano a vicenda, e Gesù cominciò a dire anzitutto ai suoi discepoli:
«Guardatevi bene dal lievito dei farisei, che è l’ipocrisia. Non c’è nulla di nascosto che non sarà svelato, né di segreto che non sarà conosciuto. Quindi ciò che avrete detto nelle tenebre sarà udito in piena luce, e ciò che avrete detto all’orecchio nelle stanze più interne sarà annunciato dalle terrazze.
Dico a voi, amici miei: non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo e dopo questo non possono fare più nulla. Vi mostrerò invece di chi dovete aver paura: temete colui che, dopo aver ucciso, ha il potere di gettare nella Geènna. Sì, ve lo dico, temete costui.
Cinque passeri non si vendono forse per due soldi? Eppure nemmeno uno di essi è dimenticato davanti a Dio. Anche i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non abbiate paura: valete più di molti passeri!». Parola del Signore.

RIFLESSIONI

Fra i consigli e le raccomandazioni che Cristo ha dato, oggi dobbiamo soprattutto fare tesoro dell’esortazione a non avere paura. Sappiamo quanto la paura paralizzi l’attività umana. Non avere paura di quelli che uccidono il corpo e temere invece chi può condannarci alla morte eterna! È naturale che ogni uomo abbia paura della morte. Cristo attira l’attenzione sulle conseguenze della vita presente per la vita futura. Bisogna stare attenti a non perdere la Vita durante la vita: in nome di questo valore che è la Vita eterna, non bisogna temere di perdere la vita terrena. L’uomo deve fare molta attenzione e cercare di vedere questa prospettiva eterna in ogni momento della vita. Per Dio ogni uomo è un essere unico. Per salvarlo dalla morte eterna, Dio manda suo Figlio. Ecco la ragione per cui non dovremmo avere paura, ma essere sempre vigilanti, perché troppi nemici ostacolano la nostra felicità eterna.
Anche i capelli del vostro capo sono tutti contati.
Gesù vuole i suoi discepoli vera luce del mondo, vero sale della terra. La luce non ha tenebre. Non ha lati oscuri, nascosti. Neanche il sale si potrà mai rivestire di apparenze contrarie a ciò che esso è secondo verità di natura. Luce e sale non hanno un momento di realtà e un momento di apparenza. La luce è o non è. Il sale è o non è. Né luce e né sale possono essere a momenti alterni. È contrario alla loro natura. Si è e basta. Non si è e basta. L’essere e il non essere non appartiene loro.
Questa stessa natura Gesù vuole che sia di ogni suo discepolo. Non si può essere discepoli del Signore a convenienza, a tempo, a luogo, a circostanze, a situazioni. O si è o non si è. La natura è una e la stessa. Se si è discepoli con se stessi, si è anche con gli altri. Se si è in Chiesa lo si sarà anche fuori. Se si vive la propria verità in casa, la si vivrà anche nei luoghi di lavoro, studio. Se si è cristiani nei Bar lo si è anche nei Parlamenti. Se lo si è nei cinema lo si sarà anche nelle aule universitarie. Se si è luce di inverno lo si sarà anche d’estate. Se lo si è mentre si vende lo si sarà anche quando si compra. Anche il commercio sarà sempre vissuto da cristiani.
Il cristianesimo non è un vestito che si indossa a convenienza, per opportunità. Esso è cambiamento, mutazione, trasformazione della nostra natura, del nostro spirito, della nostra anima. La stessa nostra struttura di creazione viene modificata. Allora, all’inizio Dio ci ha fatto a sua immagine e somiglianza. Ci ha creati con la sua Parola onnipotente, ma non ci ha generati, non ci ha partecipato la sua divina natura. Noi e Lui siamo di due nature differenti. La sua è divina, la nostra è umana. La sua è eterna, la nostra è stata fatta. Anche se in modo nobilissimo, eccelso, ma è stata fatta. Con Gesù tutto cambia. Gesù ci fa suo corpo, sua vita. Ci dona la sua figliolanza. Ci rende partecipi della divina natura. Ci fa vera immagine, in Lui, di Dio. In Lui siamo generati da Dio, siamo fatti suoi veri figli di adozione.
Questa novità va affermata, gridata, proclamata, contro tutti coloro che affermano che tra il cristiano e il non cristiano non vi è alcuna differenza.
Contro tutti coloro che stanno relativizzando Cristo e lo pongono sullo stesso piano degli altri fondatori.
Questa verità non può essere tenuta nascosta. Non può essere non manifestata, non mostrata, non rivelata in ogni momento. Non possiamo noi pensare da cristiani e non cristiani, agire da discepoli e da non discepoli, da seguaci di Gesù e non seguaci di Lui. Non possiamo noi rinnegarci per paura degli uomini. Neanche possiamo noi venderci la nostra verità per un qualche prestigio, una qualche gloria effimera, una poltrona, uno zucchetto. Alla nostra verità dobbiamo consacrare l’intera vita. Ad essa dobbiamo sacrificarci, anche offrendo il nostro corpo fisicamente al martirio.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci essere veri sempre.

Giovedì Della XXVIII Settimana del Tempo Ordinario Anno C

Guai a voi che avete portato via la chiave della conoscenza.
Sì, io vi dico, ne sarà chiesto conto.

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 11,47-54)

In quel tempo, il Signore disse: «Guai a voi, che costruite i sepolcri dei profeti, e i vostri padri li hanno uccisi. Così voi testimoniate e approvate le opere dei vostri padri: essi li uccisero e voi costruite.
Per questo la sapienza di Dio ha detto: “Manderò loro profeti e apostoli ed essi li uccideranno e perseguiteranno”, perché a questa generazione sia chiesto conto del sangue di tutti i profeti, versato fin dall’inizio del mondo: dal sangue di Abele fino al sangue di Zaccarìa, che fu ucciso tra l’altare e il santuario. Sì, io vi dico, ne sarà chiesto conto a questa generazione.
Guai a voi, dottori della Legge, che avete portato via la chiave della conoscenza; voi non siete entrati, e a quelli che volevano entrare voi l’avete impedito».
Quando fu uscito di là, gli scribi e i farisei cominciarono a trattarlo in modo ostile e a farlo parlare su molti argomenti, tendendogli insidie, per sorprenderlo in qualche parola uscita dalla sua stessa bocca. Parola del Signore.

RIFLESSIONI

Dopo aver rimproverato i farisei e gli scribi (Lc 11,42-46), Gesù, in questo brano del Vangelo, ammonisce i dottori della legge e fustiga la loro ipocrisia. Per esemplificare, commentiamo soltanto l’ultimo rimprovero (Lc 11,52). I dottori della legge sono accusati di proclamarsi detentori della conoscenza di Dio, confondendo la conoscenza di Dio con le proprie opinioni e i propri interessi. Bisogna, dunque, che anche noi stiamo attenti a non limitare e a non ostacolare la propagazione della parola di Dio e del suo messaggio.
Il confronto di Gesù con le autorità d’Israele ha la sua origine nell’Antica Alleanza, che si prolunga oggi nel tempo della Chiesa. L’Antica Alleanza presenta il destino di ogni profeta: essere vittima della violenza del proprio popolo.
La storia di Israele può essere riassunta in questi termini: da una parte, Dio invia i suoi profeti per insegnare agli uomini la via della salvezza; dall’altra parte, il popolo mette a morte i suoi profeti (Lc 4,24-28; 20,2-5).
Da questo punto di vista, la storia e il destino di Gesù, testimone perseguitato, costituisce il punto culminante di questa persecuzione della verità fin dall’inizio dei tempi (per esempio, Abele). Questo brano del Vangelo ci permette di costatare che i discepoli di Gesù non hanno sofferto invano il loro martirio, poiché questo ha raggiunto il suo culmine con Gesù Cristo a Pasqua. Egli invia i suoi apostoli (oggi i predicatori e i cristiani) per diffondere la sua parola e il mondo continua a perseguitarli e a respingerli.
In questo brano di Vangelo Gesù si rivolge certamente al popolo d’Israele che rifiuta il suo messaggio, ma in modo più vasto Gesù si rivolge all’umanità intera che si chiude in una verità parziale che difende con la violenza. Per questo motivo i credenti devono affrontare le sofferenze e le persecuzioni, dando così testimonianza alla verità divina che illumina la nostra vita.
Come vivere questa Parola?
Vogliamo ricordarci che il termine “giustizia” nella Bibbia ha un significato molto ampio e profondo. Significa anzitutto l’infinita santità di Dio che è una cosa sola con la sua magnanimità. Tanto nella Legge di Mosè come nei Profeti che sono l’asse portante dell’Antico Testamento, la giustizia si rivela come una luce che illumina con forza e sprona il cammino dell’uomo. San Paolo poi qui aggiunge un’affermazione molto importante: giustizia di Dio per mezzo della fede in Gesù Cristo, per tutti quelli che credono. La giustizia di Dio è dunque questa grande luce, ma ci viene specificato che opera in noi oggi se crediamo nella persona: pensare, sentire, dire e operare di Gesù Cristo.
La salvezza viene da Lui; la Salvezza è Lui stesso per noi, ma bisogna spalancare il cuore e la vita con quella “fede operante nella carità” di cui altrove parlano S. Giacomo e S. Paolo.
Signore, io credo; aumenta però la mia fede perché diventando operativa, mi renda sempre più capace di accogliere la tua giustizia, cioè la tua divina santità operante con infinito amore.
«La santità non consiste nel fare cose ogni giorno più difficili, ma nel farle ogni volta con più amore.”

Mercoledì Della XXVIII Settimana del Tempo Ordinario Anno C

Guai a voi, che caricate gli altri di pesi insopportabili.
Ma voi non li toccate nemmeno con un dito!

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 11,42-46)
In quel tempo, il Signore disse: «Guai a voi, farisei, che pagate la decima sulla menta, sulla ruta e su tutte le erbe, e lasciate da parte la giustizia e l’amore di Dio. Queste invece erano le cose da fare, senza trascurare quelle. Guai a voi, farisei, che amate i primi posti nelle sinagoghe e i saluti sulle piazze. Guai a voi, perché siete come quei sepolcri che non si vedono e la gente vi passa sopra senza saperlo».
Intervenne uno dei dottori della Legge e gli disse: «Maestro, dicendo questo, tu offendi anche noi». Egli rispose: «Guai anche a voi, dottori della Legge, che caricate gli uomini di pesi insopportabili, e quei pesi voi non li toccate nemmeno con un dito!». Parola del Signore.

RIFLESSIONI

Ascoltiamo oggi con umiltà le parole amare e severe che Cristo rivolge ai farisei e ai dottori della legge. Oggi queste parole vengono rivolte a noi. Vediamo quanta verità vi sia anche per noi? Pagare la decima significava riconoscere le proprie dipendenze nei confronti di colui a cui la si pagava, in questo caso a Dio. E Dio oggi ci dice: “Non ho bisogno dei vostri beni, perché tutto appartiene a me. Non smetto invece di richiamarvi alla giustizia e all’amore”. Nelle nostre società che posto spetta alla giustizia e all’amore?
La morte interiore è molto più temibile della morte fisica, perché la morte spirituale ha conseguenze eterne. È spaventoso essere dei “sepolcri” già da vivi, perché allora bisogna cambiare ancora molto, mentre l’uomo persiste volentieri in quanto in lui è negativo. Come uscire da questa situazione? Ritornare a vivere è rispondere alla chiamata di Cristo.
È molto facile essere giudici degli altri. È facile far rimarcare agli altri i loro errori e le loro mancanze. Invece, quando si tratta di noi stessi, ci risparmiamo: troviamo per noi delle regole più elastiche, con numerose scappatoie e riserve per giustificare il nostro comportamento. Cristo ha detto che siamo tutti uguali di fronte a Dio. Bisogna imparare a misurare sia noi sia gli altri con le stesse regole: quelle di Cristo.
Guai a voi farisei; guai a voi dottori della Legge, guai anche a voi… Lc 11,42-46
Come vivere questa Parola?
“Guai” sulle labbra di Gesù è un rimprovero forte a tutti quanti che perpetrano ingiustizie, che cercano di apparire superiori a tutti, che si affannano per essere stimati dagli altri. Guai a chi si immischia in qualsiasi forma di corruzione o di oppressione. Forse anche noi ci troviamo un po’ in fallo? Gesù non risparmia parole quando si tratta di denudare l’ipocrisia o le menzogne. Egli mira sempre alla Verità e alla conversione del cuore. Però, Gesù guarda con misericordia i farisei e tutti quanti le vittime della falsa sapienza’ che porta soltanto all’ignoranza di Dio o addirittura alla negazione di Lui. Molti sono ingannati dai sapienti’ di questo mondo. Cosa fare? Forse un primo passo è di entrare nel proprio cuore per un incontro onesto con Gesù, come ha fatto Zaccheo (Lc19,1-10) e altri personaggi dei Vangeli. Egli desidera questo tipo di relazione con noi più di ogni altra cosa. Certamente Egli ci darà la possibilità di conoscerlo meglio e la brama di rimediare qualche aspetto della nostra vita che impedisce questa intimità..
Signore Gesù, aiutami a vedere la tenebra che abita nel mio cuore e mi contrasta nel desiderio di conoscerti meglio. Fa’ che possa incontrare amici che mi siano davvero buoni compagni di strada.
Siamo abituati a dire: “Gesù è il Signore”, e applichiamo a lui le nostre idee su Dio. dovremmo imparare a dire: “Il Signore, che nessuno mai ha visto, è Gesù”, colui che mi ama e dà la vita per me.

Martedì Della XXVIII Settimana del Tempo Ordinario Anno C

Voi pulite l’esterno del bicchiere e del piatto,
ma il vostro interno è pieno di avidità e di cattiveria.

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca, (Lc 11,37-41)
In quel tempo, mentre Gesù stava parlando, un fariseo lo invitò a pranzo. Egli andò e si mise a tavola. Il fariseo vide e si meravigliò che non avesse fatto le abluzioni prima del pranzo.
Allora il Signore gli disse: «Voi farisei pulite l’esterno del bicchiere e del piatto, ma il vostro interno è pieno di avidità e di cattiveria. Stolti! Colui che ha fatto l’esterno non ha forse fatto anche l’interno? Date piuttosto in elemosina quello che c’è dentro, ed ecco, per voi tutto sarà puro». Parola del Signore.

RIFLESSIONI

Accanto alle parole di Cristo, di una grandezza decisiva, le parole del fariseo sembrano ancora più meschine. Ai tempi di Gesù a decidere della condotta morale erano solo alcune persone. Tutta una serie di precetti, rispettati minuziosamente, rappresentavano la grandezza dei farisei in confronto agli altri che, non rispettandole allo stesso modo, venivano da loro disprezzati. Il fariseo doveva avere familiarità con molteplici ordini e divieti; la sua vita era caratterizzata da un alto rispetto per la morale “codificata”. Perché Gesù ha dovuto scatenare tali lotte e tali discussioni con i farisei? Perché la legge, quando è pura legge, perde l’uomo. I Romani, che erano giuristi impeccabili, in teoria ed in pratica, facevano notare che la più perfetta legge è la più perfetta ingiustizia (summum ius, suma iniuria). In nome della dignità umana, Gesù accende molte polemiche con i farisei, mostrando loro che l’uomo è per Dio il valore più alto e che la legge deve essere al di sotto dell’uomo. “Voi farisei purificate l’esterno… ma il vostro interno è pieno di rapina e di iniquità”. San Paolo, uno tra i farisei, l’ha capito molto bene: per lui agire sull’interiorità è necessario prima di lasciarsi formare da Cristo.
Il vostro interno è pieno di avidità e di cattiveria.
Dio, che è carità, che è divino ed eterno amore, in ogni uomo ha scritto questa sua verità. L’uomo è uomo secondo verità di natura, se è perennemente visibile immagine del Dio che lo ha fatto e che è purissimo amore. Egli vivrà la verità del suo essere, se amerà Dio e il prossimo con lo stesso amore divino ed eterno da attingere perennemente nel suo Creatore e Signore. Amore di Dio e amore del prossimo così sono stati mirabilmente uniti, congiunti in un solo amore dall’Apostolo Giovanni.
Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché l’amore è da Dio: chiunque ama è stato generato da Dio e conosce Dio. Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore. In questo si è manifestato l’amore di Dio in noi: Dio ha mandato nel mondo il suo Figlio unigenito, perché noi avessimo la vita per mezzo di lui. In questo sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati. Carissimi, se Dio ci ha amati così, anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri. Nessuno mai ha visto Dio; se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi e l’amore di lui è perfetto in noi. In questo si conosce che noi rimaniamo in lui ed egli in noi: egli ci ha donato il suo Spirito. E noi stessi abbiamo veduto e attestiamo che il Padre ha mandato il suo Figlio come salvatore del mondo. Chiunque confessa che Gesù è il Figlio di Dio, Dio rimane in lui ed egli in Dio. E noi abbiamo conosciuto e creduto l’amore che Dio ha in noi. Dio è amore; chi rimane nell’amore rimane in Dio e Dio rimane in lui. In questo l’amore ha raggiunto tra noi la sua perfezione: che abbiamo fiducia nel giorno del giudizio, perché come è lui, così siamo anche noi, in questo mondo. Nell’amore non c’è timore, al contrario l’amore perfetto scaccia il timore, perché il timore suppone un castigo e chi teme non è perfetto nell’amore. Noi amiamo perché egli ci ha amati per primo. Se uno dice: «Io amo Dio» e odia suo fratello, è un bugiardo. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede. E questo è il comandamento che abbiamo da lui: chi ama Dio, ami anche suo fratello (1Gv 4,7-21).
Ridurre la religione dell’amore più puro e più santo a delle abluzioni da farsi prima di prendere cibo e giudicare la verità del rapporto con Dio e con i fratelli in cose simili, è quantomeno aberrante. È la sostituzione del tutto con il nulla, del Cielo con la terra, della cosa più preziosa con quella più vile. Gesù è venuto invece per rimettere sul candelabro la verità dell’uomo, che è il purissimo amore del Padre, con il quale siamo chiamati a servire Dio e i fratelli. È il cuore che va lavato, purificato, santificato, rinnovato. È la mente che deve abbandonare ogni distorsione della verità per lasciarsi illuminare dalla luce potente che sgorga dalla rivelazione. Una sfarzosa liturgia, abbellita all’inverosimile, è cosa da ipocriti, se il cuore che la celebra è pieno di rapina e iniquità, di invidia e falsa testimonianza, di odio e rancore verso il prossimo, di desiderio di distruzione della verità di Dio nel cuore dei fratelli.
La verità dell’uomo è il cuore. Da esso si deve togliere tutto ciò che lo inquina. Il cuore deve essere povero, libero, svuotato da ogni ipocrisia, attaccamento al denaro, avarizia, impudicizia, avidità insaziabile e cose del genere. Il cuore si purifica in un solo modo: facendo delle nostre ricchezze elemosina verso i bisognosi, i derelitti, quanti versano in gravi necessità materiali. Sono queste le abluzioni gradite al Signore. Sono esse che ci purificano, ci liberano, ci rendono santi dinanzi al nostro Dio. Invece il cuore dei farisei era pieno di avidità e cattiveria. Si lavavano le mani ma nascondevano la sporcizia del loro intimo. Apparivano belli all’esterno, ma dentro vi era ogni trasgressione dei comandamenti e soprattutto totale assenza del vero amore. O noi purifichiamo quotidianamente la religione purificando il cuore, oppure per noi nessuna luce di salvezza brillerà nel mondo. Siamo tenebre che diffondono tenebre.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci di religione pura e santa.

Lunedì Della XXVIII Settimana del Tempo Ordinario Anno C

Questa generazione è una generazione malvagia.
Essa cerca un segno.

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 11,29-32)
In quel tempo, mentre le folle si accalcavano, Gesù cominciò a dire:
«Questa generazione è una generazione malvagia; essa cerca un segno, ma non le sarà dato alcun segno, se non il segno di Giona. Poiché, come Giona fu un segno per quelli di Nìnive, così anche il Figlio dell’uomo lo sarà per questa generazione.
Nel giorno del giudizio, la regina del Sud si alzerà contro gli uomini di questa generazione e li condannerà, perché ella venne dagli estremi confini della terra per ascoltare la sapienza di Salomone. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Salomone.
Nel giorno del giudizio, gli abitanti di Nìnive si alzeranno contro questa generazione e la condanneranno, perché essi alla predicazione di Giona si convertirono. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Giona». Parola del Signore.

RIFLESSIONI

Siamo anche noi una generazione malvagia che esige dei segni e tenta di mettere alla prova Gesù? Sembra di sì. Noi siamo troppo fissati sulle possibilità umane, soprattutto su quelle tecniche. Per questo facciamo a meno di altri segni, in particolare dei segni divini. Di qui le parole che ci sono rivolte: a noi non sarà dato “nessun segno fuorché il segno di Giona”. E qual è? In Luca è il richiamo alla penitenza rivolto a Ninive. Invece in Matteo è la risurrezione. Per noi il segno di Giona è Gesù Cristo stesso che ci chiama alla penitenza. Il tempo è compiuto, il regno di Dio è vicino: “Convertitevi e credete al Vangelo”. Di fronte a noi, restii alla conversione, al tribunale appariranno molti testimoni che invece hanno accolto i segni che chiamano alla conversione: la regina di Saba che ha riconosciuto in Salomone il segno divino, gli abitanti di Ninive che si son convertiti alla voce di Giona profeta e molti altri. Sul mondo contemporaneo incombe la sentenza del Signore ad Abramo: Se si trovassero persone giuste, il mondo non sarebbe rovinato. Con l’adesione all’invito a convertirci, possiamo essere tra i dieci giusti!
Questa generazione è una generazione malvagia
La generazione è malvagia perché Cristo Gesù le ha rivelato tutto il Padre nella sua onnipotenza di amore, verità, giustizia, santità, miracoli, prodigi. Gli ha manifestato attraverso la sua stessa vita quanto è carica di speranza, benedizione, liberazione la Parola di Dio. Neanche Mosè ha manifestato Dio in modo così alto, vicino all’uomo, amorevole verso gli uomini, sempre attento ad ogni loro più piccola necessità.
La generazione è malvagia perché non solo non accoglie l’offerta di grazia che il Padre dei cieli le sta facendo attraverso il suo Figlio Unigenito, essa cerca ogni mezzo, percorre ogni via al fine di mettere in difficoltà Gesù Signore in modo da screditarlo, dichiararlo non vero, accusarlo di falsità, addirittura condannarlo per bestemmia contro la Legge. Se avesse voluto credere, le sarebbe stata sufficiente la sola vista di Gesù.
Chi vedeva Gesù con occhio di vera fede veniva trasportato in un’altra dimensione. All’istante è come se si fosse incontrato con il divino, con la luce eterna, con il soprannaturale divenuto persona. Gesù nella sua visibilità aveva i tratti di Dio, le parole erano di Dio, la luce che emanava da Lui era di Dio, le opere erano di Dio, nulla vi era in Lui che non facesse trasparire il mondo del divino.
La generazione è malvagia perché il suo cuore è malvagio, cattivo, empio, idolatra. Essa non si vuole convertire. Vuole invece che Gesù si converta ad essa, alla sua religione senza uomo e senza salvezza. Ma Dio non si può convertire all’uomo. È sempre l’uomo che si deve convertire a Dio. Rifiutando la conversione la generazione malvagia diviene tentatrice dello stesso autore della sua vera religione.
Salomone era saggio, il più saggio tra gli uomini. La regina del Sud venne dalla lontana Etiopia per ascoltare questo re sapiente. Gesù non è sapiente. È la Sapienza increata che si è fatta sapienza creata. È la stessa scienza, intelligenza, saggezza del Padre in mezzo a noi. È la luce sempre accesa che mai si spegne. È la lampada che dal cielo è discesa sulla terra per illuminare quanti sono nella valle delle tenebre e della morte.
Giona ricevette dal Signore un solo comando: recarsi in Ninive e dire appena sette parole: “Ancora quaranta giorni e Ninive sarà distrutta”. Con queste sole sette parole proferite da uno sconosciuto che attraversava in lungo e in largo la città, essa si è convertita. Dal re fino all’ultimo uomo fecero un grande digiuno, vestirono il sacco, ritornarono al Signore. La città non fu distrutta per la sua fede nella parola di Giona.
Gesù non è un profeta. È la Parola Eterna del Padre, il suo Discorso da rivolgere agli uomini, il Mediatore unico attraverso il quale Dio parla a noi e noi parliamo a Lui. Giona disse solo parole di minaccia. Gesù dice parole di speranza, carità, benevolenza, perdono, compassione, il suo discorso è di una armonia celeste. Tutta la sua vita è il Discorso del Padre sulla nostra terra. Con quali risultati?
È questo il motivo per cui la regina del Sud e gli abitanti di Ninive condanneranno questa generazione malvagia. Loro hanno ascoltato degli uomini. La generazione malvagia ha avuto come rivelatore di Dio lo stesso Dio. Viene Dio in Persona, ci parla da Dio, agisce da Dio, opera da Dio e lo si tenta per non credere in Lui.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci di fede pura, retta, santa.

XXVIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO C

Non ne sono stati purificati dieci?
E gli altri nove dove sono?

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 17,11-19)
Lungo il cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversava la Samarìa e la Galilea.
Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza e dissero ad alta voce: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!». Appena li vide, Gesù disse loro: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono purificati.
Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano.
Ma Gesù osservò: «Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?». E gli disse: «Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!». Parola del Signore.

RIFLESSIONI

“La tua fede ti ha salvato”. Il lebbroso samaritano, il solo straniero nel gruppo che è andato incontro a Gesù per supplicarlo. Il solo, anche, a ritornare sui suoi passi per rendergli grazie. Il suo gesto religioso, prostrarsi ai piedi di Gesù, significava anche che egli sapeva di non avere nulla che non avesse ricevuto (cf. 1Cor 4,7). La fede, dono di Cristo, porta alla salvezza.
“E gli altri nove, dove sono?”. Gli altri nove avevano obbedito all’ordine di Gesù e si erano presentati ai sacerdoti, dando così prova di una fede appena nata. Ma non hanno agito di conseguenza, una volta purificati, tornando verso Gesù, la sola via per arrivare al Padre (cf. Gv 14,6), mediatore indispensabile per la glorificazione di Dio.
La misericordia di Gesù verso colui che non possiede altro chela sua povertà e il suo peccato, ma che si volge verso il Signore per trovare il perdono e la riconciliazione, non è solo fonte di salvezza personale, ma anche di reintegrazione nella comunità di culto del popolo di Dio. Nella Chiesa, la fede di coloro che sono stati riscattati diventa azione di grazie al Padre per mezzo di nostro Signore Gesù Cristo (cf. Col 3,16-17).
Gesù ha «fretta» di guarire l’uomo
Gesù è in cammino. E come lungo ogni cammino, la lentezza favorisce gli incontri, l’attenzione trasforma ogni incontro in evento.
Ed ecco che dieci lebbrosi, una comunità senza speranza, un nodo di dolore, all’improvviso si pone di traverso sulla strada dei dodici.
E Gesù appena li vede… notiamo: subito, senza aspettare un secondo di più, “appena li vede”, prima ancora di sentire il loro lamento. Gesù ha l’ansia di guarire, il suo amore ha fretta, è amore preveniente, amore che anticipa, pastore che sfida il deserto per una pecora che non c’è più, padre che corre incontro mentre il figlio cammina…
Davanti al dolore dell’uomo, appaiono i tre verbi dell’agire di Cristo: vedere, fermarsi, toccare, anche se solo con la carezza della parola.
Davanti al dolore scatta come un’urgenza, una fretta di bene: non devono soffrire neanche un secondo di più. E mi ricorda un verso bellissimo di Ian Twardowski: affrettiamoci ad amare, le persone se ne vanno così presto! L’amore vero ha sempre fretta. È sempre in ritardo sulla fame di abbracci o di salute.
Andate… E mentre andavano, furono purificati. Sono purificati non quando arrivano dai sacerdoti, ma mentre camminano. La guarigione comincia con il primo passo compiuto credendo alla parola di Gesù. La vita guarisce non perché raggiunge la meta, ma quando salpa, quando avvia processi e inizia percorsi.
Nove lebbrosi guariscono e non sappiamo più nulla di loro, probabilmente scompaiono dentro il vortice della loro inattesa felicità, sequestrati dagli abbracci ritrovati, ridiventati persone libere e normali.
Invece un samaritano, uno straniero, l’ultimo della fila, si vede guarito, si ferma, si gira, torna indietro, perché intuisce che la salute non viene dai sacerdoti, ma da Gesù; non dalla osservanza di regole e riti, ma dal contatto con la persona di quel rabbi. Non compie nessun gesto eclatante: torna, canta, lo stringe, dice un semplice grazie, ma contagia di gioia.
Ancora una volta il Vangelo propone un samaritano, uno straniero, un eretico come modello di fede: la tua fede ti ha salvato. La fede che salva non è una professione verbale, non si compone di formule ma di gesti pieni di cuore: il ritorno, il grido di gioia, l’abbraccio che stringe i piedi di Gesù.
Il centro della narrazione è la fede che salva. Tutti e dieci sono guariti. Tutti e dieci hanno creduto alla parola, si sono fidati e si sono messi in cammino. Ma uno solo è salvato. Altro è essere guariti, altro essere salvati. Nella guarigione si chiudono le piaghe, rinasce una pelle di primavera. Nella salvezza ritrovi la sorgente, tu entri in Dio e Dio entra in te, e fiorisce tutta intera la tua vita.

Sabato Della XXVII Settimana del Tempo Ordinario Anno C

Beato il grembo che ti ha portato.
Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 11,27-28)
In quel tempo, mentre Gesù parlava, una donna dalla folla alzò la voce e gli disse: «Beato il grembo che ti ha portato e il seno che ti ha allattato!».
Ma egli disse: «Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!». Parola del Signore.

RIFLESSIONI

Una donna dalla folla alzò la voce.
La vera beatitudine di ogni uomo mai potrà essere di origine umana. Anche perché la natura umana giace nella morte. Se è nella morte potrà solo generare frutti di morte per la morte. Mai essa potrà generare un solo frutto di vita. Essa è invece un dono di Dio fatto a coloro che osservano la sua Parola, camminano per le sue vie, obbediscono ad ogni suo comando, ascoltano la sua Parola e la mettono in pratica. Questa verità è la stessa preghiera del giusto, elevata a Dio attraverso i Salmi.
Una donna sente parlare Gesù. Resta ammirata dalla sua sapienza. Loda la madre, ritenendola la sorgente del suo essere e del suo operare. Gesù grida a sua volta alla folla che la vera beatitudine non viene dalla carne, anche se la carne della Madre sua è santa e Lei è beata nel suo cuore e nella sua anima per aver obbedito al Signore. Essa è il frutto dell’ascolto della Parola di Dio e della sua osservanza. Si ascolta, si osserva, si è beati nel tempo e nell’eternità. Non si ascolta, si possono anche godere gioie effimere, ma esse sono tutte avvelenate, conducono alla morte. Niente è dalla carne.
Ad ogni uomo che cerca la beatitudine nella ricchezza, nella corruzione, nel malaffare, nelle ingiustizie, nelle cose di questo mondo, la Chiesa deve gridare che né la carne, né il sangue, né la terra, né tutto ciò che la terra produce, potrà mai essere fonte di vera beatitudine. La sola vera beatitudine, che sarà sulla terra e continuerà nei cieli eterni, è quella che fruttifica sulla Parola di Dio ascoltata e osservata. La gioia è dalla Parola ed è una gioia eterna. Anche la povertà più povera vissuta nella Parola di Gesù dona gioia eterna.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, aiutateci a vivere di Parola.

Venerdì Della XXVII Settimana del Tempo Ordinario Anno C

Ogni regno diviso in se stesso va in rovina.
Chi non raccoglie con me, disperde.

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 11,15-26)

In quel tempo, [dopo che Gesù ebbe scacciato un demonio,] alcuni dissero: «È per mezzo di Beelzebùl, capo dei demòni, che egli scaccia i demòni». Altri poi, per metterlo alla prova, gli domandavano un segno dal cielo.
Egli, conoscendo le loro intenzioni, disse: «Ogni regno diviso in se stesso va in rovina e una casa cade sull’altra. Ora, se anche Satana è diviso in se stesso, come potrà stare in piedi il suo regno? Voi dite che io scaccio i demòni per mezzo di Beelzebùl. Ma se io scaccio i demòni per mezzo di Beelzebùl, i vostri figli per mezzo di chi li scacciano? Per questo saranno loro i vostri giudici. Se invece io scaccio i demòni con il dito di Dio, allora è giunto a voi il regno di Dio.
Quando un uomo forte, bene armato, fa la guardia al suo palazzo, ciò che possiede è al sicuro. Ma se arriva uno più forte di lui e lo vince, gli strappa via le armi nelle quali confidava e ne spartisce il bottino.
Chi non è con me, è contro di me, e chi non raccoglie con me, disperde.
Quando lo spirito impuro esce dall’uomo, si aggira per luoghi deserti cercando sollievo e, non trovandone, dice: “Ritornerò nella mia casa, da cui sono uscito”. Venuto, la trova spazzata e adorna. Allora va, prende altri sette spiriti peggiori di lui, vi entrano e vi prendono dimora. E l’ultima condizione di quell’uomo diventa peggiore della prima».
Parola del Signore.

RIFLESSIONI

“Chi non raccoglie con me, disperde” Lc 11,23
Come vivere questa Parola?

Immediatamente prima di questa forte asserzione, Gesù aveva affermato qualcosa di altrettanto forte: “Chi non è con me è contro di me”.
Ancora prima aveva risposto all’accusa che gli era stata fatta dai soliti oppositori: quella di cacciare i demoni con la forza di Belzebù, il loro capo. Quel dire poi senza vibrazione d’ira ma con piena consapevolezza, che col “dito di Dio” (cioè con l’onnipotenza divina) Egli lo allontana, è per noi la premessa di quest’altra parola che vogliamo oggi comprendere.
Sì, la vera realizzazione del nostro essere persona, dipende dal vivere in Gesù, così come Egli sempre quaggiù rimaneva orientato al Padre.
Ecco, il vero cristiano, sia che trascorra i giorni da scienziato ricercatore davanti all’ultimo modello di macchina elettronica, sia che lì viva davanti ai fornelli in cucina, è sempre in compagnia di Gesù.
Proprio questo suo essere in Cristo e con Cristo davanti al Padre nell’amore infinitamente unitivo dello Spirito Santo, lo aiuta a raccogliere positività dal suo buon operato.
Al contrario, chi vive immemore di questa realtà centrale della spiritualità cristiana che è L’essere inabitato dal Signore, disperde. Penso alla pula in balìa del vento, e a quella manciata di sterpi che questa mattina quassù ostruiva la strada.
Signore, io voglio, con la tua grazia, vivere Te, la tua presenza d’amore; so con certezza di fede che il risultato sarà poi “vita eterna” già iniziata qui e ora.
“Credere è fidarsi di Qualcuno, assentire alla chiamata di Dio che invita a rimettere la propria vita nelle mani di un Altro infinitamente potente nel volere soltanto il bene”

Giovedì Della XXVII Settimana del Tempo Ordinario Anno C

Chi chiede riceve, chi cerca trova
e a chi bussa sarà aperto.

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 11,5-13)
In quel tempo, Gesù disse ai discepoli: «Se uno di voi ha un amico e a mezzanotte va da lui a dirgli: “Amico, prestami tre pani, perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da offrirgli”, e se quello dall’interno gli risponde: “Non m’importunare, la porta è già chiusa, io e i miei bambini siamo a letto, non posso alzarmi per darti i pani”, vi dico che, anche se non si alzerà a darglieli perché è suo amico, almeno per la sua invadenza si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono.
Ebbene, io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto.
Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà una serpe al posto del pesce? O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!». Parola del Signore.

RIFLESSIONI

Gesù ci assicura che la nostra preghiera sarà esaudita. Se accontentiamo la richiesta di un amico in difficoltà, anche se dobbiamo fare grandi sforzi per rendergli questo favore, a maggior ragione Dio ascolterà la nostra preghiera perché è nostro amico. E quanto più essa sarà forte e pressante, tanto più egli l’ascolterà. Non si adirerà contro di noi nemmeno quando, perseveranti e pieni di fiducia e di rispetto, ci faremo insistenti al punto da importunarlo. È difficile trovare un amico del genere. Gesù ci assicura che Dio è proprio un tale amico. Dio esaudisce la nostra preghiera non solo perché egli è amico, ma anche perché è Padre. Tuttavia egli non concede sempre tutto ciò che chiediamo, perché ha un’offerta migliore da proporci: lo Spirito Santo, che non nega mai a nessuno che gliene faccia richiesta. Questo dono dello Spirito contiene tutti gli altri beni a cui l’uomo aspira. In lui sono soddisfatti i nostri desideri, anche i più segreti.
Nel Vangelo di oggi, Gesù ci insegna a perseverare nella preghiera e traccia una meravigliosa immagine di Dio, nostro amico e Padre.
«Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà una serpe al posto del pesce? O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!». Lc 11, 11-13
Come vivere questa Parola?
L’insegnamento della preghiera è per Gesù di massima importanza. Egli infatti sa con assoluta certezza che chi “chiede cerca bussa” alla porta del Padre Celeste, otterrà troverà, gli sarà aperto.
Proprio per dimostrare l’assolutezza di questa verità, Gesù narra la parabola di un Padre in normale rapporto di affettuosa comunicazione con il Figlio amato.
La bellezza del racconto sta tutta nei forti contrasti su cui si impianta la domanda: può forse un padre dare una pietra in risposta al figlio che gli sta chiedendo un pane?
Altro icastico contrasto; quello della serpe invece del pesce.
Immaginiamo la paura del ragazzo che, al padre forse pescatore di buon pesce, ne ha chiesto per sfamarsi; gli viene invece presentato un serpente.
Infine un contrasto ancora più forte: quello tra un semplice ma salutare uovo chiesto dal figlio quel velenosissimo animale che vien dato: uno scorpione.
Con questa cornice di forte colore narrativo che stimola l’immaginazione, Gesù più decisamente sospinge l’attenzione in Alto. In che senso? Perché se è impensabile per Gesù che un padre si abbrutisca nel dare risposte cattive di fronte al reale bisogno del figlio affamato, tanto più è impensabile che il Padre del Cielo ricusi il dono per eccellenza: lo Spirito Santo a chi glielo chiede pregando.
Signore, a volte sperperiamo la preziosità della preghiera in richieste stupide o di poco conto, o tutte riguardanti l’ambito delle cose materiali o quello soltanto della nostra famiglia. Ti prego, sveglia il nostro cuore, perché soprattutto chiediamo che sia acceso vivificato guidato dal tuo Spirito Santo: il dono per eccellenza.
La voce del Santo Padre
“Lo Spirito, è il nostro compagno di strada, un vero e grande amico. Senza di lui ci è impedito di conoscere Gesù”. Papa Francesco.

 

Mercoledì Della XXVII Settimana del Tempo Ordinario Anno C

Signore, insegnaci a pregare.
Quando pregate, dite: Padre…

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 11,1-4)

Gesù si trovava in un luogo a pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli».
Ed egli disse loro: «Quando pregate, dite:

Padre, sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno;
dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano,
e perdona a noi i nostri peccati,
anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore,
e non abbandonarci alla tentazione». Parola del Signore.

RIFLESSIONI

L’amore è l’essenza, il centro della vita cristiana, e la preghiera ne è il respiro. Per questo, dopo aver parlato del comandamento dell’amore, Gesù parla della preghiera.
La richiesta più importante della preghiera del Signore è costituita da queste parole: “Venga il tuo regno”. Esse costituiscono il filo conduttore della predicazione di Gesù e il fine della sua azione. Chi compie la volontà di Dio e si impegna a diffondere il suo regno sulla terra, può chiedere il pane quotidiano, simbolo del pane eucaristico e di quel nutrimento che tutti gli uomini salvati mangeranno alla mensa comune, nella casa del Padre. Ora, ciascuno di noi è debitore e peccatore nei confronti di Dio, completamente affidato alla sua misericordia. Dio ci perdona, ma esige che noi proviamo verso gli altri questa stessa misericordia che sa perdonare. Consapevoli dei rischi, preghiamo Dio di guidarci attraverso tutte le prove e tutte le tentazioni. Quando verrà il regno di Dio, tutte le nostre aspirazioni umane saranno soddisfatte, le nostre domande esaudite, e saremo liberi da tutti i pericoli.
La preghiera del Signore è la sintesi del Vangelo, e riassume, sotto forma di domanda, tutta la Rivelazione. Ecco perché è diventata la preghiera ufficiale della Chiesa, il modello e la fonte di tutte le altre preghiere.
Signore, insegnaci a pregare.
L’uomo è povero, anzi privo di tutto. La sua vita è dagli altri, è interamente dall’Altro, cioè da Dio, dal suo Signore e Creatore, dal suo Redentore e Salvatore, dal suo Ispiratore e Santificatore. L’uomo non è vita, non è fonte di vita, non ha in sé le radici del suo essere, del suo operare, del suo divenire, del suo tempo, della sua eternità. Dio è colui che è. “Io sono colui che sono”. L’uomo è colui che non è, perché se vuole essere, dovrà esserlo sempre da Dio e dai fratelli.
L’uomo può essere definito con una sola parola: “Mendicante eterno di vita”. Sulla terra e nel Cielo, nel tempo e nell’eternità lui sempre dovrà mendicare la vita, altrimenti precipita oggi e domani, in una morte eterna. Come ogni albero se vuole vivere deve essere ben piantato nella terra, così ogni uomo se vuole vivere, dovrà essere saldamente piantato in Dio e nei fratelli. Non solo in Dio, ma anche nei fratelli, che sono la via attraverso cui la vita di Dio scende e si riversa su di lui.
Oggi l’uomo ha smarrito questa verità. Pensa di essere da se stesso e per se stesso. È duro di cuore e tardo di mente. Ha reciso il legame sia con la sorgente divina del suo essere e sia con quella umana. È come se si fosse chiuso in una torre inviolabile di egoismo. Solo da se stesso. Solo per se stesso. È questa la vera morte. È questo il peccato dei peccati. È questa la superbia che avvelena l’umana convivenza. Se non riallaccia il vero legame con la Sorgente eterna e storica della sua vita, l’uomo si inabisserà sempre più nella sua morte eterna.
Chi può aiutare l’uomo ad uscire da questo fuoco di morte è solo la Chiesa una, santa, cattolica, apostolica. Può aiutarlo, ad una condizione: che essa stessa rinnovi secondo pienezza di verità i suoi vincoli di amore e di grazia con Dio Padre, Dio Figlio e Dio Spirito Santo. Se essa, al pari degli uomini da redimere, si fa da se stessa e non più dal Signore e Creatore, dal suo Redentore e Salvatore, dal suo Ispiratore e Santificatore, mai potrà dare vita. Anch’essa ne è priva e mai potrà giovare agli altri.
La preghiera è l’ininterrotta richiesta di vita a Dio che è la Sorgente eterna della vera vita. Essa è comunione perenne con la Fonte del nostro essere e del nostro divenire. Essa è legame indistruttibile con il Creatore della nostra quotidiana esistenza. Per questo dobbiamo rivestirci di santa umiltà, prostrarci dinanzi a Lui, confessarlo come il solo Autore della nostra vita e a Lui chiedergli ogni grazia, ogni aiuto, ogni assistenza perché possiamo essere ciò che Lui ha stabilito nel suo decreto eterno che noi siamo. Questa preghiera dovrà scandire i secondi, i minuti, le ore, i giorni, i mesi, gli anni. Mai un solo istante senza la nostra profonda prostrazione dinanzi al Dio della vita.
A Dio dobbiamo chiedere che scenda in noi e diventi il nostro unico e solo alito di vita. Sia Lui il nostro respiro, la nostra anima, il nostro spirito. Sia Lui nostra verità, grazia, bontà, misericordia, perfetta giustizia, autentica e vera santità. Sia Lui il nostro pane quotidiano, il nostro perdono, la liberazione da ogni male. Sia Lui a custodirci perché non cadiamo nella tentazione. Sia Lui non vita della nostra vita, ma la nostra stessa vita. Può pregare chi possiede questa fede purissima nel suo spirito e nella sua anima. La fede la si riceve da altri. È ogni discepolo di Gesù che deve essere un vero datore di fede. Dalla fede è la salvezza di ogni uomo, è la redenzione del mondo, è la vita della terra. Se noi Chiesa non ci rivestiamo di una purissima fede, il mondo rimarrà per sempre senza vita. Non conosce il Signore e non sa che la sua vita è interamente da Lui e per Lui, in Lui e con Lui. Aiuta la vita chi dona la vera fede.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci di fede forte, solida.