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21 APRILE 2019 DOMENICA DI PASQUA – RISURREZIONE DEL SIGNORE ANNO C Gv 20,1-9

«Raccontaci, Maria: che hai visto sulla via?»
«La tomba del Cristo vivente, la gloria del Cristo risorto,

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Giovanni. (Gv 20,1-9)
Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro.
Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!».
Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò.
Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte.
Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti. Parola del Signore.

Sequenza
Alla vittima pasquale,
s’innalzi oggi il sacrificio di lode.
L’Agnello ha redento il suo gregge,
l’Innocente ha riconciliato
noi peccatori col Padre.Morte e Vita si sono affrontate
in un prodigioso duello.
Il Signore della vita era morto;
ma ora, vivo, trionfa.«Raccontaci, Maria:
che hai visto sulla via?».
«La tomba del Cristo vivente,
la gloria del Cristo risorto,
e gli angeli suoi testimoni,
il sudario e le sue vesti.
Cristo, mia speranza, è risorto:
precede i suoi in Galilea».Sì, ne siamo certi:
Cristo è davvero risorto.
Tu, Re vittorioso,
abbi pietà di noi.

RIFLESSIONI

La Risurrezione gloriosa del Signore è la chiave per interpretare tutta la sua vita, ed è il fondamento della nostra Fede.
Senza questa vittoria sulla morte, qualsiasi predicazione sarebbe vana e la nostra Fede priva di fondamento. Inoltre, è sulla Risurrezione di Gesù che appoggia la nostra futura risurrezione. La Pasqua è la festa della nostra Redenzione e, quindi, festa di ringraziamento e di gioia.
La Risurrezione del Signore è una realtà centrale della Fede cristiana, e come tale è stata predicata fin dagli inizi del Cristianesimo.
Ma cosa significa risorgere da morte?
Forse non si riflette abbastanza sulla Risurrezione di Gesù perché è assente la meditazione della sua Passione e Morte. Una minima percentuale di cristiani si sofferma ogni giorno a meditare la vita di Gesù e, quindi, la maggioranza non si pone il quesito del profondo significato della Risurrezione.
Se ne parla della Risurrezione, si predica, è il fondamento della nostra Fede, ma quanto abbiamo veramente compreso in questi anni della vittoria di Gesù sulla morte? È una ottima riflessione leggere e approfondire periodicamente le risurrezioni compiute dal Signore durate la sua vita pubblica.
La più straordinaria rimane quella di Lazzaro, morto da quattro giorni ed era già iniziato il processo di decomposizione del suo corpo, infatti tra i tre e i sei giorni, che rappresentano il primo stadio, i tessuti molli cominciano a decomporsi. Quando cessa la respirazione e la circolazione, le cellule restano prive dell’abituale rifornimento di ossigeno e possono sopravvivere da un minuto a qualche giorno. Inevitabilmente la morte fa parte del ciclo naturale della vita. Quando arriva, in ogni essere umano inizia un complesso processo con cui il corpo umano ritorna gradualmente alla polvere. Inizia la decomposizione che trasforma le nostre strutture biologiche in semplici elementi costitutivi organici e inorganici.
In ogni persona si verificherà questo processo, era già iniziato in Lazzaro e lo disse Marta a Gesù non appena arrivò a Betania: “Signore, già manda cattivo odore, poiché è di quattro giorni” (Gv 11,39). Questa precisazione di Marta era la risposta all’ordine perentorio dato da Gesù: “Togliete la pietra!” (Gv 11,39).
È molto bello il dialogo tra Gesù e Marta quando ella gli và incontro fuori casa e dice un atto di Fede profondo: “Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! Ma anche ora so che qualunque cosa chiederai a Dio, Egli Te la concederà” (Gv 11,22). Gesù si commuove sentendo queste parole, aveva pianto per la morte di Lazzaro ma precisa: “Tuo fratello risusciterà” (Gv 11,23).
Marta risponde con l’insegnamento del Maestro e in buonafede dice: “So che risusciterà nell’ultimo giorno” (Gv 11,24).
Così infatti avverrà per tutti gli esseri umani, ma per Lazzaro e in altre circostanze simili, come per la figlia di Giairo e il fanciullo, figlio unico di una madre vedova, che Gesù incontrò davanti mentre si dirigeva in un villaggio, la risurrezione è avvenuta dopo alcune ore o quattro giorni, ma poi sono tutti morti. Diciamo nuovamente.
Gesù aveva ritardato apposta il viaggio a Betania per omaggiare il corpo di Lazzaro, voleva dare a tutti una ulteriore prova della sua Divinità, infatti non tutti erano ben formati anche se ascoltavano spesso i suoi insegnamenti. Pone a Marta una domanda: “Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morrà in eterno. Credi tu questo?” (Gv 11,25-26).
Marta non può che rispondere affermativamente, ma con il fratello morto da quattro giorni la Fede di molti altri sarebbe crollata.
Non è scontata una risposta affermativa di una sorella che ha sepolto il corpo del familiare e che era morto quattro giorni prima. Marta aveva veramente una Fede pura e sicura: “Sì, o Signore, io credo che Tu sei il Cristo, il Figlio di Dio che deve venire nel mondo” (Gv 11,27).
Tranne questi casi evangelici, ogni persona che muore cambia condizione di vita ma senza il corpo, il quale si decompone e risusciterà nel giorno del Giudizio universale. La risurrezione dei morti sarà l’atto conclusivo della storia umana, chiamato appunto il Giudizio universale.
Tutti proclamiamo nel Credo che Gesù Cristo, salito al Cielo, ritornerà un giorno “per giudicare i vivi e i morti”.
La Risurrezione di Gesù indica che il suo Corpo non si è assolutamente decomposto e che Lui è vivo con il suo Corpo.
In chi non si è verificato il processo di decomposizione del Corpo? Oltre Gesù.
Il miracolo che festeggiamo a Pasqua è di tale rilevanza che gli Apostoli sono, prima di tutto, testimoni della sua Risurrezione. Il nucleo di tutta la loro predicazione è l’annuncio che Cristo vive. È il vivente. Ed è quanto, dopo venti secoli, anche noi annunciamo al mondo: Gesù vive!
La Risurrezione è la prova suprema della Divinità del Signore Gesù!
Ma per circa 6 miliardi di persone Gesù non è Dio, anche per molti cristiani non è vivo perché non Lo pregano, non lo mettono al centro o comunque presente nella loro vita. Solo per centinaia di milioni di cristiani che Lo adorano, Gesù è vivo.
Da quanto si legge e si ascolta, anche per molti uomini di Chiesa non è vivo, e parlano di Lui senza metterci amore, senza cuore, e questo i credenti lo comprendono molto bene. Allora per compensare la mancanza di vero amore si parla di tutt’altro che forse non forma i cristiani, e si sorvola sulla gravissima crisi di Fede.
Per chi è Risorto veramente oggi il Signore?
“Non chiunque mi dice: Signore, Signore… ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli” (Mt 7,21).
Oggi dobbiamo meditare sull’amore che proviamo per Gesù, se è sincero e lo avvertiamo intimamente, se è ancora debole e bisogna impegnarsi di più per renderlo forte, se c’è ancora indifferenza nelle nostre pratiche di pietà o se c’è pigrizia nel pregare.
La Risurrezione di Gesù è un forte richiamo a vivere da risorti, a compiere premuroso apostolato. La Pasqua ci dice che dobbiamo essere luce e portare luce agli altri. Per questo, dobbiamo restare uniti al Signore con una preghiera frequente nella giornata per non far spegnere la fiamma viva di amore.
Pietro e Giovanni corsero al Sepolcro per vedere cosa era avvenuto dopo l’apparizione avuta dalla Maddalena, la loro corsa è l’inizio del nuovo cammino degli Apostoli, anche se graduale. La tomba vuota è anche silenziosa, non c’è nulla ma rimane la prova della Risurrezione di Gesù.
Anche noi dobbiamo avere questa premura amorevole nel cercare Gesù, ogni giorno e in ogni circostanza anche con brevi atti di amore. Non rimanga mai la nostra anima vuota della presenza di Dio, solo la tomba del Sepolcro deve rimanere vuota.
La Madonna oggi è raggiante di gioia per la Risurrezione di Gesù, e La ricordiamo così, anche se il suo Cuore soffre per tutti noi!

Rivelazione di Gesù a Maria Valtorta

Corrispondenza nell’“Evangelo come mi è stato rivelato” di Maria Valtorta Capitoli 618,1-6 e 619,1-13

Maria Santissima è prostrata col volto a terra. Pare una povera cosa abbattuta. Pare quel fiore morto di sete di cui Ella ha parlato.

La finestra chiusa si apre con un impetuoso sbattimento delle pesanti imposte e, col raggio del primo sole, entra Gesù.

Maria, che s’è scossa al rumore e che alza il capo per vedere che vento abbia aperto le imposte, vede il suo raggiante Figlio: bello, infinitamente più bello di quando ancora non aveva patito, sorridente, vivo, luminoso più del sole, vestito di un bianco che par luce tessuta, e che si avanza verso di Lei.

Ella si raddrizza sui ginocchi e, congiungendo le mani sul petto, in croce, dice con un singhiozzo che è riso e pianto: «Signore, mio Dio». E resta così rapita nel contemplarlo col viso tutto lavato di lacrime ma fatto sereno, pacificato dal sorriso e dall’estasi.

Ma Egli non La vuole vedere, la sua Mamma, in ginocchio come una serva. E La chiama, tendendole le mani dalle cui ferite escono raggi che fanno ancor più luminosa la sua Carne gloriosa: «Mamma!».

Ma non è la parola accorata dei colloqui e degli addii avanti la Passione, né il lamento straziato dell’incontro sul Calvario e dell’agonia. È un grido di trionfo, di gioia, di liberazione, di festa, di amore, di gratitudine. E si curva sulla sua mamma, che non osa toccarlo, e Le mette le sue Mani sotto i gomiti piegati, e La alza in piedi e La stringe al Cuore e La bacia.

Oh! Allora Maria comprende che non è una visione, che è il Figlio realmente risorto, che è il suo Gesù, il Figlio che l’ama da Figlio ancora. E con un grido gli si getta al collo e Lo abbraccia e Lo bacia, ridendo nel pianto. Lo bacia sulla fronte dove non sono più ferite, sulla testa non più spettinata e sanguinosa, sugli occhi fulgidi, sulle Guance risanate, sulla bocca non più enfiata. E poi gli prende le mani e ne bacia il dorso e la palma, sulle raggianti ferite, e d’un subito si curva ai suoi piedi e li scopre da sotto la veste splendente e li bacia.

Poi si alza, Lo guarda, non osa.

Ma Egli sorride e capisce. Socchiude la veste sul petto e dice: «E questa, Mamma, non la baci questa che t’ha fatto tanto male e che Tu sola sei degna di baciare? Baciami sul Cuore, Mamma. Il tuo bacio mi leverà l’ultimo ricordo di tutto quanto è dolore, e mi darà quella gioia che ancora manca alla mia gioia di risorto».

E prende fra le sue mani il volto della Madre e ne appoggia le labbra sulle labbra della ferita del Costato, da cui escono fiotti di luce vivissima. Il viso di Maria è aureolato da quella luce, tuffato come è nel suo raggio.

Ella bacia, bacia, mentre Gesù La carezza. Non si stanca di baciare. Pare un assetato che abbia attaccato la bocca alla fonte e ne beva la vita che gli sfuggiva.

Ora Gesù parla.

«Tutto è finito, Mamma. Ora non hai più da piangere per il tuo Figlio. La prova è compiuta. La Redenzione è avvenuta.

Mamma, grazie di avermi concepito, allevato, aiutato in vita e in morte.

Ho sentito venire a Me le tue preghiere. Esse sono state la mia forza nel dolore, le mie compagne nel mio viaggio sulla Terra ed oltre la Terra. Esse sono venute meco sulla Croce e nel Limbo.

Erano l’incenso che precedeva il Pontefice, che andava a chiamare i suoi servi per portarli nel tempio che non muore: nel mio cielo. Esse sono venute meco in Paradiso, precedendo come voce angelica il corteo dei redenti guidati dal Redentore, perché gli Angeli fossero pronti a salutare il Vincitore che tornava al suo Regno.

Esse sono state udite e viste dal Padre e dallo Spirito, che ne hanno sorriso come del fiore più bello e del canto più dolce nati in Paradiso. Esse sono state conosciute dai Patriarchi e dai nuovi Santi, dai nuovi, primi cittadini della mia Gerusalemme, ed Io ti porto il loro grazie, Mamma, insieme al bacio dei parenti e alla loro benedizione e a quella del tuo Sposo d’anima, Giuseppe.

Tutto il cielo canta il suo osanna a Te, Madre mia, Mamma Santa! Un osanna che non muore, che non è bugiardo come quello dato a Me pochi giorni sono.

Ora Io vado al Padre con la mia veste umana. Il Paradiso deve vedere il Vincitore nella sua veste d’Uomo con cui ha vinto il Peccato dell’uomo. Ma poi verrò ancora. Devo confermare nella Fede chi non crede ancora ed ha bisogno di credere per portare altri a credere, devo fortificare i pusillanimi che avranno bisogno di tanta fortezza per resistere al mondo.

Poi salirò al Cielo. Ma non ti lascerò sola.

Mamma, lo vedi quel velo? Ho, nel mio annichilimento, sprigionato ancora potenza di miracolo per Te, per darti quel conforto. Ma per Te compio un altro miracolo. Tu mi avrai, nel Sacramento, reale come ero quando mi portavi.

Non sarai mai sola. In questi giorni lo sei stata. Ma alla mia Redenzione occorreva anche questo tuo dolore. Molto va continuamente aggiunto alla Redenzione, perché molto sarà continuamente creato di peccato. Chiamerò tutti i miei servi a questa compartecipazione redentrice. Tu sei quella che da sola farai più di tutti i Santi insieme. Perciò ci voleva anche questo lungo abbandono.

Ora non più. Io non sono più diviso dal Padre. Tu non sarai più divisa dal Figlio. E, avendo il Figlio, hai la Trinità nostra. Cielo vivente, tu porterai sulla Terra la Trinità fra gli uomini e santificherai la Chiesa, tu, Regina del Sacerdozio e Madre dei Cristiani.

Poi Io verrò a prenderti. E non sarò più Io in Te, ma Tu in Me, nel mio Regno, a far più bello il Paradiso.

Ora vado, Mamma. Vado a fare felice l’altra Maria. Poi salgo al Padre. Indi verrò a chi non crede.

Mamma. Il tuo bacio per benedizione. E la mia Pace a te per compagna. Addio».

E Gesù scompare nel sole che scende a fiotti dal cielo mattutino e sereno.

Le donne, intanto, uscite dalla casa camminano rasente al muro, ombre nell’ombra. Per qualche tempo tacciono, tutte imbacuccate e paurose di tanto silenzio e solitudine. Poi, rassicurandosi alla vista della calma assoluta che è in città, si riuniscono in gruppo e osano parlare.

«Saranno già aperte le porte?», chiede Susanna.

«Certo. Guarda là il primo ortolano che entra con le verdure. Va al mercato», risponde Salome.

«Ci diranno nulla?», chiede ancora Susanna.

«Chi?», domanda la Maddalena.

«I soldati, alla porta Giudiziaria. Di lì… entrano pochi ed escono meno ancora… Daremo sospetti…».

«E con ciò? Ci guarderanno. Vedranno cinque donne che vanno verso la campagna. Potremmo essere anche persone che, fatta la Pasqua, andiamo ai nostri paesi».

«Però… Per non dare nell’occhio a qualche malintenzionato, perché non usciamo da un’altra porta e poi giriamo rasente alle mura?…».

«Allungheremo la strada».

«Ma saremo più sicure. Prendiamo la porta dell’Acqua…».

«Oh! Salome! Se fossi in te, sceglierei la porta Orientale! Più lungo il giro dovresti fare! Occorre fare presto e tornare presto». È la Maddalena questa così recisa.

«Allora un’altra, ma non quella Giudiziaria. Sii buona…», pregano tutte.

«E va bene. Allora, posto che volete così, passiamo da Giovanna. Si è raccomandata di farglielo sapere. Se fossimo andate dirette, si poteva fare senza. Ma poiché volete fare un giro più lungo, passiamo da lei…».

«Oh! sì. Anche per le guardie messe là… Lei è nota e temuta…».

«Io direi di passare anche da Giuseppe d’Arimatea. È il padrone del luogo».

«Ma sì! Facciamo un corteo, adesso, per non dare nell’occhio! Oh! che pavida sorella che ho! Piuttosto, sai Marta? Facciamo così. Io vado avanti e guardo. Voi venite dietro con Giovanna. Mi metterò in mezzo alla via, se c’è del pericolo, e mi vedrete. E torneremo indietro. Ma vi assicuro che le guardie, davanti a questo -io ci ho pensato (e mostra una borsa piena di monete)- ci lasceranno fare tutto».

«Lo diremo anche a Giovanna. Hai ragione».

«Allora andate, che io vado».

«Vai sola, Maria? Io vengo con te», dice Marta timorosa per la sorella.

«No. Tu va con Maria d’Alfeo da Giovanna. Salome e Susanna ti aspetteranno presso la porta, dalla parte di fuori delle mura. E poi verrete per la via maestra tutte insieme. Addio». E Maria Maddalena tronca altri possibili commenti andandosene veloce con la sua borsa di balsami e le sue monete in seno.

Vola, tanto va lesta nella strada che si fa più lieta nel primo rosare dell’aurora. Passa la porta Giudiziaria per fare più presto. Nessuno la ferma…

Le altre la guardano andare, poi volgono le spalle alla biforcazione di vie dove erano e ne prendono un’altra, stretta e oscura, che poi si apre, in prossimità del Sisto, in una più vasta e aperta in cui sono belle case. Si dividono ancora, Salome e Susanna procedendo per la via, mentre Marta e Maria d’Alfeo bussano al portone ferrato e si mostrano al finestrino (spioncino) che il portinaio socchiude.

Entrano e vanno da Giovanna che, già alzata e tutta vestita di un viola scurissimo che la fa ancora più pallida, manipola anche essa degli oli insieme alla nutrice e ad una servente.

«Siete venute? Dio ve ne compensi. Ma, non foste venute, sarei andata da me… Per trovare conforto… Perché molte cose sono rimaste turbate dopo quel tremendo giorno. E per non sentirmi sola devo andare contro quella pietra e bussare e dire: “Maestro, sono la povera Giovanna… Non mi lasciare sola anche Tu…”».

Giovanna piange piano ma con molta desolazione, mentre Ester, la nutrice, fa dei grandi segni indecifrabili dietro le spalle della padrona, intanto che le mette il mantello.

«Io vado, Ester».

«Dio ti conforti!».

Escono dal palazzo per raggiungere le compagne. È in questo momento che avviene il breve e forte terremoto, che getta di nuovo nel panico i gerosolimitani, ancora terrorizzati dagli avvenimenti del venerdì. Le tre donne tornano sui loro passi, precipitosamente, e nell’ampio vestibolo, fra le serve e i servi urlanti e invocanti il Signore, stanno paurose di nuovo scosse…

La Maddalena, invece, è proprio al limitare del viottolo che porta all’orto dell’Arimatea quando la coglie il boato potente, e pure armonico, di questo segno celeste, mentre, nella luce appena rosata dell’aurora che si avanza nel cielo, dove ancora a occidente resiste una tenace stella, e che fa bionda l’aria fino allora verdolina, si accende una grande luce, che scende come fosse un globo incandescente, splendidissimo, tagliando a zig-zag l’aria quieta.

Maria di Magdala ne è quasi sfiorata e rovesciata al suolo. Si curva un momento mormorando: «Mio Signore!», e poi si raddrizza come uno stelo dopo il passar del vento e, ancora più ratta, corre verso l’ortaglia.

Vi entra veloce, andando, come un uccello inseguito e cercante il nido, verso il sepolcro di roccia. Ma, per quanto vada veloce, non può essere là quando la celeste meteora fa da leva e da fiamma sul sigillo di calcina messo a rinforzo del pesante pietrone, né quando con fragore finale la porta di pietra cade, dando uno scuotio che si unisce a quello del terremoto che, se è breve, è di una violenza tale che atterra le guardie come morte.

Maria, sopraggiungendo, vede questi inutili carcerieri del Trionfatore gettati al suolo come un fascio di spighe falciate. Maria Maddalena non riconnette il terremoto con la Risurrezione. Ma, vedendo quello spettacolo, crede che sia il castigo di Dio sui profanatori del Sepolcro di Gesù, e cade in ginocchio dicendo: «Ahimé! Lo hanno rapito!». È veramente desolata e piange come una bambina che sia venuta sicura di trovare il padre cercato e trovi invece vuota la dimora.

Poi si alza e corre via per andare da Pietro e Giovanni. E, dato che più non pensa che ad avvisare i due, non ricorda di andare incontro alle compagne, di arrestarsi sulla via, ma veloce come una gazzella ripassa per la strada già fatta, supera la porta Giudiziaria e vola per le strade che sono un poco più animate, si abbatte contro il portone della casa ospitale e lo batte e lo scuote furiosamente.

Le apre la padrona. «Dove sono Giovanni e Pietro?», chiede affannosa Maria Maddalena.

«Là», e la donna indica il Cenacolo.

Maria di Màgdala entra e, appena è dentro, davanti ai due stupiti dice, e nella voce tenuta bassa per pietà della Madre è più affanno che se avesse urlato, dice: «Hanno portato via il Signore dal Sepolcro! Chissà dove Lo hanno messo!», e per la prima volta traballa e vacilla e, per non cadere, si afferra dove può.

«Ma come? Che dici?», chiedono i due.

E lei, con affanno: «Sono andata avanti… per comperare le guardie… perché ci lasciassero fare. Loro sono là come morte… Il Sepolcro è aperto, la pietra per terra… Chi? Chi sarà stato? Oh! venite! Corriamo…».

Pietro e Giovanni si avviano subito. Maria li segue per qualche passo. Poi torna indietro. Afferra la padrona di casa, la scrolla, violenta nel suo previdente amore, e le fischia in volto: «Guardati bene da far passare nessuno da Lei (e accenna la porta della stanza di Maria). Ricordati che io sono la tua padrona. Ubbidisci a taci». E poi la lascia esterrefatta e raggiunge gli apostoli, che a gran passi vanno verso il Sepolcro…

Susanna e Salome, intanto, lasciate le compagne e raggiunte le mura, vengono colte dal terremoto. Impaurite, si rifugiano sotto una pianta e stanno là, combattute fra la smania di andare verso il Sepolcro e quella di scappare presso Giovanna. Ma l’amore vince la paura e vanno verso il Sepolcro.

Entrano ancora sbigottite nell’ortaglia e vedono le guardie tramortite… vedono una grande luce uscire dal Sepolcro aperto. Si aumenta il loro sbigottimento e finisce di farsi completo quando, tenendosi per mano per farsi coraggio a vicenda, si affacciano sulla soglia e, nel buio della grotta sepolcrale, vedono una creatura luminosa e bellissima, dolcemente sorridente, salutarle dal posto dove sta: appoggiata a destra della pietra dell’unzione, che si annulla col suo grigio dietro a tanto incandescente splendore. Cadono a ginocchi, sbalordite di stupore.

Ma l’Angelo dolcemente parla loro: «Non abbiate timore di me. Sono l’Angelo del Divino Dolore. Sono venuto per bearmi della fine di esso. Più non è il dolore del Cristo, il suo avvilimento nella morte. Gesù di Nazareth, il Crocifisso che voi cercate, è risorto. Non è più qui! Vuoto è il posto dove era deposto. Giubilate con me. Andate. Dite a Pietro e ai discepoli che Egli è risorto e vi precede in Galilea. Là lo vedrete ancora per poco, secondo che ha detto».

Le donne cadono col volto a terra e quando lo alzano fuggono come fossero inseguite da un castigo. Sono terrorizzate e mormorano: «Ora morremo! Abbiamo visto l’Angelo del Signore!».

Si calmano un poco in aperta campagna e si consigliano. Che fare? Se dicono ciò che hanno visto, non saranno credute. Se dicono anche di venire di là, possono essere accusate dai giudei di aver ucciso le guardie. No. Non possono dire nulla, né agli amici, né ai nemici…

Pavide, ammutolite, tornano da altra via verso casa. Entrano e si rifugiano nel Cenacolo. Neppure chiedono di vedere Maria… E là pensano che quanto hanno visto non sia che un inganno del demonio. Umili come sono, giudicano che «non può essere che a loro sia stato concesso di vedere il messo di Dio. È satana che le ha volute impaurire per allontanarle di là.

Piangono e pregano come due bambine impaurite da un incubo…

Il terzo gruppo, quello di Giovanna, Maria d’Alfeo e Marta, visto che nulla succede di nuovo, si decide ad andare là dove certo le compagne attendono. Escono nelle strade, dove ormai vi è gente impaurita, che commenta il nuovo terremoto e lo ricollega ai fatti del Venerdì e vede anche quello che non c’è.

«Meglio se sono tutti spauriti! Forse lo saranno anche le guardie e non faranno eccezioni», dice Maria d’Alfeo. E vanno svelte verso le mura.

Ma, mentre loro vanno là, all’ortaglia sono già giunti Pietro e Giovanni, seguiti dalla Maddalena.

E Giovanni, più svelto, giunge per primo al sepolcro. Le guardie non ci sono più. E più non c’è l’Angelo.

Giovanni si inginocchia, timoroso e dolente, sulla soglia spalancata, e per venerare e per cogliere qualche indizio dalle cose che vede. Ma non vede che ammucchiati per terra i panni-lini messi sopra la sindone. «Non c’è proprio, Simone! Maria ha visto bene. Vieni, entra, guarda».

Pietro, col fiato grosso per il gran correre fatto, entra nel Sepolcro. Aveva detto per via: «Io non oserò accostarmi a quel posto». Ma ora non pensa altro che a scoprire dove può essere il Maestro. E Lo chiama anche, come Egli potesse essere nascosto in qualche angolo buio.

L’oscurità, in questa ora mattutina, è ancora forte nel profondo del sepolcro, a cui dà luce solo la piccola apertura della porta su cui ora fanno ombra Giovanni e la Maddalena… E Pietro stenta a vedere, e deve aiutarsi con le mani a vedere… Tocca, e trema, il tavolo dell’unzione e lo sente vuoto…

«Non c’è, Giovanni! Non c’è!… Oh! vieni anche tu! Io ho tanto pianto che non ci vedo quasi in questa poca luce».

Giovanni si alza in piedi ed entra. E, mentre lo fa, Pietro scopre il sudario posto in un angolo, ben piegato e con dentro la sindone arrotolata con cura.

«Lo hanno proprio rapito. Le guardie erano non per noi, ma per fare questo… E noi l’abbiamo lasciato fare. Coll’andarcene lo abbiamo permesso!…».

«Oh! dove lo avranno messo?».

«Pietro! Pietro! Ora… è proprio finita!».

I due discepoli sono annientati.

«Andiamo, donna. Tu lo dirai alla Madre…».

«Io non vengo via. Sto qui… Qualcuno verrà… Oh! io non vengo… Qui c’è ancora qualcosa di Lui. Aveva ragione la Madre… Respirare l’aria dove Egli fu è l’unico sollievo che ci resta».

«L’unico sollievo… Ora lo vedi tu pure che era fola sperare…», dice Pietro.

Maria neppure risponde. Si accascia al suolo, proprio presso la porta, e piange, mentre gli altri vanno via lentamente.

Poi alza il capo e guarda dentro, e fra le lacrime vede due Angeli seduti a capo e a piedi della pietra dell’unzione. È tanto intontita la povera Maria, nella sua più fiera battaglia fra la speranza che muore e la fede che non vuole morire, che li guarda inebetita, senza neppure stupirsene. Non ha più altro che lacrime la forte che a tutto ha resistito da eroina.

«Perché piangi, donna?», chiede uno dei due luminosi fanciulli, perché di adolescenti bellissimi hanno l’aspetto.

«Perché hanno portato via il mio Signore e non so dove me lo hanno messo».

Maria non ha paura a parlare con loro, ma chiede: «Chi siete?». Nulla. Nulla più le fa stupore. Tutto quanto può stupire una creatura ella lo ha già subito. Ora non è che una cosa spezzata che piange senza vigore e ritegno.

Il giovinetto angelico guarda il compagno e sorride. E l’altro pure. E in un balenare di letizia angelica ambedue guardano fuori, verso l’ortaglia tutta in fiore per i milioni di corolle che si sono aperte al primo sole sui meli fitti del pometo.

Maria si volta per vedere chi guardano. E vede un Uomo, bellissimo, che non so come non possa riconoscere subito. Un Uomo che la guarda con pietà e le chiede:

«Donna, perché piangi? Chi cerchi?».

È vero che è un Gesù offuscato dalla sua pietà verso la creatura, che le troppe emozioni hanno sfinita e che potrebbe morire per improvvisa gioia, ma proprio mi chiedo come possa non riconoscerlo.

E Maria fra i singhiozzi:

«Mi hanno preso il Signore Gesù! Ero venuta per imbalsamarlo in attesa che sorgesse… Ho tenuto raccolto tutto il mio coraggio e la mia speranza e la mia fede intorno al mio amore… e ora non Lo trovo più… Anzi ho messo il mio amore intorno alla fede, alla speranza e al coraggio, per difendere questi dagli uomini… Ma è tutto inutile! Gli uomini hanno rubato il mio Amore e con esso tutto mi hanno levato… O mio signore, se sei tu che lo hai portato via, dimmi dove Lo hai messo. Ed io Lo prenderò…

Non lo dirò a nessuno… Sarà un segreto fra me e te. Guarda: sono la figlia di Teofilo, la sorella di Lazzaro, ma ti sto in ginocchio davanti a supplicarti, come una schiava. Vuoi che ti compri il suo Corpo? Lo farò. Quanto vuoi? Sono ricca. Posso darti tant’oro e gemme per quanto esso pesa. Ma rendimelo. Non ti denuncerò. Vuoi percuotermi? Fallo. A sangue, se vuoi. Se hai un odio per Lui, fallo scontare a me. Ma rendimelo.

Oh! non mi fare povera di questa miseria, o mio signore! Pietà di una povera donna!… Per me non vuoi? Per sua Madre, allora. Dimmi! Dimmi dove è il mio Signore Gesù. Sono forte. Lo prenderò fra le braccia e Lo porterò come un bambino in salvo. Signore… signore… tu lo vedi… da tre giorni siamo percossi dall’ira di Dio per quello che fu fatto al Figlio di Dio… Non aggiungere Profanazione a Delitto…».

«Maria!».

Gesù sfavilla nel chiamarla. Si svela nel suo fulgore trionfante.

«Rabboni!».

Il grido di Maria è veramente “il grande grido” che chiude il ciclo della morte. Col primo le tenebre dell’odio fasciarono la Vittima di bende funebri, col secondo le luci dell’amore aumentarono il suo splendore. E Maria si alza nel grido che empie l’ortaglia, corre ai piedi di Gesù, li vorrebbe baciare.

Gesù la scosta toccandola appena col sommo delle dita presso la fronte:

«Non mi toccare! Non sono ancora salito al Padre mio con questa veste. Va dai miei fratelli e amici, e di loro che Io salgo al Padre mio e vostro, al Dio mio e vostro. E poi verrò da loro».

E Gesù scompare, assorbito da una luce insostenibile.

Maria bacia il suolo dove Egli era e corre verso casa. Entra come un razzo, perché il portone è socchiuso per dare passaggio al padrone che esce per andare alla fonte; apre la porta della stanza di Maria e le si abbandona sul cuore gridando:

«È risorto! È risorto!», e piange beata.

E mentre accorrono Pietro e Giovanni, e dal Cenacolo avanzano spaurite Salome e Susanna e ascoltano il suo racconto, ecco entrare anche, dalla via, Maria d’Alfeo con Marta e Giovanna, che a fiato mozzo dicono di «essere anche loro state là e di avere visto due Angeli che si dicevano il Custode dell’Uomo Dio e l’Angelo del suo Dolore, e che hanno dato loro l’ordine di dire ai discepoli che Egli era risorto».

E poiché Pietro scrolla il capo, insistono dicendo:

«Sì. Hanno detto: “Perché cercate il Vivente fra i morti? Egli non è qui. È risorto, come disse quando ancora era in Galilea. Non ricordate? Disse: ‘Il Figlio dell’Uomo deve essere dato nelle mani dei peccatori ed essere crocifisso. Ma il terzo giorno risusciterà?”».

Pietro scrolla il capo dicendo: «Troppe cose in questi giorni! Ne siete rimaste turbate».

La Maddalena alza il capo dal petto di Maria e dice: «L’ho visto! Gli ho parlato. Mi ha detto che sale al Padre e poi viene. Come era bello!», e piange come non ha mai pianto, ora che non ha più da torturare se stessa per fare forza contro il dubbio sorgente da ogni lato.

Ma Pietro, e anche Giovanni, restano molto dubbiosi. Si guardano, ma il loro occhio dice: «Immaginazione di donne!».

Anche Susanna e Salome osano allora parlare. Ma la stessa inevitabile diversità nei particolari delle guardie che prima ci sono come morte e poi non ci sono, degli Angeli che ora sono uno e ora due e che agli apostoli non si sono mostrati, delle due versioni sul venire qui di Gesù o sul precedere i suoi in Galilea, fa sì che il dubbio e, anzi, la persuasione degli apostoli cresca sempre più.

Maria, la Madre beata, tace sorreggendo la Maddalena… Non comprendo il mistero di questo silenzio materno.

Maria d’Alfeo dice a Salome: «Torniamo là noi due. Vediamo se siano tutte ebbre…». E corrono fuori.

Le altre restano, pacatamente derise dai due apostoli, presso Maria che tace, assorta in un pensiero che tutti interpretano a modo loro, e nessuno comprende che è in estasi.

Tornano le due attempate donne:

«È vero! È vero! Noi Lo abbiamo visto. Ci ha detto, presso l’orto di Barnaba: “La pace a voi. Non temete. Andate a dire ai miei fratelli che sono risorto e che vadano fra qualche giorno in Galilea. Là staremo ancora insieme”.

Così ha detto. Maria ha ragione. Bisogna dirlo a quelli di Betania, a Giuseppe, a Nicodemo, ai discepoli più fidi, ai pastori, andare, fare, fare… Oh! è risorto!…», piangono tutte beate.

«Folli siete, donne. Il dolore vi ha turbate. La luce vi è parsa un Angelo. Il vento voce. Il sole il Cristo. Io non vi critico. Vi capisco, ma non posso che credere che a ciò che io ho visto: il Sepolcro aperto e vuoto, e le guardie fuggite col Cadavere nascosto».

«Ma se lo dicono le guardie stesse che è risorto! Se la città è in subbuglio e i principi dei sacerdoti sono folli d’ira, perché le guardie hanno parlato fuggendo esterrefatte! Ora vogliono che dicano diverso e le pagano perciò. Ma già si sa. E se i giudei non credono alla Risurrezione, non vogliono credere, molti altri credono…».

«Uhm! Le donne!…».

Pietro alza le spalle e fa per andarsene.

Allora la Madre, che ha sempre sul cuore la Maddalena che piange come un salice sotto un’acquata per la sua troppo grande gioia e che la bacia sui capelli biondi, alza il viso trasfigurato e dice una breve frase:

«È realmente risorto. Io l’ho avuto fra le braccia e ne ho baciato le Piaghe».

E poi si curva sui capelli dell’appassionata e dice:

«Sì, la gioia è ancora più forte del dolore. Ma non è che una briciola di rena di quello che sarà il tuo oceano di gioia eterna. Te beata che sopra la ragione hai fatto parlare lo spirito».

Pietro non osa più negare… e con uno di quei trapassi del Pietro antico, che ora ritorna ad affiorare, dice, e urla, come se dagli altri e non da lui dipendesse il ritardo:

«Ma allora, se è così, bisogna farlo sapere agli altri. A quelli dispersi per le campagne… cercare… fare… Su, muovetevi. Se dovesse proprio venire… che ci trovi almeno», e non si accorge che ancora confessa di non credere ciecamente alla sua Risurrezione.

Estratto di “l’Evangelo come mi è stato rivelato” di Maria Valtorta

21 APRILE 2019 DOMENICA DI PASQUA – RISURREZIONE DEL SIGNORE ANNO C Gv 20,1-9ultima modifica: 2019-04-20T22:28:11+02:00da angelaurgese20
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