XV DOMENICA TEMPO ORDINARIO ANNO A

XV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO A
Dal Vangelo secondo Matteo. (Mt 13,1-23)
Il seminatore
Chi ha orecchi, ascolti.

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Matteo. (Mt 13,1-23)

Quel giorno Gesù uscì di casa e sedette in riva al mare. Si radunò attorno a lui tanta folla che egli salì su una barca e si mise a sedere, mentre tutta la folla stava sulla spiaggia.
Egli parlò loro di molte cose con parabole. E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c’era molta terra; germogliò subito, perché il terreno non era profondo, ma quando spuntò il sole fu bruciata e, non avendo radici, seccò. Un’altra parte cadde sui rovi, e i rovi crebbero e la soffocarono. Un’altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno. Chi ha orecchi, ascolti».
Gli si avvicinarono allora i discepoli e gli dissero: «Perché a loro parli con parabole?». Egli rispose loro: «Perché a voi è dato conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato. Infatti a colui che ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a colui che non ha, sarà tolto anche quello che ha. Per questo a loro parlo con parabole: perché guardando non vedono, udendo non ascoltano e non comprendono.
Così si compie per loro la profezia di Isaìa che dice:
“Udrete, sì, ma non comprenderete,
guarderete, sì, ma non vedrete.
Perché il cuore di questo popolo è diventato insensibile,
sono diventati duri di orecchi
e hanno chiuso gli occhi,
perché non vedano con gli occhi,
non ascoltino con gli orecchi
e non comprendano con il cuore
e non si convertano e io li guarisca!”.
Beati invece i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché ascoltano. In verità io vi dico: molti profeti e molti giusti hanno desiderato vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono!
Voi dunque ascoltate la parabola del seminatore. Ogni volta che uno ascolta la parola del Regno e non la comprende, viene il Maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada. Quello che è stato seminato sul terreno sassoso è colui che ascolta la Parola e l’accoglie subito con gioia, ma non ha in sé radici ed è incostante, sicché, appena giunge una tribolazione o una persecuzione a causa della Parola, egli subito viene meno. Quello seminato tra i rovi è colui che ascolta la Parola, ma la preoccupazione del mondo e la seduzione della ricchezza soffocano la Parola ed essa non dà frutto. Quello seminato sul terreno buono è colui che ascolta la Parola e la comprende; questi dà frutto e produce il cento, il sessanta, il trenta per uno». Parola del Signore.

Forma breve

TESO:-
Dal Vangelo secondo Matteo. (Mt 13,1-9):
Quel giorno Gesù uscì di casa e sedette in riva al mare. Si radunò attorno a lui tanta folla che egli salì su una barca e si mise a sedere, mentre tutta la folla stava sulla spiaggia.
Egli parlò loro di molte cose con parabole. E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c’era molta terra; germogliò subito, perché il terreno non era profondo, ma quando spuntò il sole fu bruciata e, non avendo radici, seccò. Un’altra parte cadde sui rovi, e i rovi crebbero e la soffocarono. Un’altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno. Chi ha orecchi, ascolti». Parola del Signore.

RIFLESSIONI

Il Vangelo ci racconta – se si eccettua l’ultima frase – la storia di una catastrofe. Tutto comincia nella speranza e, nonostante questo, non tarda ad essere ridotto ad un nulla: gli uccelli mangiano il seme; il terreno pietroso gli impedisce di mettere le radici; le piante spinose lo soffocano… tutto segue il suo corso disperante.
Tuttavia, in mezzo a questa catastrofe, Dio annuncia il suo “ma”: in mezzo al campo di concentramento di Auschwitz, padre Kolbe – morendo di denutrizione – loda ancora Dio onnipotente.
Nella parabola del seminatore si incontra il “ma” di Dio: ci sono poche speranze, ma vi è almeno una terra buona per portare cento frutti.
È con gli occhi di Gesù che bisogna leggerle questo genere di storie catastrofiche. E bisogna leggerle con Gesù fino in fondo.
La prima parte mostra che tutto è vano. Eppure la storia di questa sconfitta porta ad una conclusione inattesa. Dio, nella sua infinita misericordia, non lascia che il seminatore soccomba come un personaggio tragico.
Forse abbiamo qui, davanti a noi, una legge che vale per tutte le azioni di Dio nel mondo. Poiché la causa di Dio nel mondo è spesso povera e poco appariscente. Quando la si prende a cuore, si può soccombere alla tentazione della disperazione. Ma le storie di Dio hanno un lieto fine. Anche se all’inizio nulla lascia presagirlo.
Forse Gesù non racconta solo questa storia alle persone che sono sulle rive del lago. Forse la racconta a se stesso per consolarsi. Si chiede: cosa sarà di ciò che intraprendo? Si scontra con la cecità, il rifiuto, la pedanteria e la violenza. Non è ignaro delle sconfitte. “Ma” la sua parola porta i suoi frutti nel cuore degli uomini.

Sabato XIV settimana del Tempo Ordinario Anno A

Sabato della XIV settimana del Tempo Ordinario Anno A
San Bonaventura
Dal Vangelo secondo Matteo. (Mt 10,24-33)
E’ sufficiente per il discepolo
diventare come il suo maestro.

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Matteo. (Mt 10,24-33)

In quel tempo, disse Gesù ai suoi apostoli: «Un discepolo non è più grande del maestro, né un servo è più grande del suo signore; è sufficiente per il discepolo diventare come il suo maestro e per il servo come il suo signore. Se hanno chiamato Beelzebùl il padrone di casa, quanto più quelli della sua famiglia!
Non abbiate dunque paura di loro, poiché nulla vi è di nascosto che non sarà svelato né di segreto che non sarà conosciuto. Quello che io vi dico nelle tenebre voi ditelo nella luce, e quello che ascoltate all’orecchio voi annunciatelo dalle terrazze.
E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima; abbiate paura piuttosto di colui che ha il potere di far perire nella Geènna e l’anima e il corpo.
Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure nemmeno uno di essi cadrà a terra senza il volere del Padre vostro. Perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non abbiate dunque paura: voi valete più di molti passeri!
Perciò chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch’io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli». Parola del Signore.

RIFLESSIONI

Uno potrebbe essere tentato, per paura della persecuzione, di farsi discepolo nascosto di Gesù Signore. È discepolo, senza però che alcuno ne sappia niente. In questo modo la sua vita mai sarà esposta al martirio, alla derisione, allo scherno, a tutte quelle parole e azioni malvage da parte degli uomini. Chi cade in questa tentazione attesta al mondo intero di essere ricolmo nel cuore e nella mente di una indicibile stoltezza.
Il cristianesimo non è un teorema matematico che si può nascondere nella mente e nel cuore. Esso è un vero sistema di vita concreta, reale, pratica, che abbraccia non solo la nostra mente, la nostra anima, il nostro spirito. Essa investe tutto il nostro corpo, la nostra terrena esistenza, tutta la nostra visibilità, le nostre scelte, le nostre quotidiane abitudini, ogni parola che esce dalla nostra bocca, ogni operazione delle nostre mani. Poiché l’uomo è visibilità ed essendo il Vangelo un sistema di vita, mai si potrà essere discepoli nascosti di Gesù Signore. Si può essere discepoli nascosti solo se non si è discepoli affatto. Se si è discepoli necessariamente lo si è anche nella visibilità.
Questa tentazione oggi si sta scatenando con una furia mai conosciuta prima. Si vuole che ogni discepolo di Gesù viva la sua fede in Cristo solo quando è nella sua casa, nel privato delle sue mura domestiche. Anche scegliere di recarsi in Chiesa la domenica reca molto fastidio, perché obbliga a dichiarare non percorribili certe vie oggi ritenute indispensabili al moderno progresso e all’attuale società. Si parla dell’apertura dei negozi che obbliga a rinnegare la Domenica come vero giorno del Signore. La fede deve essere esclusa dalle scuole, dagli uffici, dalla politica, dalla scienza, dalla tecnica, dallo sport, dal tempo libero, dai giorni feriali e anche festivi. Si vuole un cristiano senza alcun segno visibile che riveli la sua appartenenza a Gesù Signore.
La Parola di Gesù, che il discepolo di Gesù segue, non riguarda la sua anima. Riguarda invece tutto il suo corpo. È il suo corpo che parla cristiano. Finché il corpo non parlerà cristiano, nessuno potrà dirsi, professarsi discepolo del Signore. Ma cosa significa per il nostro corpo parlare cristiano? Significa che ogni azione che esce dal nostro corpo, sia come parole sia come opere, sia come decisione e sia come consiglio, sia come impegno politico e sia come impegno di qualsiasi altra natura, devono respirare di Vangelo di nostro Signore Gesù Cristo. Dinanzi ad un invito a portare il mio corpo nella falsità, nella menzogna, nell’approvazione dell’iniquità e di ogni altra nefandezza, io debbo conservare il mio corpo nella verità di Gesù Signore.
Se devo conservare il mio corpo nella verità di Gesù Signore, mai potrò vivere segretamente il mio essere suo discepolo. Sarebbe oltremodo impossibile dichiarare non conforme alla mia natura il portare il corpo nella falsità e poi rimanere nascosto come discepolo del Signore. L’uomo è persona inscindibile, inseparabile. Anima e corpo sono una cosa sola. Per questo motivo è solamente inconcepibile quanto la moderna società propone al cristiano: vivere la sua fede nel segreto della coscienza.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci visibili discepoli di Gesù.

Venerdì XIV settimana del Tempo Ordinario Anno A

Venerdì della XIV settimana del Tempo Ordinario Anno A
Dal Vangelo secondo Matteo. (Mt 10,16-23)
Chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato.

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Matteo. (Mt 10,16-23)

In quel tempo, disse Gesù ai suoi apostoli: «Ecco: io vi mando come pecore in mezzo a lupi; siate dunque prudenti come i serpenti e semplici come le colombe.
Guardatevi dagli uomini, perché vi consegneranno ai tribunali e vi flagelleranno nelle loro sinagoghe; e sarete condotti davanti a governatori e re per causa mia, per dare testimonianza a loro e ai pagani. Ma, quando vi consegneranno, non preoccupatevi di come o di che cosa direte, perché vi sarà dato in quell’ora ciò che dovrete dire: infatti non siete voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi.
Il fratello farà morire il fratello e il padre il figlio, e i figli si alzeranno ad accusare i genitori e li uccideranno. Sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato.
Quando sarete perseguitati in una città, fuggite in un’altra; in verità io vi dico: non avrete finito di percorrere le città d’Israele, prima che venga il Figlio dell’uomo». Parola del Signore.

RIFLESSIONI

“Guardatevi dagli uomini, perché vi consegneranno ai loro tribunali, vi flagelleranno nelle loro sinagoghe… E quando vi consegneranno nelle loro mani, non preoccupatevi.
Non è certo facile quello che Gesù chiede ai suoi discepoli, mentre predice persecuzioni di ogni specie, anzi sul piano puramente umano è addirittura impossibile. Ma questo è l’atteggiamento positivo dell’amore, fondato sulla fede. Non siamo forse suoi? Ed egli ha detto che nessuno potrà mai strapparci dalla sua mano. “Se Dio è per noi scriverà Paolo chi sarà contro di noi?”.
La preoccupazione è atteggiamento naturale, che ci angustia; che, se ci lasciamo andare ad essa, ci mette sulla via dell’egoismo; che, oltre a tutto, è inutile e sterile. E’ saggezza cristiana non preoccuparci in anticipo delle cose che temiamo. Forse non accadranno mai e, se accadranno, avremo allora il dono che il Signore ci farà della sua forza per viverle come egli vuole.
La vera fiducia respinge decisamente tutte le preoccupazioni personali circa la propria sorte.
Chiediamo al Signore che ci aiuti ad essere fedeli oggi, che aumenti la nostra fede e la nostra speranza, così che ci abbandoniamo lietamente alla sua volontà, nella certezza che egli ci aiuterà sempre molto di più e molto meglio di quanto noi possiamo immaginare.

Giovedì XIV settimana del Tempo Ordinario Anno A

Giovedì della XIV settimana del Tempo Ordinario Anno A
Dal Vangelo secondo Matteo. (Mt 10,7-15)
Strada facendo, predicate il Vangelo,
dicendo che il regno dei cieli è vicino.

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Matteo. (Mt 10,7-15)

In quel tempo, disse Gesù ai suoi apostoli: «Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino. Guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demòni.
Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date. Non procuratevi oro né argento né denaro nelle vostre cinture, né sacca da viaggio, né due tuniche, né sandali, né bastone, perché chi lavora ha diritto al suo nutrimento.
In qualunque città o villaggio entriate, domandate chi là sia degno e rimanetevi finché non sarete partiti.
Entrando nella casa, rivolgetele il saluto. Se quella casa ne è degna, la vostra pace scenda su di essa; ma se non ne è degna, la vostra pace ritorni a voi. Se qualcuno poi non vi accoglie e non dà ascolto alle vostre parole, uscite da quella casa o da quella città e scuotete la polvere dei vostri piedi. In verità io vi dico: nel giorno del giudizio la terra di Sòdoma e Gomorra sarà trattata meno duramente di quella città». Parola del Signore.

RIFLESSIONI

La vostra pace scenda su di essa.
Accoglienza dell’inviato di Gesù e pace sono una cosa sola. L’accoglienza non riguarda però il suo corpo, bensì il suo spirito, la sua anima, la ricchezza divina e spirituale che lui porta con sé. “Chi accoglie voi, accoglie me. Chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato”. Le parole di Gesù sono di chiarezza divina, eterna. Non accoglie il missionario chi gli dona un tozzo di pane o un letto per riposare. Lo accoglie, chi accoglie la ricchezza di grazia, di verità, di Spirito Santo che lui nasconde nel suo cuore. Nel cuore del missionario vi deve abitare una sola ricchezza: Cristo Signore.
O i missionari sono i contenitori e i portatori del solo Cristo Signore, o non sono affatto suoi missionari. Chi porta se stesso e dona se stesso agli altri, mai potrà dirsi vero missionario del Vangelo, della grazia, della verità. Non può, perché non porta nel suo cuore l’Autore vivo di questi doni divini. Essendo lui distaccato dalla fonte della grazia e della verità, è anche separato dalla sorgente della pace. Lui può anche essere accolto per ragioni umane. Lui però non potrà mai assolvere al fine per cui è stato mandato. Mai potrà portare e lasciare la pace in quella casa. Non può, perché il suo cuore è spoglio, privo del Principe della pace che è Cristo Signore.
Una verità deve essere chiara al nostro cuore e alla nostra mente e con chiarezza deve essere anche annunziata. La pace non è per preghiera. Dio non dona la pace perché gliela chiediamo. Se Lui ce la desse per sola preghiera, non avremmo bisogno di Cristo Gesù. Dio la pace all’umanità l’ha data. È il suo Figlio Unigenito. Cristo Gesù la pace agli uomini l’ha donata. Sono i suoi missionari. Sono essi che devono farla scendere nella casa del mondo. Cosa potrà scendere attraverso di essi? Divenendo essi una cosa sola con Cristo Gesù, un solo mistero di grazia, verità, santità.
I missionari di Gesù sono questo mistero. Se si separano da esso, non sono più datori del mistero e quindi neanche sono datori di pace. L’umanità rimane nella sua guerra eterna. Anche se l’umanità volesse la pace, non potrebbe ottenerla in alcun modo, perché il solo modo possibile è il missionario. È lui la via e il dono della pace. È lui la via e il dono di Cristo. Ma Cristo Gesù non è un pacco da portare con sé. Lui si dona in un solo modo: divenendo una cosa sola con il suo missionario. Se una casa è priva di pace, la responsabilità è tutta del missionario. Lui in questa casa è andato solo. Non ha portato con sé Gesù Signore. Ha dato se stesso, ma non Lui, il Principe della pace.
Ogni discepolo di Gesù è un missionario, un portatore e datore di Cristo, il Principe e il Dono di Dio della pace. È giusto allora che ci chiediamo? Porta Gesù nel suo cuore chi usa un fucile, un cannone, una mitragliatrice? Porta Gesù chi sgancia bombe atomiche o di qualsiasi altra natura? Porta Gesù chi dichiara guerra ai popoli e alle nazioni? Porta Gesù chi è nemico dei suoi fratelli? Porta Gesù chi vive solo per se stesso e fa della sua vita un tesoro da conservare nello scrigno della sua ricchezza, benessere, agi di questo mondo? Porta Gesù chi dice falsità, calunnie, inganna i fratelli, li tradisce, li accusa, li condanna? Porta Gesù chi è invidioso, geloso, superbo, arrogante, prepotente, insolente, avaro, senza alcuna pietà? Il mondo è senza pace perché senza veri discepoli di Gesù. È lui, solo lui, il portatore e il datore della vera pace.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci veri datori di Cristo Gesù.

Mercoledì XIV settimana del Tempo Ordinario Anno A

Mercoledì della XIV settimana del Tempo Ordinario Anno A
Dal Vangelo secondo Matteo. (Mt 10,1-7)
I nomi dei dodici apostoli.

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Matteo. (Mt 10,1-7)

In quel tempo, chiamati a sé i suoi dodici discepoli, Gesù diede loro potere sugli spiriti impuri per scacciarli e guarire ogni malattia e ogni infermità.
I nomi dei dodici apostoli sono: primo, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello; Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello; Filippo e Bartolomeo; Tommaso e Matteo il pubblicano; Giacomo, figlio di Alfeo, e Taddeo; Simone il Cananeo e Giuda l’Iscariota, colui che poi lo tradì.
Questi sono i Dodici che Gesù inviò, ordinando loro: «Non andate fra i pagani e non entrate nelle città dei Samaritani; rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa d’Israele. Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino». Parola del Signore.

RIFLESSIONI

“Chiamati a sé i dodici discepoli, Gesù diede loro il potere di scacciare gli spiriti immondi e di guarire ogni sorta di malattie e di infermità”. Non manda quindi i suoi Apostoli soltanto per predicare, ma anche per guarire. Soltanto dopo il Vangelo dice: “Strada facendo, predicate che il regno dei cieli è vicino”. Anche Gesù faceva la stessa cosa, cioè non si limitava a predicare, ma guariva. Così il Vangelo è completo, nel senso che non è una legge, non è soltanto un insieme di precetti dati da Dio per la nostra salvezza, è realmente un dono di Dio che ci salva. La predicazione del Vangelo deve dimostrare che esso è realmente un regalo di Dio e non prima di tutto una esigenza. Per questo Gesù dà agli Apostoli il potere di guarire, come segno della presenza fra noi di Dio che salva.
I cristiani noi devono agire anche ora così. Non dobbiamo soltanto “predicare”, insegnare che questo si fa e quest’altro no; dobbiamo prima di tutto dare testimonianza della bontà di Dio verso l’uomo, anima e corpo. Dio ci ha creato anima e corpo e non disprezza il corpo. il Signore Gesù non ha disprezzato i corpi ammalati, anzi, si è chinato su di loro con predilezione. Poteva dire e l’ha detto, non agli ammalati ma a tutti che è necessario portare la propria croce, e questo è vero ed essenziale, però ai malati, a tutti coloro che avevano una sofferenza, un bisogno, si avvicinava non con un precetto, ma con la sua infinita bontà e la sua potenza di sanazione e di consolazione. Anche noi dobbiamo con le nostre azioni far vedere che Dio è buono, che è qualcuno che si dona, portando sempre e a tutti la sua pace e la sua gioia.

Martedì XIV settimana del Tempo Ordinario Anno A

Martedì della XIV settimana del Tempo Ordinario Anno A
San Benedetto
Dal Vangelo secondo Matteo. (Mt 19,27-29)
Cento volte tanto e la vita eterna.

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Matteo. (Mt 19,27-29)

In quel tempo, Pietro, disse a Gesù: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito; che cosa dunque ne avremo?».
E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: voi che mi avete seguito, quando il Figlio dell’uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, alla rigenerazione del mondo, siederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù d’Israele. Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna». Parola del Signore.

RIFLESSIONI

Noi potremmo facilmente tenere il Vangelo a distanza pensando: “Sono i discepoli ad essere coinvolti, o, tutt’al più, i santi come Benedetto, che Dio ha chiamato a realizzare una grande opera”. Ma il Vangelo non è solo un libro di storia. Non si accontenta di raccontare gli avvenimenti. Gli apostoli, i santi e i missionari rimandano a me. Guardate Pietro che ha accompagnato Gesù e gli altri discepoli che hanno abbandonato tutto; o guardate Benedetto che, giovane studente, rifiuta la vita brillante di Roma per ritirarsi nella solitudine! Tutti sono implicati nella storia. Noi saremmo semplici spettatori? Il Vangelo non ci riguarderebbe?
Eppure il Vangelo parla dell’avvento di un nuovo regno, del segreto inaudito che fa sì che Dio permetta che nasca un regno senza fine. Ciò significa dunque che Dio ha delle aspettative su di noi. È il dramma dell’amore. E la mia storia con Dio. La storia del regno dei cieli è già cominciata. Bisogna continuare a raccontare la storia come storia di Dio e del suo mondo. In questo Vangelo, è la sua storia che Gesù racconta quando dice: “Nella nuova creazione, quando il Figlio dell’uomo sarà seduto sul trono della sua gloria…” (Mt 19,28).
Per Gesù, ciò vuol dire amore fino alla croce.
Egli sa: “Mio padre mi manda nel mondo per amore e dice: Tu genererai un popolo nuovo. La tua missione è di diffondere l’amore nel mondo intero”. Dio vuole che il suo amore si riversi nel mondo. Si tratta del dramma dell’amore. Noi possiamo parteciparvi lasciando che Dio ci mostri il nostro posto. Poiché egli si indirizza a noi, personalmente. Quante volte abbiamo rifiutato questo invito: eppure la redenzione ha luogo qui e ora, oggi. Non è in teoria, ma nell’istante stesso che Gesù ama, agisce e parla. Ciò che importa è che io alzi gli occhi per vedere cosa accade. A cosa serve, se qualcuno mi perdona in teoria ma non nel suo cuore, né ora? La pratica di Gesù ci mostra una cosa: egli è andato incontro a tutti. Il suo invito valeva per tutti. Non debbo, dunque avere paura. Non sono tenuto a diventare prima un uomo a posto, posso venire quale sono. E, per una comunità, ciò significa semplicemente poter esistere anche con le proprie debolezze.

Lunedì XIV settimana del Tempo Ordinario Anno A

Lunedì della XIV settimana del Tempo Ordinario Anno A
Dal Vangelo secondo Matteo. (Mt 9,18-26)
Coraggio, figlia, la tua fede ti ha salvata.

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Matteo. (Mt 9,18-26)

In quel tempo, [mentre Gesù parlava,] giunse uno dei capi, gli si prostrò dinanzi e disse: «Mia figlia è morta proprio ora; ma vieni, imponi la tua mano su di lei ed ella vivrà». Gesù si alzò e lo seguì con i suoi discepoli.
Ed ecco, una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni, gli si avvicinò alle spalle e toccò il lembo del suo mantello. Diceva infatti tra sé: «Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò salvata». Gesù si voltò, la vide e disse: «Coraggio, figlia, la tua fede ti ha salvata». E da quell’istante la donna fu salvata.
Arrivato poi nella casa del capo e veduti i flautisti e la folla in agitazione, Gesù disse: «Andate via! La fanciulla infatti non è morta, ma dorme». E lo deridevano. Ma dopo che la folla fu cacciata via, egli entrò, le prese la mano e la fanciulla si alzò. E questa notizia si diffuse in tutta quella regione. Parola del Signore.

RIFLESSIONI

La lettura di oggi deve suscitare in noi il desiderio di una fede più grande. Gesù dice a questa donna: “La tua fede ti ha guarita”. La fede ha fatto sì che il contatto fisico con lui (“Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò guarita”) fosse un contatto ben diverso da quello ordinario: “In quell’istante la donna guarì”. La fede vede nella realtà nuove possibilità, invisibili nell’assenza di fede. Gesù stesso esprime ciò che vede la fede, quando dice: “La fanciulla non è morta, ma dorme”. Sembra morta, ma la fede vede che può rivivere. Per quelli che non hanno fede queste sono parole senza senso e, dice il Vangelo, “si misero a deriderlo”. Vedono la realtà concreta e dicono: “E evidente, è morta, ne siamo ben sicuri, non può certo vivere di nuovo”, perché non vedono la nuova possibilità che la fede mette in quella realtà.
Noi che crediamo in Gesù siamo chiamati a vedere queste nuove possibilità e a trasformare anche realtà di morte in realtà di vita.
Quante volte noi vediamo soltanto difficoltà, fermandoci all’aspetto più immediato della realtà: qualche difficoltà, la malattia, le contrarietà, qualche dissenso sul lavoro o in famiglia, li vediamo solo come tanti ostacoli sul nostro cammino. Se abbiamo fede viva scopriamo che questi ostacoli, concreti, non sono la realtà totale. Noi vediamo l’apparenza ma nel profondo c’è l’amore del Signore, che ci offre la possibilità di un rapporto più vivo con lui, di una trasformazione della realtà quotidiana.
Chiediamo al Signore la grazia di avere gli occhi aperti e di aumentare la nostra fede, perché possiamo vedere le cose nella loro vera, profonda realtà.

XIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO A

XIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO A
Dal Vangelo secondo Matteo. (Mt 11,25-30)
Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra.

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Matteo. (Mt 11,25-30)

In quel tempo Gesù disse: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.
Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero». Parola del Signore.

RIFLESSIONI

Gesù prega. Si rivolge a suo Padre. La sua preghiera è un’azione di grazie. Egli loda suo Padre, non in quanto tale, ma per ciò che fa. Si meraviglia di vedere la spontaneità dei bambini e la gente senza cultura rispondere alla sua predicazione. Come, d’altra parte, si dispiace di vedere allontanarsi da sé coloro che avevano tutte le possibilità di riconoscerlo (Gv 9,40-41). Qui la gioia di Gesù esplode. Nessuno lo mette in discussione, nessuno lo fa passare al vaglio di una critica saccente. Vi sono anche coloro che lo accolgono semplicemente, che spontaneamente intuiscono che non si tratta di capire tutto, ma di accettare d’essere amati. È veramente necessario assomigliare a quei bambini che Gesù ama e accarezza (Mc 10,16), e che sono felici di essere amati, perché non sono discussi. È veramente necessario abbassare le armi davanti a lui, a rischio di passare di fianco al più bell’incontro che un uomo possa fare senza accorgersene. E per colui che lo accoglie in tal modo Gesù serba le rivelazioni più grandi, quelle che nessuno può conoscere (Mt 11,27) e che trattano del mistero di Dio stesso. C’è di più. Coloro che pregano ne fanno l’esperienza. Dio parla loro quando essi si confidano a lui. Essi comprendono quando non sono sulle difensive. Essi amano veramente quando accettano di essere amati, poiché Dio ci ama sempre per primo (1Gv 4,10) ma noi ci difendiamo, non vogliamo essere sensibili, e facciamo fatica a lasciarci andare. Noi ci complichiamo la vita spirituale. Cerchiamo il difficile dove le cose sono semplici. Il giogo del Signore è leggero, poiché egli lo porta per noi.

Sabato XIII settimana del Tempo Ordinario Anno A

Sabato della XIII settimana del Tempo Ordinario Anno A
Dal Vangelo secondo Matteo. (Mt 9,14-17)
vino nuovo in otri nuovi.

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Matteo. (Mt 9,14-17)

In quel tempo, si avvicinarono a Gesù i discepoli di Giovanni e gli dissero: «Perché noi e i farisei digiuniamo molte volte, mentre i tuoi discepoli non digiunano?».
E Gesù disse loro: «Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto finché lo sposo è con loro? Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto, e allora digiuneranno. Nessuno mette un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio, perché il rattoppo porta via qualcosa dal vestito e lo strappo diventa peggiore. Né si versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti si spaccano gli otri e il vino si spande e gli otri vanno perduti. Ma si versa vino nuovo in otri nuovi, e così l’uno e gli altri si conservano». Parola del Signore.

RIFLESSIONI

I discepoli di Giovanni narra il brano evangelico si scandalizzano perché i discepoli di Gesù non digiunano; dobbiamo abbandonare il nostro modo di pensare e capire che il dono di Dio è una cosa veramente nuova, gratuita, sconcertante. E una lezione che Gesù ha ripetuto parecchie volte. Non ci sono diritti umani, non ci sono regole per la grazia divina. Dio è libero, è generoso, e noi dobbiamo accettare questa generosità stupenda e sconcertante, che si diverte, per così dire, a fare ciò che nessuno si aspetta. Veramente “ha rovesciato i potenti dai troni e ha innalzato gli umili, ha ricolmato di beni gli affamati e ha rimandato i ricchi a mani vuote”: chi pensava di aver diritto alla grazia divina non l’ha ricevuta, mentre essa si è riversata su chi non accampava diritto alcuno. Dobbiamo proprio abbandonare le nostre categorie mentali di meriti, di diritti, per aprirci in semplicità e umiltà alla novità della grazia. E un lavoro sempre da ricominciare, perché sempre ricadiamo nella piccola logica della nostra mente: siamo fedeli, quindi meritiamo la grazia, Dio deve darci qualche cosa. Dio invece non si lascia imprigionare nella logica umana. Gli operai dell’ultima ora, nella parabola narrata da Gesù, sono pagati per primi e ricevono quanto gli altri, che hanno sopportato la fatica e il caldo di tutta la giornata. E uno scandalo. Ma il padrone della vigna non si scompone: “Forse non posso fare del mio quello che voglio?”. Abituiamoci a questo modo di agire di Dio e siamo contenti della fantasia divina, che dà molto a quelli che non lo meritano, ai peccatori, che preferisce i piccoli. I grandi devono umiliarsi: allora anche loro riceveranno molto, non per i loro meriti, ma perché si sono messi al livello dei piccoli. E una lezione importante, che viene sottolineata anche da san Paolo quando scrive che Dio è libero nei suoi doni: ha scelto ciò che non è, cioè gli umili, i poveri, i deboli e a loro ha dato la sua forza, la sua grazia, il suo amore.
La nostra anima deve essere libera, gioiosa, quasi danzare nella libertà, e non rinchiudersi nella grettezza dei calcoli umani. Così testimoniamo la gioia dei figli di Dio, per l’inedita generosità del Padre celeste.

Venerdì XIII settimana del Tempo Ordinario Anno A

Venerdì della XIII settimana del Tempo Ordinario Anno A
Dal Vangelo secondo Matteo. (Mt 9,9-13)
Io non sono venuto infatti a chiamare i giusti, ma i peccatori.

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Matteo. (Mt 9,9-13)

In quel tempo, Gesù, vide un uomo, chiamato Matteo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì.
Mentre sedeva a tavola nella casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e se ne stavano a tavola con Gesù e con i suoi discepoli. Vedendo ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: «Come mai il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?».
Udito questo, disse: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Andate a imparare che cosa vuol dire: “Misericordia io voglio e non sacrifici”. Io non sono venuto infatti a chiamare i giusti, ma i peccatori». Parola del Signore.

RIFLESSIONI

Oggi in modo particolare risplende nel Vangelo l’amore di Gesù per i peccatori. Egli chiama a seguirlo un uomo che proviene dalla cerchia dei pubblicani, odiati e disprezzati come asserviti ai pagani dominatori. E già uno scandalo per i farisei, che considerano inderogabile, se si vuol essere “giusti”, la separazione dei peccatori. Ma lo scandalo giunge al colmo quando Gesù non lo allontana dai compagni della sua risma, anzi si mette a tavola a casa sua, in un banchetto che vede riuniti, con Gesù e i suoi discepoli, “molti pubblicani e peccatori”. “Perché domandano ai suoi discepoli il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?”. Ma la risposta di Gesù è decisa: “Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati… Non sono venuto a chiamare i giusti ma i peccatori”.
Bisogna mettersi tra i peccatori, per ottenere misericordia. Su questo punto ci può essere una deviazione nella devozione al sacro cuore, cioè la possibilità di una riparazione che diventa farisaica: “Noi santi, noi giusti ripariamo per i peccatori!”. No. Riparare vuol dire mettersi tra i peccatori, in mezzo a loro da peccatori quali siamo, e pregare per noi e per gli altri per ottenere perdono e salvezza, che è sempre un dono gratuito. Chi si fa forte della propria presunta giutizia, si chiude alla misericordia di Dio.