Mercoledì Della XXV Settimana del Tempo Ordinario Anno C

Come mai Gesù mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?
Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati.

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 9,9-13)
Mentre andava via, Gesù, vide un uomo, chiamato Matteo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì.
Mentre sedeva a tavola nella casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e se ne stavano a tavola con Gesù e con i suoi discepoli. Vedendo ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: «Come mai il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?».
Udito questo, disse: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Andate a imparare che cosa vuol dire: “Misericordia io voglio e non sacrifici”. Io non sono venuto infatti a chiamare i giusti, ma i peccatori». Parola del Signore.

RIFLESSIONI

Sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori.
Ogni azione che Gesù compie sconvolge la religione dell’uomo, fondata su pensieri della terra, dalla quale sono esclusi i pensieri di Dio. Per la religione dell’uomo ogni pubblico peccatore era uno scomunicato, un reietto, un abbandonato da Dio, un lebbroso spirituale, dal quale si doveva stare a distanza. Gesù invece non solo non se ne sta lontano, passa, vede Matteo seduto al banco delle imposte e lo chiama per fare un suo discepolo: “Seguimi!”. Il chiamato si alza, lascia tutto, lo segue, si mette a servizio di Gesù. Accoglie l’invito che vuole fare di lui un missionario di verità tra gli uomini. Non più un esattore di denaro, ma un datore del vero Dio.
Matteo accoglie Gesù nella sua casa. Il gesto di Gesù sconvolge molti altri pubblicani e peccatori. Essi vengono e si mettono a tavola con Gesù e con i suoi discepoli. Vengono non per rimanere pubblicani e peccatori, ma perché anche loro vogliono essere accolti da Gesù nel suo regno. La sua religione è ottima. Non esclude, accoglie. Non allontana, chiama. Non respinge, attrae. Questa religione dona speranza, non crea disperazione. Costituisce gli uomini fratelli, non li pone gli uni contro gli altri. In essa tutti ci si siede allo stesso tavolo. Non vi sono tavoli separati: quelli per i sani e quelli per i malati, quelli per i santi e gli altri per i peccatori.
Ognuno di noi diffonde e fa propaganda della sua religione. Come i farisei avevano la loro propria religione, gli scribi, i sadducei, i sommi sacerdoti, gli anziani del popolo, così anche Gesù diffonde la sua propria religione. Qual è la differenza che distingue quella di Gesù da tutte le altre che sono nel mondo? Quella di Gesù è la sola religione vera, perché in essa Dio si pone a servizio di ogni uomo per la sua salvezza e redenzione. Perché è la sola religione nella quale è chiesto all’uomo di mettersi al servizio dell’uomo per portargli la vera salvezza, la vera redenzione e giustificazione. Questo servizio va fatto offrendo al Padre la propria vita per il perdono dei peccati.
La vera religione di Gesù scandalizza i farisei. Loro vogliono la religione della distinzione, della differenza, della separazione tra giusti e peccatori. Il peccatore dovrà in eterno rimanere peccatore. Non vi è per lui grazia di salvezza. Gesù ribatte che Lui proprio per questo è venuto: per offrire al peccatore la grazia della salvezza. Così come il medico si reca dall’ammalato per offrirgli la medicina della guarigione. Un medico a servizio dei sani di certo non è medico. Chi è sano non ha bisogno di lui. Ha bisogno di lui chi è ammalato. Chi è per Gesù. Loro, i farisei, sono sani, non hanno bisogno di alcuna grazia. I peccatori invece hanno bisogno di tutta la grazia perché si possano convertire ed entrare nel regno della luce.
Gesù è venuto per offrire a tutti la grazia e la verità, non solamente la verità, non unicamente la grazia, ma la grazia e la verità insieme. Lui non fa sconto a nessuno sulla verità, sulla luce nella quale si deve camminare. Sa però che per camminare nella verità si ha bisogno della grazia. La prima grazia è il perdono dei peccati. Lui perdona i peccati non perché il peccatore rimanga tale, ma affinché passo dopo passo, momento dopo momento, si liberi da ogni peccato e cammini di luce in luce, di verità in verità. Questa religione è stupenda, perché non priva l’uomo della speranza del perdono, neanche però lo illude che possa rimanere peccatore. Lo inonda però di grazia perché possa camminare nella verità. Questa religione è divina. Essa non è fatta da un uomo.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci della religione di Gesù.

Martedì Della XXV Settimana del Tempo Ordinario Anno C

Mia madre e miei fratelli sono questi.
Coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica.

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca (Lc 8,19-21)

In quel tempo, andarono da Gesù la madre e i suoi fratelli, ma non potevano avvicinarlo a causa della folla.
Gli fecero sapere: «Tua madre e i tuoi fratelli stanno fuori e desiderano vederti».
Ma egli rispose loro: «Mia madre e miei fratelli sono questi: coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica». Parola del Signore.

RIFLESSIONI

E andarono da lui la madre e i suoi fratelli.
La libertà di Gesù è grande. La sua non è però libertà da tutto e da tutti per essere solo di se stesso. È invece libertà da tutto l’universo creato, animato e inanimato, per essere tutto e interamente dell’universo animato e inanimato, ma solo per compiere in esso la volontà del Padre suo. Gesù è come Dio all’inizio della creazione. Dio governa ogni cosa, è libero da ogni cosa, ma per dare vita buona ad ogni cosa. Così è Gesù. È libero da ogni cosa, ogni persona, fare dare vita buona ad ogni cosa, ad ogni persona. Questa sua libertà Lui l’ha manifestata a tutti coloro che vogliono seguirlo. Chi vuole seguirlo deve vivere questa sua stessa libertà.
Mentre camminavano per la strada, un tale gli disse: «Ti seguirò dovunque tu vada». E Gesù gli rispose: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo». A un altro disse: «Seguimi». E costui rispose: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre». Gli replicò: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va’ e annuncia il regno di Dio». Un altro disse: «Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia». Ma Gesù gli rispose: «Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro è adatto per il regno di Dio» (Lc 9,57-62).
Anche il discepolo di Gesù, se vuole dare vita buona, alle cose e alle persone, deve essere come Gesù: libero da tutti e da tutto. Prima di scegliere di seguire Gesù, tutti sono chiamati ad interrogarsi se sono capaci di costruire questa libertà per tutti i giorni della loro vita. Se non ne sono capaci, Gesù consiglia alla non sequela. La sequela esige questa libertà, perché essa deve produrre veri frutti di vita eterna. Gesù mai ha nascosta questa esigenza di libertà all’uomo. Sempre gliel’ha predicata.
Una folla numerosa andava con lui. Egli si voltò e disse loro: «Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo. Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine? Per evitare che, se getta le fondamenta e non è in grado di finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo: “Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro”. Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? Se no, mentre l’altro è ancora lontano, gli manda dei messaggeri per chiedere pace. Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo (Lc 14,25-33).
Anche dalla Madre sua e dai suoi parenti Gesù vive questa sublime libertà. Lui è solo e tutto da Dio. È della Madre e dei parenti, ma in Dio. È della creazione intera, ma in Dio e da Dio. È dell’uomo, di ogni uomo, ma sempre secondo la volontà di Dio. Il Vangelo ci rivela che già a dodici anni Gesù ricorda alla Madre questa sua esigenza di essere solo dal Padre. Nel Padre e dal Padre, per il Padre è di ogni altra cosa e persona.
Verso Gesù non deve esserci alcun desiderio umano. Deve esserci invece desiderio secondo Dio, avvolto di divina verità, secondo la volontà del Padre celeste. Anche la Madre deve lasciare libero Cristo Signore di essere solo e sempre del Padre. Lo esige il mistero della salvezza. Lo richiede la missione di redenzione che Lui è venuto a portare a compimento. Cosa è infatti la missione di salvezza se non il riportare ogni uomo nella più pura e santa volontà di Dio? Come fa un uomo ad essere operatore di salvezza e di redenzione se è dalla sua volontà, dalla sua parola, dal suo cuore, dai suoi desideri e sentimenti? A volte anche un solo minuto sottratto alla volontà di Dio può ostacolare, impedire, ritardare la salvezza di un cuore.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci liberi per il Regno di Dio.

Lunedì Della XXV Settimana del Tempo Ordinario Anno C

Nessuno accende una lampada e la copre con un vaso.
Non c’è nulla di segreto che non sia manifestato.

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 8,16-18)
Gesù disse alla folla: «Nessuno accende una lampada e la copre con un vaso o la mette sotto un letto, ma la pone su un candelabro, perché chi entra veda la luce. Non c’è nulla di segreto che non sia manifestato, nulla di nascosto che non sia conosciuto e venga in piena luce. Fate attenzione dunque a come ascoltate; perché a chi ha, sarà dato, ma a chi non ha, sarà tolto anche ciò che crede di avere». Parola del Signore.

RIFLESSIONI

Oggi leggo questa frase che senz’altro piace a quelle persone che sono rimaste vittime di persecuzioni o di false accuse: “Non c’è nulla di segreto che non sia manifestato”. Parole che dispiacciono a quanti non hanno la coscienza serena, sono invece di grandissimo conforto e motivo di gioia a coloro che desiderano la giustizia e chiedono nella preghiera che quanto è nascosto sia svelato e la verità conosciuta dalle persone coinvolte.
Moltissime persone per varie ragioni sperano e pregano perché ottengano giustizia al più presto. Anche per diatribe familiari o nell’ambiente lavorativo attendono nella sofferenza e chiedono la realizzazione della frase sopracitata, che si completa in questo modo
“Non c’è nulla di segreto che non sia manifestato. Nulla di nascosto che non sia conosciuto e venga in piena luce”.
Luce.
Parola semplice, parola meravigliosa
. Per ognuno di noi è una parola carica di ricordi… Il lampo nella notte fa paura, i primi raggi del sole all’alba ridanno coraggio e speranza. C’è forse uno spettacolo più bello, un momento più esaltante di quando si raggiunge la cima di una montagna mentre spunta il sole?
Come ogni avvenimento importante anche questo è preceduto da alcune prove. Dapprima la notte, una notte buia e fredda, a volte glaciale, resa ancora più penosa dai venti. Il momento tanto atteso tarda a giungere, bisogna aspettare, bisogna saper aspettare. Mentre le stelle sbiadiscono lentamente, l’orizzonte lontano si copre dolcemente di un alone chiaro, che si fa rosa col passare del tempo. Il momento atteso arriva, infine, quando una riga rossa sottile si staglia nel cielo e si ingrandisce a vista d’occhio verso l’est. Si leva il giorno.
La luce della fede, questa luce preziosa, si accende nelle nostre anime allo stesso modo, se sappiamo aspettarla, sollecitarla con la preghiera. E la grazia segue la luce, la luce diventa grazia. Dio è presente.
Con il battesimo noi abbiamo ricevuto questa piccola luce nel nostro cuore, nell’intimo della nostra anima. Ma può capitare che, col passare degli anni, la fiamma di questa piccola torcia diminuisca e tenda a spegnersi. Dobbiamo allora fare molta attenzione, vegliare e non accettare che si spenga definitivamente. Dobbiamo ravvivarla e conservarla sempre al centro della nostra vita in balia di dubbi e domande. Dobbiamo proteggerla e tenerla sempre accesa affinché possa illuminarci, guidarci nelle nostre scelte, nelle nostre decisioni o nelle nostre azioni, ed inondi tutta la nostra vita.
Dobbiamo proteggerla e tenerla sempre accesa affinché la nostra vita sia essa stessa una luce per tutti quelli che incontriamo e che, come noi, cercano Cristo, fonte di ogni vera luce grazie al suo Amore infinito.

XXV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO C

Fatevi degli amici con la ricchezza disonesta.
Perché, quando mancherà, essi vi accolgano nelle dimore eterne.

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 16,1-13)
Gesù diceva ai discepoli: «Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. Lo chiamò e gli disse: “Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare”.
L’amministratore disse tra sé: “Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall’amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua”.
Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: “Tu quanto devi al mio padrone?”. Quello rispose: “Cento barili d’olio”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta”. Poi disse a un altro: “Tu quanto devi?”. Rispose: “Cento misure di grano”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta”.
Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce.
Ebbene, io vi dico: fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne.
Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?
Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza». Parola del Signore.
Forma breve
Dal Vangelo secondo Luca (Lc 16, 10-13)
Gesù diceva ai discepoli: «Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?
Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza». Parola del Signore.

RIFLESSIONI

Vi è prima una parabola e poi una serie di ammonimenti che commentano un elemento della parabola stessa e cioè l’uso del denaro. La parabola, come è ovvio, non loda il fattore perché è disonesto, ma perché ha la chiarezza e la decisione di imboccare l’unica via di salvezza che gli si prospetta. Si sa che l’arte di cavarsela è molto applicata nelle ambigue imprese di questo mondo. Lo è molto meno nella grande impresa della salvezza eterna. Perciò Gesù ci rimprovera di essere più pronti a salvarci dai mali mondani che dal male eterno, lui che da parte sua ha fatto di tutto perché fossimo salvati, fino a salire in croce per noi. Non ci decidiamo a credere che, se non portiamo il nostro peccato davanti a Dio, siamo perduti. Cominciamo le nostre Messe confessando i peccati che abbiamo commessi, ma usciti di chiesa ricominciamo a parlare di quelli altrui.
Un “test” decisivo dell’autenticità della nostra decisione cristiana è proprio l’uso del denaro.
Non è disonesta la ricchezza in sé, né maledizione la ricchezza esteriore. Ma lo è la ricchezza come idolo, innamoramento e progetto, come deformazione interiore del cuore e della mente, che vogliono a tutti i costi essere produttori di potenza e quindi di potere economico.
Occorre decidersi a scegliere: o mammona o Dio; cioè: o essere il signore per signoreggiare o servire il Signore e godere della sua onnipotenza d’amore.
C’è un solo modo di liberarsi dalla schiavitù della ricchezza: farsi “amici” per mezzo di ciò che si ha, cioè con l’impegno della solidale condivisione.
Il padrone lodò quell’amministratore disonesto.
Gesù vuole discepoli pieni di Spirito Santo e di saggezza. Li vuole con quella sapienza “fluida”, “duttile”, capace di trasformare in grazia di salvezza e di redenzione anche la polvere del suolo. Non li vuole di sapienza rigida, ferrea, cementata, legalizzata, imprigionata in delle norme vecchie e antiquate. Questa sapienza non piace a Gesù. Non è quella dello Spirito Santo, non è il suo dono. È una sapienza umana, non divina.
In lei c’è uno spirito intelligente, santo, unico, molteplice, sottile, agile, penetrante, senza macchia, schietto, inoffensivo, amante del bene, pronto, libero, benefico, amico dell’uomo, stabile, sicuro, tranquillo, che può tutto e tutto controlla, che penetra attraverso tutti gli spiriti intelligenti, puri, anche i più sottili. La sapienza è più veloce di qualsiasi movimento, per la sua purezza si diffonde e penetra in ogni cosa. È effluvio della potenza di Dio, emanazione genuina della gloria dell’Onnipotente; per questo nulla di contaminato penetra in essa. È riflesso della luce perenne, uno specchio senza macchia dell’attività di Dio e immagine della sua bontà. Sebbene unica, può tutto; pur rimanendo in se stessa, tutto rinnova e attraverso i secoli, passando nelle anime sante, prepara amici di Dio e profeti. Dio infatti non ama se non chi vive con la sapienza. Ella in realtà è più radiosa del sole e supera ogni costellazione, paragonata alla luce risulta più luminosa; a questa, infatti, succede la notte, ma la malvagità non prevale sulla sapienza (Sap 7,22-30).
Il padrone non loda l’amministratore disonesto per la sua disonestà, ma per la scaltrezza con la quale aveva pensato al suo futuro. Usa i beni non suoi per procurarsi un avvenire sereno e senza intoppi, dal momento che a suo giudizio nessun’altra via è percorribile per lui. Anche Gesù vorrebbe lodare i suoi discepoli, i figli della luce, per la loro sapienza nel procurarsi il regno eterno, con i beni che non appartengono ad essi, perché ogni bene di questo mondo è del Signore ed è solamente dato loro in uso per potersi procurare la vita eterna. Invece Gesù vede che quasi tutti sciupano i beni di Dio donando ad essi un fine che di certo non è di vita eterna. I suoi discepoli mancano di vera sapienza. Eppure essi sono stati dotati, corazzati, armati di Spirito Santo e lo Spirito del Signore è sapienza, intelletto, consiglio, fortezza, scienza, pietà, timore del Signore. È lo Spirito che ha guidato Lui, il Messia, e gli ha fatto trasformare in vita eterna anche la polvere che si attaccava ai suoi sandali lungo il cammino.
Le Parole di Gesù sono chiare: o i suoi discepoli sapranno trasformare tutto in vita eterna, anche le suole dei loro sandali, oppure il cuore si affezionerà alle cose di questo mondo e per loro sarà la fine. Dalle cose del mondo saranno divorati e consumati, fino a divenire idolatri. O libertà piena o schiavitù piena.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci pienamente liberi.

Sabato Della XXIV Settimana del Tempo Ordinario Anno C

Il seminatore uscì a seminare il suo seme.
Parte cadde sul terreno buono e fruttò cento volte tanto.

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 8,4-15)
Poiché una grande folla si radunava e accorreva a lui gente da ogni città, Gesù disse con una parabola: «Il seminatore uscì a seminare il suo seme. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada e fu calpestata, e gli uccelli del cielo la mangiarono. Un’altra parte cadde sulla pietra e, appena germogliata, seccò per mancanza di umidità. Un’altra parte cadde in mezzo ai rovi e i rovi, cresciuti insieme con essa, la soffocarono. Un’altra parte cadde sul terreno buono, germogliò e fruttò cento volte tanto». Detto questo, esclamò: «Chi ha orecchi per ascoltare, ascolti!».
I suoi discepoli lo interrogavano sul significato della parabola. Ed egli disse: «A voi è dato conoscere i misteri del regno di Dio, ma agli altri solo con parabole, affinché
vedendo non vedano
e ascoltando non comprendano.
Il significato della parabola è questo: il seme è la parola di Dio. I semi caduti lungo la strada sono coloro che l’hanno ascoltata, ma poi viene il diavolo e porta via la Parola dal loro cuore, perché non avvenga che, credendo, siano salvati. Quelli sulla pietra sono coloro che, quando ascoltano, ricevono la Parola con gioia, ma non hanno radici; credono per un certo tempo, ma nel tempo della prova vengono meno. Quello caduto in mezzo ai rovi sono coloro che, dopo aver ascoltato, strada facendo si lasciano soffocare da preoccupazioni, ricchezze e piaceri della vita e non giungono a maturazione. Quello sul terreno buono sono coloro che, dopo aver ascoltato la Parola con cuore integro e buono, la custodiscono e producono frutto con perseveranza. Parola del Signore.

RIFLESSIONI

Essere una terra buona! Questa parabola del seme colpisce perché è esigente. Ma cerchiamo di non cadere in falsi problemi. Certo, noi dobbiamo chiederci in quale tipo di terra ci poniamo. Ma non è qui che troveremo il dinamismo necessario per divenire terra buona in cui la parola produrrà cento frutti da un solo seme. Piuttosto guardiamo, ammiriamo e contempliamo la volontà di Dio, che vuole seminare i nostri cuori. La semente è abbondante: “Il seminatore uscì a seminare la sua semente”. Il Figlio di Dio è uscito, è venuto in mezzo agli uomini per questo, per effondere la vita di Dio e per seminare in abbondanza. Sapersi oggetto della sollecitudine di Dio, che vede la nostra vita come un campo da fecondare. Il nostro Dio è un Dio esigente perché è un Dio generoso.
E la sua generosità arriva ancora più in là. Dio è il solo a poter preparare il campo del nostro cuore perché sia pronto ad accogliere la sua parola. Certo, dobbiamo essere vigili per evitare le trappole del tentatore, per eliminare le pietre e le spine, ma solo la nostra fiducia, il nostro rivolgerci fiduciosi a Dio dal quale deriva ogni bene, ce lo permetterà.
Dio vuole fecondare la nostra vita. Possa egli preparare anche il nostro cuore. Noi siamo poveri di fronte a lui e solo l’invocazione rivolta a lui dal profondo della nostra miseria può far sì che diveniamo “terra buona”.
La custodiscono e producono frutto con perseveranza.
Da Gesù, gli Apostoli sono stati mandati nel mondo, non per annunziare la Parola della salvezza, o il Vangelo della verità e della grazia, ma per fare suoi discepoli tutti i popoli, tutte le nazioni, tutte le lingue. All’universalità della Parola donata mai corrisponderà l’universalità della risposta e della fruttificazione della Parola. Tutti infatti ascoltano la Parola, tutti la ricevono, non tutti però possono metterla a frutto. Perché la Parola fruttifichi, occorre che vi sia il buon terreno, il buon cuore che l’accolga e con perseveranza la faccia fruttificare. Molti sono i terreni cattivi.
Si accoglie la Parola, si vive di Parola secondo la Parola, si vive nella Parola per la Parola, si è discepoli del Signore.
Dalla Parola di Gesù una verità deve animare ogni discepolo di Gesù. A Lui è chiesto di seminare con gioia, senza mai venire meno, senza arrendersi, senza stancarsi, la Parola in ogni cuore. La Parola va sempre seminata dalla Parola, cioè da un cuore che vive di Parola e per essa. Il seminatore con la sua vita deve certificare la verità del suo Vangelo. Come il Padre certifica con la storia la verità di ogni suo oracolo e profezia, come Cristo Gesù con le sue opere storiche attesta la verità di ogni Parola da Lui proferita, così anche il discepolo di Gesù deve rendere credibilità al Vangelo da lui annunziato con una testimonianza perfetta. Lui e la Parola non devono essere due cose, ma una cosa sola. Fatto questo, inizia la responsabilità di quanti ricevono la Parola. La loro risposta è obbligante e senza di essa, nessuno potrà divenire regno di Dio. È difficile agire secondo il Vangelo. Secondo il proprio cuore è più facile.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci seminatori della Parola.

Venerdì Della XXIV Settimana del Tempo Ordinario Anno C

Gesù annuncia la buona notizia.
C’erano con lui i Dodici e alcune donne.

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca (Lc 8,1-3)

Gesù se ne andava per città e villaggi, predicando e annunciando la buona notizia del regno di Dio.
C’erano con lui i Dodici e alcune donne che erano state guarite da spiriti cattivi e da infermità: Maria, chiamata Maddalena, dalla quale erano usciti sette demòni; Giovanna, moglie di Cuza, amministratore di Erode; Susanna e molte altre, che li servivano con i loro beni. Parola del Signore.

RIFLESSIONI

Gesù se ne andava per città e villaggi predicando e annunciando la buona notizia del Regno di Dio. C’erano con lui i Dodici e alcune donne che erano state guarite da spiriti cattivi e infermità”.
Com’è bella questa itineranza di Gesù! Non se ne sta dentro le mura protettive di una fissa dimora. Se ne va in cerca di quelli che è venuto a salvare. E, appunto, annuncia loro che la salvezza è il Regno di Dio: Lui stesso e il Vangelo che il Padre gli ha detto di far conoscere come vero progetto di vita e salvezza.
L’evangelista annota che erano con Lui i 12 apostoli e alcune donne. Non precisamente delle santarelline’ ma persone al femminile che Gesù aveva reso libere, nuove e fervide. Gli spiriti del male e le infermità (ogni genere di rifiuto e impedimento della vita) era stato vinto da Colui che ha proclamato e dimostrato di essere, per eccellenza, Vita e Risurrezione (cfr. Gv 3,16).
E’ un Gesù che, nella Fede, anch’io incontro. Oggi. Sulle strade di questa mia vita, di questa nostra storia.
Devo solo sollecitarLo a farmi attenta e consapevole della Sua Presenza, della sua volontà di guarirmi da desideri non buoni, da pensieri e sentimenti d’invidia, gelosia e da quell’acquiescenza che è distruttiva della vita: quella vera che è, invece, in modi svariati, dono di sé!
Signore Gesù, come le donne che ti seguivano sulle strade della Palestina, anch’io ti seguo, nel desiderio dei essere continuamente toccata e guarita in profondità dalla tua Parola. In tal modo potrò correre, libera e lieta, cercando di vivere il tuo Regno che già qui e ora si esprime negli insegnamenti del tuo Vangelo.
“Maestro nostro, una volta ancora, mettici in cuore e sulle labbra la tua preghiera: venga il tuo Regno, sia fatta sulla terra la tua volontà”.

Giovedì Della XXIV Settimana del Tempo Ordinario Anno C

«Donna, ecco tuo figlio!»
«Ecco tua madre!»

Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 19,25-27)
Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria madre di Clèopa e Maria di Màgdala.
Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: «Donna, ecco tuo figlio!». Poi disse al discepolo: «Ecco tua madre!». E da quell’ora il discepolo l’accolse con sé. Parola del Signore.

RIFLESSIONI

E da quell’ora il discepolo l’accolse con sé.
La missione della Vergine Maria finisce solo quando il Signore verrà per fare i cieli nuovi e la terra nuova. Come Lei ha generato Cristo per opera dello Spirito Santo, come lo ha offerto al mondo, come lo ha accompagnato fin sul monte Calvario per offrirlo al signore, così dovrà operare con ogni altro figlio che il Signore vorrà chiamare per farlo in Cristo sacramento del suo amore e della sua salvezza.
La Madre di Gesù dovrà generare per opera dello Spirito Santo ogni figlio di Dio in Cristo Gesù, lo dovrà seguire nella via della vita perché compia senza fallire il suo ministero di salvezza del mondo, lo dovrà portare fin sul Golgota per essere offerto come Cristo Gesù Signore al Padre, o con martirio cruento o per sacrificio incruento. Senza di Lei né nascita e né morte possono essere portate a compimento.
Come Gesù accolse la Madre che il Padre gli ha donato come discepola, ma anche accompagnatrice spirituale nel suo ministero messianico, così è necessario che ogni altro suo figlio l’accolga, la prenda con sé, la metta nel suo cuore, la custodisca come il dono più alto fattogli da Gesù Signore. Dalla Croce Gesù ha fatto due grandissimi doni: la Madre sua e lo Spirito Santo. La madre mentre era in vita, lo Spirito dopo la morte.
Il discepolo deve accogliere l’uno e l’altro dono, sono tutti e due vitali per lui. Se uno solo di questi doni viene a mancare è segno che neanche vi è l’altro. Quanti sostengono che a loro basti lo Spirito Santo e non hanno bisogno di altro, sono in grande errore. Costoro non hanno lo Spirito Santo. Esso non è nel loro cuore. Non guida la loro mente. Se la guidasse, avrebbero anche Maria sulle labbra e nel cuore.
La verità di Maria nella vita di un discepolo di Gesù fa la verità dello Spirito Santo, la verità dello Spirito Santo fa la verità della Madre di Gesù. La verità di Maria e dello Spirito del Signore fanno la verità della Chiesa. Spirito di Gesù, Madre di Gesù, Chiesa di Gesù devono essere una cosa sola per il discepolo di Gesù. Chi non ha la Chiesa di Gesù, quella fondata su Pietro, non ha lo Spirito di Gesù, non ha la Madre di Gesù.
Molti figli della Chiesa hanno come una specie di sudditanza psicologica, un timore reverenziale dinanzi ad altre confessioni cristiane non cattoliche. Si sente la stessa sudditanza psicologia nel difendere Cristo dinanzi alle altre religioni. Come dinanzi alle altre religioni si sta svendendo Cristo Gesù da parte di molti cattolici, così dinanzi alle confessioni cristiane non cattoliche spesso si svende la Madre di Gesù.
Si può anche svendere Cristo e svendere la Madre sua. Quelle confessioni e quelle religioni cammineranno sempre per le loro vie. Maria è necessaria al discepolo di Gesù quanto Gesù. Porre Maria in secondo ordine è sminuire lo stesso Gesù Signore. Così come svendere Gesù dinanzi alle religioni non cristiane è sminuire lo stesso Dio. È depauperarlo nella sua essenza, verità, divinità, eternità, amore, pietà, misericordia.
Chi svende la Vergine Maria, svende Cristo Signore, svende il Padre dei Cieli e lo Spirito Santo, svende la verità della Chiesa, svende il suo stesso discepolo del Signore. Chi svende Maria è un cristiano senza Madre. Se è senza Madre è anche senza Padre. È anche senza Spirito Santo e senza la verità della Chiesa. È un cristiano senza origini. Maria è all’origine del vero figlio di Dio.
Quando nel mistero della fede si nega una parte essenziale di essa, tutto il mistero crolla, vacilla. Una fortezza non si sfonda da tutti i lati. Basta vincerne uno solo ed è la fine. Chi toglie Maria dal mistero della fede, semplicemente è morto alla fede.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci tutto il mistero della fede.

Mercoledì Della XXIV Settimana del Tempo Ordinario Anno C

Dio, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo.
Ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui.

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 3,13-17)
Gesù disse a Nicodèmo:
«Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo. E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.
Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna.
Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui». Parola del Signore.

RRIIFLESSIONI

“Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo ma perché il mondo sia salvato per mezzo di Lui” Gv. 3.17
Come vivere questa Parola?
Riprendere il cammino della PAROLA DI DIO con quest’affermazione fortissima del Vangelo di Giovanni è come ossigenarsi l’anima, il cuore e la vita.
Molta gente ha buttato ai rovi la propria identità cristiana perché non ha preso mai contatto vero e profondo con quanto vien detto qui.
In fondo ciò che domina l’uomo ancora oggi è la paura. Che si annidi nella sua parte inconscia o che lo assedi dopo errori commessi, non sempre lo si sa appurare. La paura è distruttiva, proprio perché è come nerofumo di confusione da cui però emerge un guaio serio: la falsa immagine di Dio.
Dopo aver ascoltato tante persone so che molte pensano a un “dio” castigamatti, pronto a scagliare fulmini sul peccatore. Non è così! Dio vuole che tu, che io e ognuno di noi sia salvo. La prova? Ascoltiamo ancora Giovanni: “Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio Unigenito perché chiunque crede in Lui non vada perduto ma abbia la vita eterna” (Gv. 3.16).
Si, il Padre ci ha dato Gesù, Suo Figlio: non su un letto di rose ma su quell’obbrobrio che era il supplizio della Croce. Gesù così aveva preso su di sé tutto il marciume del peccato, tutto il male del mondo.
E fu questo il modo concreto per dire a ognuno: ti voglio così bene che muoio per te. Ti voglio salvo, ti libero dalla paura.

Martedì Della XXIV Settimana del Tempo Ordinario Anno C

Ragazzo, dico a te, àlzati!
Ed egli lo restituì a sua madre.

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca (Lc 7,11-17)

In quel tempo, Gesù si recò in una città chiamata Nain, e con lui camminavano i suoi discepoli e una grande folla.
Quando fu vicino alla porta della città, ecco, veniva portato alla tomba un morto, unico figlio di una madre rimasta vedova; e molta gente della città era con lei.
Vedendola, il Signore fu preso da grande compassione per lei e le disse: «Non piangere!». Si avvicinò e toccò la bara, mentre i portatori si fermarono. Poi disse: «Ragazzo, dico a te, àlzati!». Il morto si mise seduto e cominciò a parlare. Ed egli lo restituì a sua madre.
Tutti furono presi da timore e glorificavano Dio, dicendo: «Un grande profeta è sorto tra noi», e: «Dio ha visitato il suo popolo». Questa fama di lui si diffuse per tutta quanta la Giudea e in tutta la regione circostante. Parola del Signore.

RIFLESSIONI

Toccàti nelle nostre bare
La vedova di Nain.
Simbolo di ciascuno di noi nel perdere le realtà più care nella propria vita.
Emblema della mancanza e della privazione delle realtà viventi e modello delle realtà ridateci da Gesù come risorte.
Gesù tocca le nostre bare, dentro le quali conserviamo le realtà più intime e nascoste, ma nelle quali c’è solo la morte.
La morte che provoca il pianto della madre del fanciullo è la morte anche delle nostre realtà che si perdono, che muoiono e finiscono nelle bare dei ricordi, delle abitudini, delle indifferenze, della fede non praticata, dei nostri egoismi finiti in nulla.
Gesù tocca le nostre bare, suscita quella vita che pareva definitivamente persa, fa riprendere vita alle nostre realtà di morte, che ci erano tanto care al punto di morire.
La vedova di Nain accompagna al sepolcro il figlioletto.
Anche per noi l’accompagnare all’esito sepolcrale le nostre realtà di vita è occasione di pianto e di solo dolore.
Ma il tocco di Gesù riporta la vita dello Spirito che può rianimare, far risorgere, far riprendere il cammino anche a chi era dichiarato finito.

PER NOI LA GRAZIA DI ESSERE TOCCATI NELLE NOSTRE BARE.

Lunedì Della XXIV Settimana del Tempo Ordinario Anno C

Io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto.
Io vi dico che neanche in Israele ho trovato una fede così grande!

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca (Lc 7,1-10)

Gesù, quando ebbe terminato di rivolgere tutte le sue parole al popolo che stava in ascolto, entrò in Cafàrnao.
Il servo di un centurione era ammalato e stava per morire. Il centurione l’aveva molto caro. Perciò, avendo udito parlare di Gesù, gli mandò alcuni anziani dei Giudei a pregarlo di venire e di salvare il suo servo. Costoro, giunti da Gesù, lo supplicavano con insistenza: «Egli merita che tu gli conceda quello che chiede – dicevano -, perché ama il nostro popolo ed è stato lui a costruirci la sinagoga».
Gesù si incamminò con loro. Non era ormai molto distante dalla casa, quando il centurione mandò alcuni amici a dirgli: «Signore, non disturbarti! Io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto; per questo io stesso non mi sono ritenuto degno di venire da te; ma di’ una parola e il mio servo sarà guarito. Anch’io infatti sono nella condizione di subalterno e ho dei soldati sotto di me e dico a uno: “Va’!”, ed egli va; e a un altro: “Vieni!”, ed egli viene; e al mio servo: “Fa’ questo!”, ed egli lo fa».
All’udire questo, Gesù lo ammirò e, volgendosi alla folla che lo seguiva, disse: «Io vi dico che neanche in Israele ho trovato una fede così grande!». E gli inviati, quando tornarono a casa, trovarono il servo guarito. Parola del Signore.

RIFLESSIONI

Io non son degno che tu entri sotto il mio tetto
Pensiamo spesso di essere super uomini, parliamo con Dio permettendoci di brontolarlo perché ha lasciato che accadesse una guerra, un terremoto, un omicidio. Lo insultiamo quando non ci concede immediatamente tutto quello che chiediamo. Non ci rendiamo conto che piccoli esseri imperfetti e pieni di peccati siamo. Dovremmo ringraziare Dio per ogni cosa che ci dona e capire che con i nostri limiti non saremmo nemmeno degni di alzare gli occhi al cielo. “Non saremmo” se non fosse che il Signore misura con parametri ben diversi dai nostri. Per noi una persona degna di stare alla presenza di Dio è chi non fa peccati, chi compie il proprio dovere con rettitudine, chi prega tutti i giorni e va sempre in chiesa, anche se poi se ne vanta e fa pesare la sua grande rettitudine morale. Ma Gesù ci ripete spesso nel Vangelo che ama coloro che sono umili, che capiscono i propri difetti e chiedono perdono, chi ha il coraggio di chinarsi davanti a Lui e dire “sia fatta la Tua volontà” credendo fermamente che basti una Parola di Dio, un Suo cenno, per cambiare ogni situazione, per ottenere ciò che chiediamo, specie quando preghiamo per gli altri, per coloro che soffrono.