Venerdì della XX settimana del Tempo Ordinario Anno C

Un dottore della Legge interrogò Gesù per metterlo alla prova.
Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 22,34-40)
In quel tempo, i farisei, avendo udito che Gesù aveva chiuso la bocca ai sadducèi, si riunirono insieme e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: «Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?».
Gli rispose: «”Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”. Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti». Parola del Signore.

RIFLESSIONI

In questa società confusa ognuno ha i suoi comandamenti, le sue leggi scaturite spesso da conoscenze apprese nei luoghi più imprevedibili. Sono i precetti che la persona cristallizza in sé e che considera come l’unico modo per vivere bene. Illudendosi.
La gravità delle norme di vita che una persona si costruisce, porta al fallimento inevitabile, perché non c’è Dio nella vita dissoluta e dedita esclusivamente ai piaceri del mondo. La convinzione dei senza Dio è quella di considerare questa come l’unica vita e si persuadono che bisogna viverla secondo le proprie convinzioni.
Nessuno di questi è mai stato felice veramente, la vera felicità è principalmente interiore e si espande in tutto ciò che vive la persona.
Perché Dio vuole che viviamo nella vera felicità in questa vita, e questa comprende anche ogni normale aspetto della vita sociale, come i viaggi, la frequenza di luoghi pubblici e di divertimento sano, insomma tutto ciò che lecitamente una persona normale vuole compiere.

Questo è il grande e primo comandamento

I farisei vogliono la morte di Gesù. Hanno però bisogno di un pretesto legale per poterlo accusare e toglierlo di mezzo. Per questo cercano di farlo cadere in qualche parola pronunciata dalla sua bocca. È sufficiente una sola frase considerata da loro blasfema per una immediata sentenza di lapidazione. Gesù però conosce la malizia del loro cuore. Sa quali sono le loro vere intenzioni e risponde sempre con somma sapienza e intelligenza nello Spirito Santo. Dalla sua bocca esce sempre una parola purissima di verità e nessun cuore, neanche il più malvagio, la potrà mai dichiarare bestemmia. Solo dinanzi al sinedrio, sotto giuramento, Gesù è obbligato a dichiarare la sua eterna e divina verità, la sua vera identità di Figlio dell’uomo. È accusato di bestemmia e consegnato a Pilato, il solo a quei tempi con potere di vita e di morte.
I farisei studiano come far cadere Gesù. Gli pongono una domanda complessa, difficile, a loro giudizio, inestricabile. Le scuole del tempo erano divise sull’argomento. La risposta di Gesù senz’altro avrebbe messo fuori gioco qualche grande maestro che di certo sarebbe insorto contro di Lui. Gesù invece con semplicità divina riporta tutto alla Parola del Padre suo. Vi è la rivelazione. Ad essa ci si deve rivolgere quando si vuole dare ad ogni questione una risposta sicura. La rivelazione è manifestazione della divina volontà e contro di essa non vi possono mai essere pensieri differenti.Questa metodologia di Gesù va osservata sempre. Anche oggi si parla di comandamenti più importanti, meno importanti. Si discute su norme morali assolute, meno assolute, insignificanti, non utili, da modificare, trasformare, rinnovare. Si fa un grande chiasso anche attorno a delle verità centrali della nostra fede quali la misericordia di Dio, la sua giustizia, il futuro eterno dell’uomo, ma anche il modo più idoneo per essere oggi Chiesa vera del Dio vivente.
Sarebbe sufficiente servirci del metodo di Cristo Gesù per dare soluzione vera ad ogni nostra domanda. Invece sempre si parte dal cuore dell’uomo, dai suoi desideri, dal suo peccato.
Il cuore dell’uomo non è principio di verità, di moralità, di rette regole da osservare. Nel cuore dell’uomo regna il peccato e le sue norme sono sempre la giustificazione del malessere che lo rode e corrode dentro. Urge invece partire sempre dal cuore di Dio. È Dio la sorgente della verità, della moralità, della giustizia, delle sane regole per la celebrazione bene ordinata e santa del nostro culto. Il cuore del Padre è tutto nel cuore di Cristo. Il cuore di Cristo è posto interamente nella sua Parola. Si prende la Parola in mano, la si legge. Si invoca lo Spirito Santo perché ce ne offra la verità tutta intera. Si dona soluzione giusta a tutte le problematiche che ci affliggono.
Il desiderio dell’uomo è utile per un solo fine: interrogare con sapienza e intelligenza di Spirito Santo la divina Parola di Gesù Signore. È il Vangelo che deve offrirci ogni soluzione. Il Vangelo però va letto non con il cuore di peccato, bensì con il cuore ricolmo di Spirito Santo, pieno di saggezza e intelligenza divina, luce eterna e purissima verità. Se ignoriamo questa verità, possiamo dare anche delle soluzioni per noi ritenute santissime, ma poiché esse non vengono ratificate da Dio, non saranno mai soluzioni di vita, bensì apertura di ogni porta verso la morte. Gesù invece, divinamente saggio e illuminato, legge secondo verità la Parola del Padre e in essa trova ogni risposta a tutte le domande che farisei, scribi, sadducei gli pongono per farlo cadere e così avere di che accusarlo per una immediata e pronta condanna.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci la metodologia di Gesù.

Giovedì della XX settimana del Tempo Ordinario Anno C

Dite agli invitati: Ecco, ho preparato il mio pranzo.
Ma quelli non se ne curarono.

Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 22,1-14)
In quel tempo, Gesù, riprese a parlare con parabole ai capi dei sacerdoti e ai farisei e disse: «Il Regno dei Cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: “Dite agli invitati: Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”. Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali. Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l’abito nuziale. Gli disse: “Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?”. Quello ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: “Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”. Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti». Parola del Signore

RIFLESSIONI

Tutti siamo chiamati al banchetto nuziale, ognuno di noi in peculiari circostanze, ma la chiamata a vivere il Vangelo riguarda proprio tutti.
Oggi Gesù ci parla di un re che preparò un banchetto per celebrare le nozze di suo figlio, e inviò i suoi servi a chiamare gli invitati.
Dal racconto leggiamo che molte volte alla generosità di Dio corrispondiamo con freddezza e indifferenza. Inviò i suoi servi a chiamare gli invitati ma questi non risposero all’invito. Quante volte Dio chiama alla conversione con ispirazioni e con avvenimenti che fanno riflettere, ma si rimane insensibili, aggrappati all’unica certezza che è l’orgoglio?
Molti oggi intravedono il passaggio di Gesù nella loro vita, attraverso la sofferenza o di prove che tutti incontriamo prima o poi, ma non fermano il Signore e non Lo invitano a casa loro, nelle loro anime. E Gesù passa oltre…
Nel Vangelo vediamo che gli invitati al banchetto nuziale rifiutano di lasciare i loro impegni per onorare il re, come quelli che non riconoscono la regalità di Cristo e non Lo adorano, non Lo seguono. Però Dio continua ad invitare anche i non credenti, fino a quando ribadiscono il definitivo rifiuto.
“Quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero”.
Gesù ha raccontato questa parabola con grande dolore, considerando quante scuse avrebbe ricevuto lungo i secoli I cibi preparati con tanta cura rimangono sulla mensa e la sala resta vuota, perché Gesù non costringe nessuno.
Dio è però un Padre paziente e rinnova fino a un certo limite l’invito a prendere parte alla festa nuziale di suo Figlio, invia nuovamente i suoi servi a convocare gli invitati: “Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”.
Gli invitati, però, non prestarono la minima attenzione all’invito che equivaleva la salvezza eterna e al miglioramento della loro condizione in questa vita: se ne andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari.
Così vivono quelli che hanno dimenticato Dio e si illudono di rimanere in questa valle di lacrime per millenni.
Non riescono a riflettere minimamente che tutto passa, solo Dio rimane eternamente e vuole renderci felici qui e beati in Cielo.
Gli altri invitati non si limitarono a respingere l’invito: si rivoltarono contro il re. Risposero con la violenza e sappiamo che questa profezia riguardava Gesù. Oggi nella Chiesa ci sono anche quelli che reagiscono alla Parola di Dio con atteggiamenti di rifiuto, come se si trattasse di una parola umana e cercano di stravolgerla.

Mercoledì della XX settimana del Tempo Ordinario Anno C

 Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro?Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te.

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 20,1-16)

Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola:
«Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, e disse loro: “Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò”. Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno, e verso le tre, e fece altrettanto. Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: “Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?”. Gli risposero: “Perché nessuno ci ha presi a giornata”. Ed egli disse loro: “Andate anche voi nella vigna”.
Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: “Chiama i lavoratori e da’ loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi”. Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch’essi ricevettero ciascuno un denaro. Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone dicendo: “Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo”.
Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”.
Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi». Parola del Signore.

RIFLESSIONI

Quante volte abbiamo sentito dai bambini porci questo interrogativo: “se io faccio la cosa che mi hai chiesto, tu che cosa mi dai?”
È un po’ la stessa domanda che troviamo nei versetti precedenti il brano odierno. Pietro si rivolge a Gesù e gli dice: “e noi? Noi che abbiamo lasciato tutto per seguirti, che cosa avremo in cambio?”.
È come se Pietro cercasse una ricompensa.
Gesù con la sua risposta, vuole far capire a Pietro e i suoi compagni che, per il fatto di “stare con Lui” hanno già ricevuto il centuplo. Essi infatti fanno già parte di quel “mondo nuovo”, di quella “rigenerazione” di tutte le cose, che con Gesù è già in atto ed avrà il suo compimento nella sua passione morte e resurrezione.
Pietro e i suoi compagni seguendo Gesù, partecipano già ora a questa “nuova creazione”, ma ciò non li pone su un piedistallo.
Gesù non vuole che si sentano privilegiati rispetto agli altri.
Egli spiega, a scanso di equivoci, che nel suo regno, le gerarchie vengono facilmente rovesciate e così gli ultimi finiscono per essere primi e i primi gli ultimi.
Per aiutare ulteriormente la loro comprensione, narra la parabola che oggi la liturgia della Parola ci presenta, quella degli operai della vigna.
Operai che vengono reclutati dall’alba fino a un ora prima del tramonto.
La giornata di lavoro infatti era di 12 ore, iniziava alle 6.00 e terminava intorno alle 18.00 e il salario di un denaro di argento era considerato il giusto compenso.
Il Signore della vigna però appare subito uno che va contro i suoi interessi. Infatti, durante tutta la giornata, continua ad andare nella piazza del paese a reclutare persone.
Porta operai persino verso le 17.00, appena un’ora prima del tramonto del sole che segna la fine della giornata di lavoro.
Quando a sera retribuisce gli operai, comincia a pagare per primi gli ultimi. Questi si ritengono davvero fortunati perché avendo lavorato poco ricevono il salario di un intera giornata.
Ma i primi che si vedono lo stesso compenso tra le mani, mormorano e la loro indignazione non è tanto per aver ricevuto un solo denaro, ma perché il padrone della vigna, pagando anche gli operai dell’ultima ora con la stessa somma li “rende uguali a loro”.
Noi siamo i primi, noi abbiamo faticato di più!
È come se affermassero: “noi abbiamo diritto più di loro”.
Il Padrone, ricorda agli operai che hanno ricevuto quanto avevano pattuito, ma nello stesso tempo con il suo gesto vuole affermare la libertà di fare dei suoi beni, e del suo denaro ciò che vuole.
D’altra parte questo “Padrone della Vigna” si mostra come “Altro”, diverso anche dagli altri padroni, non solo dagli operai.
“I miei pensieri non sono i vostri pensieri e le mie vie non sono le vostre vie” leggiamo nella prima lettura del profeta Isaia. Il vero volto del padrone è quello di Dio che cerca, e cerca senza tregua, lavoratori per il suo regno.
Far parte degli “operai della sua vigna” è chiamata, è dono, è privilegio, è grazia che nessuno di noi merita.
Entrare in questa luce di grazia significa per noi abbandonare il male e i pensieri cattivi che creano divisione, separazione perché pongono alcuni su piedistalli ed altri nella polvere.
Il Signore ci invita a “cercarlo” perché la contemplazione di lui ci mostri anche la grandezza del suo amore che elargisce con generosità e gratuità a noi e a tutti proprio tutti, anche a quelli che ai nostri occhi reputiamo “ultimi”.

Martedì Della XX Settimana del Tempo Ordinario Anno C

Gesù disse ai suoi discepoli: «In verità io vi dico:
Difficilmente un ricco entrerà nel regno dei cieli.
Ve lo ripeto: E’ più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio.

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 19,23-30)
Gesù disse ai suoi discepoli: «In verità io vi dico: difficilmente un ricco entrerà nel regno dei cieli. Ve lo ripeto: è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio».

A queste parole i discepoli rimasero molto stupiti e dicevano: «Allora, chi può essere salvato?». Gesù li guardò e disse: «Questo è impossibile agli uomini, ma a Dio tutto è possibile».
Allora Pietro gli rispose: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito; che cosa dunque ne avremo?». E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: voi che mi avete seguito, quando il Figlio dell’uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, alla rigenerazione del mondo, siederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù d’Israele. Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna. Molti dei primi saranno ultimi e molti degli ultimi saranno primi». Parola del Signore.

RIFLESSIONI

Allora, chi può essere salvato?
Con i soli Comandamenti è difficile attraversare il deserto della storia
. Le tentazioni sono infinite. Satana mai si stanca di chiedere la nostra anima, il nostro spirito, la nostra mente. Mai si arrende nella volontà di trascinarci fuori strada. Lui vuole la nostra morte spirituale da trasformare in morte eterna. Gesù vede questa pesante difficoltà dell’uomo e lo dice con parole inequivocabili: “Difficilmente un ricco entrerà nel regno dei cieli”. Non perché è ricco, ma perché diviene servo della sua ricchezza.
La ricchezza è un mezzo. Quando si trasforma in fine, nel fine della propria vita, si compie la più grande disumanizzazione della persona. Essa si svilisce. Da signore su tutto il creato diviene servo delle cose, schiavo di esse, lavora per esse, per esse si consuma. Alla fine dalle cose viene dilaniato, divorato, privato di ogni dignità, perché viene privato di Dio, il suo sommo ed univo vero, eterno bene. Per questo motivo “è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio”. È difficile entrare nel regno di Dio quando si è schiavi della ricchezza. Essa è un padrone esigente. Per servirla bisogna vendersi Dio, la propria coscienza, i propri fratelli. Quando si è schiavi di essa, l’uomo perde la sua umanità.
Il regno di Dio dona all’uomo la sua vera umanità. Gli dona una umanità ancora più mirabile di quella ricevuta dal primo uomo e dalla prima donna. Gli dona una umanità resa tutta partecipe della natura divina. La nuova umanità è elevazione alla figliolanza adottiva di Dio. In questa elevazione Dio ci rende partecipi della sua divina ed eterna carità. Fa di noi un dono, il suo dono, per la redenzione del mondo. Ci offre allo stesso modo che ha offerto Cristo Gesù. Nella nuova umanità si diventa vittime di amore, carità, salvezza, giustificazione dei nostri fratelli. Perché questo avvenga è necessaria la libertà da tutte le cose di questo mondo. Possiamo essere dono se siamo liberi. Se ci siamo consegnati alle cose, le cose e non Dio sono il nostro padrone.
Nulla è impossibile a Dio e alla sua grazia, perché nulla è impossibile all’uomo che si mette in ginocchio e chiede in una preghiera accorata al Signore che pieghi il suo cuore per l’accoglienza di tutta la divina volontà. D’altronde l’esempio lo ha offerto a noi lo stesso Gesù Signore. Lui, ricco, ricchissimo della sua vita umana, dinanzi al mistero della sua passione e morte, avrebbe anche potuto rifiutare la perfezione altissima cui il Signore lo chiama alla condizione però di vendere il suo corpo, darlo ai poveri, cioè all’umanità intera, e poi seguire Lui fin sulla croce.
Gesù non ritenne un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio e con gli uomini, Nell’Orto degli Ulivi pregò sudando sangue. Riuscì a vendere il suo corpo, a darlo alla povera umanità per sempre dalla croce e dall’altare, seguì il Padre, ora risplende nella più alta perfezione nei Cieli con un corpo glorioso, spirituale, immortale, incorruttibile. Il rischio per ogni uomo è quello di volersi appropriare della ricchezza del suo corpo e farne un uso solo egoistico. Se invece gli dona la dimensione del dono, della carità, dell’amore, della santità, dell’elargizione, entrerà in quella perfezione terrena e celeste che lo renderà perfetto strumento di salvezza e di redenzione per il mondo.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci perfetti per il nostro Dio.

Lunedì Della XX Settimana del Tempo Ordinario Anno C

L’anima mia magnifica il Signore
e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore.
Perché ha guardato l’umiltà della sua serva.

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca (Lu 1,39-56)

Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda.
Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo.
Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».
Allora Maria disse:
«L’anima mia magnifica il Signore
e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,
perché ha guardato l’umiltà della sua serva.
D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.
Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente
e Santo è il suo nome;
di generazione in generazione la sua misericordia
per quelli che lo temono.
Ha spiegato la potenza del suo braccio,
ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;
ha rovesciato i potenti dai troni,
ha innalzato gli umili;
ha ricolmato di beni gli affamati,
ha rimandato i ricchi a mani vuote.
Ha soccorso Israele, suo servo,
ricordandosi della sua misericordia,
come aveva detto ai nostri padri,
per Abramo e la sua discendenza, per sempre».
Maria rimase con lei circa tre mesi, poi tornò a casa sua. Parola del Signore.

RIFLESSIONI

Di saluto in saluto, di gioia in gioia. Maria, col suo saluto, accende la gioia di Elisabetta che percepisce il “tocco” del Bambino; a sua volta il saluto di Maria è partito da quello rivoltole dall’Angelo; una catena di gioia che si allunga a tutti. Maria parte in fretta a portare il saluto. La grazia, che è il “tocco” dell’amore di Dio, spinge a “toccare” gli altri. L’amore di Dio produce quello per il prossimo.
L’amore cambia le persone. Elisabetta si fa consapevole di partecipare al mistero, ma anche Maria, solo ora, prorompe nel Magnificat. I bambini, in grembo, modificano l’identità delle madri a motivo della relazione intima che si estende. Elisabetta per prima chiama Maria “Madre del Signore”; un nome bellissimo che sarà per sempre.
Dopo lo sguardo su Dio, Maria si volge alle generazioni, a tutti gli uomini di tutti i tempi che riconosceranno l’opera di Dio, la grandezza del suo dono. Anche Gesù allargherà la benedizione della Madre alle folle dei suoi discepoli.

XX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO C

Gesù disse ai suoi discepoli: 
«Sono venuto a portare fuoco sulla terra,
e quanto vorrei che fosse già acceso!

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 12,49-53)
Gesù disse ai suoi discepoli:
«Sono venuto a portare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso
! Ho un battesimo nel quale sarò battezzato, e come sono angosciato finché non sia compiuto!
Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione. D’ora innanzi, se in una famiglia vi sono cinque persone, saranno divisi tre contro due e due contro tre; si divideranno padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera». Parola del Signore.

RIFLESSIONI

Noi ci sentiamo legati a chi ci è caro e abbiamo grandi doveri nei confronti di chi ci è vicino, e ciò è importante. Ma nessuno è più vicino a noi di Dio, nessuno è più prezioso. In modo scioccante, spettacolare, Gesù ci dice che tutte le nostre relazioni, per quanto strette ed intime, devono essere purificate. Esse devono essere misurate in rapporto a Dio e ai suoi obiettivi.
È un’affermazione davvero severa. In noi tanto forte è l’attaccamento alla sicurezza data dall’amore “umano”, che possiamo facilmente rifiutare di dare tutto al Signore perché lo purifichi. Siamo davvero tentati di dire: “Signore, tu puoi prenderti tutto… tranne questo e quello”. Vi sono alcune cose, alcuni affetti che vogliamo vivere a nostro modo, non secondo il modo di Dio.
Una volta lasciato al Signore il governo delle nostre relazioni e dei nostri amori, allora riceviamo il fondamento della vera pace. La pace che dà il Signore non è quella che dà il mondo; è fatta di perdono, di giustizia, di amore e di amicizia. La pace non è soltanto assenza di conflitti, così come non è un compromesso immorale. La vera pace consiste nello stare con altri davanti a Dio, purificati e liberati dalla verità e dalla misericordia del giudizio divino.
Il vangelo di oggi ci presenta un Gesù deciso, che vuole che prendiamo una posizione chiara. In un’altra parte del vangelo Gesù dirà: “Chi non è con me è contro di me” (Mt 12,30). Bisogna schierarsi: pro o contro Gesù. Molte persone vorrebbero nella vita salvare sempre “capra e cavolo”: ma non si puo.
La vita ti chiama a scegliere e scegliere è prendere questo per lasciare quello. Uno dei nostri sogni, invece, è quello di poter prendere tutto e tutti: non è possibile. Bisogna schierarsi nella vita, bisogna prendere le parti e una direzione ben chiara: o di qua o di là. E’ l’uomo inconsistente, senza struttura, senza midollo, che cerca di salvare tutto. E non schierarsi è già uno schieramento e una posizione.La prima immagine è il fuoco: “Sono venuto a portare il fuoco sulla terra”.
Il fuoco ha un significato molto ampio: luce, calore, trasformazione, purificazione. Il fuoco è calore (l’amore è calore; fraternità, focolare; “essere al caldo” è essere protetti). Il fuoco è la candela: è il segno della luce dello spirito (il candeliere è la luce divina); l’uomo è la candela e Dio il candelabro dove le candele ardono. La fiaccola che arde è il mistero (pensate la fiaccola, il cero del tabernacolo che sta ad indicare: “Qui c’è il Mistero”). Il fumo del fuoco è l’elemento etereo, evanescente, sottile: è l’incenso, segno di qualcosa di imprendibile. Il fuoco è fulmine che distrugge, spacca, spezza, colpisce, disintegra. Il fuoco è cenere: il fuoco brucia, trasforma, fa passare, purifica; “essere passati per il fuoco” vuol dire aver superato una prova, un momento difficile, pericoloso; la cenere indica il lutto, la rinuncia, la spogliazione, il perdere qualcosa, il lasciare andare, il bruciarsi, il perdere.
Il fuoco è fiamma, energia di vita, desiderio di vita, voglia di vivere: quanto è meraviglioso stare di fronte ad un fuoco acceso di notte! E’ il fuoco che ciascuno sente dentro. Il fuoco fuori innesca il fuoco che hai dentro; la sua luce è la luce che devi portare dentro di te; il suo calore è l’amore che vive dentro di te; il suo bruciare è la forza per bruciare i tuoi mostri e i tuoi fantasmi.
Poi Gesù dice: “C’è un battesimo che devo ricevere e come sono angosciato finché non sia compiuto”. Gesù era già stato battezzato nell’acqua del Giordano (Lc 3,21-22) ma non è quello il vero battesimo. Il vero battesimo per lui e per tutti noi è il quello di fuoco.
Le persone dicono: “Sono un cristiano battezzato”. “E allora?”. Non vuol dire assolutamente niente questa frase. E’ come dire: “So fare una casa perché mi sono iscritto ad ingegneria”.
Gesù riceverà il battesimo di fronte ai suoi avversari, ai suoi nemici, quando dovrà esporsi, schierarsi; quando si troverà da solo e quando dovrà andare fino in fondo, anche se questo gli costerà caro, molto caro.
Il battesimo di fuoco è l’attimo in cui tu vivi, traduci in vita, in scelte, in voce, in atteggiamenti ciò che dici con le parole e ciò che vorresti o ti piacerebbe fare. Il battesimo di fuoco è quando la tua energia interna e interiore, la tua passione, va per la causa di Gesù. Solo allora saprai veramente chi è Lui.

Sabato della XIX settimana del Tempo Ordinario Anno C

Lasciate che i bambini vengano a me.
a chi è come loro, appartiene il regno dei cieli.

Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 19,13-15)
In quel tempo, furono portati a Gesù dei bambini perché imponesse loro le mani e pregasse; ma i discepoli li rimproverarono.
Gesù però disse: «Lasciateli, non impedite che i bambini vengano a me; a chi è come loro, infatti, appartiene il regno dei cieli». 
E, dopo avere imposto loro le mani, andò via di là. Parola del Signore.

RIFLESSIONI

L’amore di Gesù per i bambini ci deve far riflettere, soprattutto in un’epoca in cui, spesso, li si trascura o li si rifiuta in molti modi.
Si richiede una grande generosità soprattutto ai genitori, ma anche a tutti noi nel nome di Cristo, perché non si tema di avere bambini, di dedicare più tempo e di pensare di più alla loro educazione. Potrebbe essere questo un modo di compiere ciò che piacque tanto al nostro Signore, quando le madri gli portarono i loro bambini perché imponesse loro le mani. Ciò implica il fatto che i bambini possano ricevere il sacramento del battesimo molto presto e che vengano ben preparati perché approfittino presto nella loro vita della confessione e, soprattutto, della santa Eucaristia, mentre assimilano a poco a poco la dottrina cristiana che viene loro insegnata perché siano in grado di rispondere alla vocazione ricevuta da Dio.
Ciò non riguarda soltanto le madri, ma deve essere compreso, grazie all’aiuto di Cristo, da tutti i fedeli, sacerdoti e laici, così come non ci si deve curare solo dei bambini piccoli, ma del processo di formazione nel suo insieme: in ciò consiste il divenire simili ai bambini, cioè il divenire più simili a Cristo.
Non impediamo che i bambini vadano a Gesù! Non facciamo anche noi come gli zelanti apostoli che considerano il chiasso dei bambini un inopportuno disturbo per il grande rabbino mistico! Non impediamo ai bambini di accostarsi al Signore, proponendo loro delle liturgie incomprensibili e noiose, delle catechesi ammuffite e moralistiche, una visione di Chiesa seriosa e severa. Non confondiamo la serietà con il muso lungo e le severità! La Chiesa parla di cose grandi e importanti, perciò sono anche belle e gioiose! Purtroppo nelle nostre comunità mancano spazi per i bambini e per le coppie: quante volte i parroci (single) faticano a capire, ad esempio, le esigenze e le fatiche di una giovane coppia con un neonato imponendo inutili riunioni che aggiungono peso al carico quotidiano di una famiglia contemporanea! Gesù è stato chiaro: i bambini devono poter accedere al vangelo. Da bambini, però! Sforziamoci perché nelle nostre parrocchie ci sia almeno una celebrazione a misura di bambino, con liturgia della Parola e canti appropriati. Facciamo in modo che nelle nostre famiglie ci sia un momento di preghiera quotidiano pensato per loro.

Venerdì della XIX settimana del Tempo Ordinario Anno C

Per la durezza del vostro cuore.
Non tutti capiscono questa parola.

Dal Vangelo secondo Matteo (Mt,19,3-12)
In quel tempo, si avvicinarono a Gesù alcuni farisei per metterlo alla prova e gli chiesero: «È lecito a un uomo ripudiare la propria moglie per qualsiasi motivo?».
Egli rispose: «Non avete letto che il Creatore da principio li fece maschio e femmina e disse: “Per questo l’uomo lascerà il padre e la madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una sola carne”? Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto».
Gli domandarono: «Perché allora Mosè ha ordinato di darle l’atto di ripudio e di ripudiarla?».
Rispose loro: «Per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli; all’inizio però non fu così. Ma io vi dico: chiunque ripudia la propria moglie, se non in caso di unione illegittima, e ne sposa un’altra, commette adulterio».
Gli dissero i suoi discepoli: «Se questa è la situazione dell’uomo rispetto alla donna, non conviene sposarsi».
Egli rispose loro: «Non tutti capiscono questa parola, ma solo coloro ai quali è stato concesso. Infatti vi sono eunuchi che sono nati così dal grembo della madre, e ve ne sono altri che sono stati resi tali dagli uomini, e ve ne sono altri ancora che si sono resi tali per il regno dei cieli. Chi può capire, capisca». Parola del Signore.

RIFLESSIONI

PER LA DUREZZA DEL VOSTRO CUORE…”
Per la durezza del cuore non siamo più in grado di accogliere il dono di Dio.Per la durezza del cuore.Per questo il matrimonio diventa anche oggi un’arma letale dell’egoismo, invece di essere un dono dell’amore.Per questa durezza del cuore non si comprende più cosa significhi essere chiamati da Dio per vivere da “eunuchi” per il Regno.La durezza del cuore impedisce la vocazione all’amore e la restringe nell’ambito umano.Le manifestazioni, da dono, diventano sempre più diritto e dovere da valutare e soppesare a seconda della situazione esterna, che ha preso così il posto di Dio.Per la durezza del cuore, “solo alcuni possono comprendere” e accogliere questo dono.Ma proprio questo piccolo drappello di arditi sta a rappresentare la verità della “durezza del cuore” del mondo e sono il segno della grazia.

Giovedì Della XIX Settimana del Tempo Ordinario Anno C

Signore, quante volte dovrò perdonare mio fratello? Sette volte?
E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette.

Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 18,21-19,1) In quel tempo, Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?». E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette.

Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi. Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti. Poiché costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito. Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa”. Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito.
Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: “Restituisci quello che devi!”. Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò”. Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito.
Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: “Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?”. Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto.
Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello».
Terminati questi discorsi, Gesù lasciò la Galilea e andò nella regione della Giudea, al di là del Giordano. Parola del Signore.

RIFLESSIONI

Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette.

Il perdono è essenza, verità, vita di Cristo Gesù. Deve essere essenza, verità, vita di ogni suo discepolo. Quello di Gesù è un perdono speciale, particolare, unico. Anche quello del cristiano deve essere perdono speciale, particolare, unico. Gesù non solo ha perdonato tutti coloro che hanno offeso Lui personalmente, sia come vero Dio che vero uomo. Lui si è offerto vittima di espiazione per i peccati del mondo intero. Si è lasciato fare olocausto, sacrificio di redenzione, giustificazione, salvezza.
Gesù ha dato il suo corpo alla croce perché il Padre perdonasse l’uomo peccatore e lo accogliesse nella sua amicizia, facendone un figlio di adozione, rendendolo partecipe della sua stessa natura. Quanto ha fatto Cristo Gesù per il perdono dell’umanità, è chiesto anche al cristiano. Anche lui, in Cristo, con Cristo, per Cristo, deve farsi vittima di riconciliazione, espiazione, perdono per i peccati del mondo intero. Come Cristo Gesù si è riconciliato con i suoi carnefici, così il cristiano sempre deve offrire la sua pace a quanti gli fanno del male. Lui come Cristo Gesù deve essere un operatore di pace sempre. Lui deve conoscere solo l’amore. Mai l’odio, mai la contrapposizione.
Avete inteso che fu detto: Occhio per occhio e dente per dente. Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu pórgigli anche l’altra, e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due. Da’ a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle (Mt 5,38-42).
Gesù mette in guardia ogni suo discepolo. Se lui non perdona, neanche il Padre perdona. Se lui non è misericordioso, neanche il Padre sarà misericordioso. Se lui è spietato, il Padre gli farà pagare fino all’ultimo spicciolo. Chi vuole essere perdonato, deve perdonare settanta volte sette, cioè sempre per sempre. Questa è la Legge.
Se questa è la Legge di Dio, perché oggi nella Chiesa si insegna che Dio sempre perdona, sempre rimette i nostri debiti, sempre ci accoglie, non vi è più la pena eterna? Il Vangelo così non pensa. Dio così non insegna. Posso io ammazzare, scannare, divorare vivi i miei fratelli, posso trucidarli, sgozzarli e poi presentarmi dinanzi al Signore con il diritto già acquisito di entrare nel regno dei cieli? Questo la Scrittura non lo contempla. Chi lo afferma, sappia che dice cose false non solo contro Dio, ma anche contro l’uomo. Non ama l’uomo chi lo inganna. L’inganno è dei figli di Satana, mai dei discepoli di Gesù Signore. Il discepolo di Gesù ama l’uomo e sempre lo avverte della possibilità della sua dannazione eterna. Fratello, attento che rischi l’inferno.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci veri nella Parola di Gesù.

Mercoledì Della XIX Settimana del Tempo Ordinario Anno C

Se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo.
Se invece muore, produce molto frutto. 

Dal vangelo secondo Giovanni (Gv 12,20-33)
In quel tempo, tra quelli che erano saliti per il culto durante la festa c’erano anche alcuni Greci. Questi si avvicinarono a Filippo, che era di Betsàida di Galilea, e gli domandarono: «Signore, vogliamo vedere Gesù».
Filippo andò a dirlo ad Andrea, e poi Andrea e Filippo andarono a dirlo a Gesù. Gesù rispose loro: «È venuta l’ora che il Figlio dell’uomo sia glorificato. In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto.
Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna. Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore. Se uno serve me, il Padre lo onorerà. Adesso l’anima mia è turbata; che cosa dirò? Padre, salvami da quest’ora? Ma proprio per questo sono giunto a quest’ora! Padre, glorifica il tuo nome».
Venne allora una voce dal cielo: «L’ho glorificato e lo glorificherò ancora!».
La folla, che era presente e aveva udito, diceva che era stato un tuono. Altri dicevano: «Un angelo gli ha parlato». Disse Gesù: «Questa voce non è venuta per me, ma per voi. Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori. E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me». Diceva questo per indicare di quale morte doveva morire.

RIFLESSIONI

“Se il chicco di grano non cade in terra e non muore, rimane solo; se invece muore, porta molto frutto“. Non è il solo insegnamento che Gesù trae dalla vita dei contadini. Il Vangelo è pieno di parabole, immagini e spunti tratti dall’agricoltura che era a suo tempo (ed è ancora oggi per diversi popoli) la professione che occupa il maggior numero di persone. Egli parla del seminatore, del lavoro dei campi, della mietitura, di grano, vino, olio, del fico, della vigna, della vendemmia…

Ma Gesù non si fermava naturalmente al piano agricolo. L’immagine del chicco di grano gli serve per trasmetterci un sublime insegnamento che getta luce, prima di tutto, sulla sua vicenda personale e poi anche su quella dei suoi discepoli.

Il chicco di grano è, infatti, anzitutto Gesù stesso. Come un chicco di frumento, egli è caduto in terra nella sua passione e morte, è rispuntato e ha portato frutto con la sua risurrezione. Il “molto frutto” che egli ha portato è la Chiesa che è nata dalla sua morte, il suo corpo mistico.

Potenzialmente, il “frutto” è tutta l’umanità, non solo noi battezzati, perché egli è morto per tutti, tutti sono stati da lui redenti, anche chi ancora non lo sa. Il brano evangelico si conclude con queste significative parole di Gesù: “Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me”.

Ma la storia del piccolo chicco di grano aiuta anche, per un altro verso, a capire noi stessi e il senso della nostra esistenza. Dopo aver parlato del chicco di grano, Gesù aggiunge: “Chi ama la sua vita la perde e chi odia (un altro evangelista dice perde) la sua vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna” (cfr. Mt 16, 25). Cadere in terra e morire, non è dunque solo la via per portare frutto, ma anche per “salvare la propria vita”, cioè per continuare a vivere! Che succede al chicco di grano che rifiuta di cadere in terra? O viene qualche uccello e lo becca, o inaridisce e ammuffisce in un angolo umido, oppure viene ridotto in farina, mangiato e tutto finisce lì. In ogni caso, il chicco, come tale, non ha seguito. Se invece viene seminato, rispunterà e conoscerà una nuova vita, come in questa stagione vediamo che è avvenuto dei chicchi di grano seminati in autunno.

Sul piano umano e spirituale ciò significa che se l’uomo non passa attraverso la trasformazione che viene dalla fede e dal battesimo, se non accetta la croce, ma rimane attaccato al suo naturale modo di essere e al suo egoismo, tutto finirà con lui, la sua vita va ad esaurimento. Giovinezza, vecchiaia, morte. Se invece crede e accetta la croce in unione con Cristo, allora gli si apre davanti l’orizzonte dell’eternità.

Ci sono situazioni, già in questa vita, sulle quali la parabola del chicco di grano getta una luce rasserenante. Hai un progetto che ti sta sommamente a cuore; per esso hai lavorato, era diventato lo scopo principale nella vita, ed ecco che in breve lo vedi come caduto in terra e morto. Fallito, oppure tolto a te e affidato a un altro che ne raccoglie i frutti. Ricordati del chicco di grano e spera. I nostri migliori progetti e affetti (a volte lo stesso matrimonio degli sposi) devono passare per questa fase di apparente buio e di gelido inverno, per rinascere purificati e ricchi di frutti. Se resistono alla prova, sono come l’acciaio dopo che è stato immerso in acqua gelida e ne è uscito “temprato”. Come sempre, costatiamo che il Vangelo non è lontano, ma vicinissimo alla nostra vita. Anche quando ci parla con la storia di un piccolo chicco di grano.

Alla fine, questi chicchi di grano che cadono in terra e muoiono, saremo noi stessi, i nostri corpi affidati alla terra. Ma la parola di Gesù ci assicura che anche per noi ci sarà una nuova primavera. Risorgeremo da morte e questa volta per non morire più.